Domenica 24 Marzo 2013 - Libertà
Quanta gloria in quei manifesti
Nel Ridotto del teatro una mostra documenta allestimenti celebri
piacenza - «Con questa mostra Piacenza vuole rendere omaggio a Giuseppe Verdi nel bicentenario della sua nascita, ricordando la grande tradizione interpretativa che lega le sue opere al teatro della nostra città». Con queste parole l'assessore alla cultura Tiziana Albasi ha presentato la mostra Verdi al Municipale: le opere verdiane nei manifesti del Teatro, che è stata inaugurata l'altra sera nel Ridotto del Municipale e che resterà aperta, per tutta la stagione lirica, in ciascuna delle sere di spettacolo. Il titolo della mostra dice tutto: si tratta di una scelta di manifesti delle opere di Verdi rappresentate nel nostro venerando teatro. La selezione è stata amorosamente curata da Cristina Ferrari, direttore artistico della Fondazione Teatri, che confessa un solo rammarico («Purtroppo è andato perduto il manifesto che documenta l'unica esibizione piacentina di Luciano Pavarotti: un Rigoletto del 1961»).
Colpisce e persino commuove a vedere, sia pure limitatamente al repertorio verdiano, come il teatro della piccola Piacenza sia riuscito per tanto tempo a non farsi relegare ai margini della storia, e anzi a giocarsela tra i protagonisti. Nel 1942 troviamo un Falstaff con un cast da capogiro: Falstaff è il baritono Mariano Stabile, l'interprete-feticcio di Toscanini, Alice è il soprano Maria Caniglia, dirige Giuseppe Podestà, il coro è istruito da Roberto Benaglio, che di lì a poco sarà il grandissimo maestro del coro della Scala. Ritroviamo la Caniglia nel 1943, in una Aida che si permetteva anche il lusso di schierare come Amneris l'immenso mezzosoprano Ebe Stignani, con Gabriele Santini a dirigere il tutto; e, un anno prima, c'era stata una Traviata con Lina Pagliughi come Violetta.
La Traviata, l'opera più rappresentata al mondo e anche al Municipale (qualcosa come 130 recite), nel 1949 schierava a Piacenza un dream team: Violetta era Virginia Zeani, Alfredo era Giuseppe Campora e Germont era un venticinquenne Rolando Panerai. Il grande tenore di Piacenza Gianni Poggi, nel 1950, incendiava il "suo" pubblico nel Ballo in maschera. L'altro grande tenore piacentino, Flaviano Labò, il 5 marzo 1957 cantava Alvaro nella Forza del destino, uno dei suoi cavalli di battaglia assoluti. Che anni, quegli anni, se solo diciassette giorni dopo i piacentini potevano ascoltare Carlo Bergonzi, il Tenore Verdiano Perfetto, in un Trovatore diretto, tanto per non farsi mancare nulla, da Ermanno Wolf-Ferrari). Nel novembre 1965, altro Trovatore memorabile, con Labò, il grande baritono cremonese Aldo Protti, il mezzosoprano Lucia Danieli e la bacchetta del grande Franco Patanè. Nel 1969 un altro evento: Piero Campolonghi, il grande baritono piacentino tante vole partner di Maria Callas, si avventura ardimentosamente nella tessitura da tenore per fare nientemeno che l'Otello.
Ma in questi anni Duemila il "Verdi al Municipale" ha avuto ancora i suoi momenti di grandezza? Sì, li ha avuti. Il 13 febbraio 2001 c'è stata una memorabile Messa da Requiem in memoria di Flaviano Labò, protagonista un grandissimo direttore verdiano come Nello Santi (e, fra i quattro cantanti solisti, due piacentini di adozione: il tenore Maurizio Graziani e il mezzosoprano Daniela Ruzza). Il 10 settembre 2004 il baritono-star Ambrogio Maestri ha cantato il Nabucco alla presenza dell'allora presidente della Repubblica Ciampi. E il 25 gennaio 2008 il baritono Leo Nucci, il Rigoletto per antonomasia del nostro tempo, ha festeggiato a Piacenza la sua quattrocentesima recita nei panni (e nella gobba) del Buffone. E' tutto lì, sui manifesti, nero su bianco. Per l'eternità.
Alfredo Tenni