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Mercoledì 20 Febbraio 2013 - Libertà

Addio alla chiesa dei gesuiti

I laboratori teatrali lasceranno via San Bartolomeo

I laboratori di Teatro Gioco Vita che prossimamente troveranno casa nell'edificio accanto alla ex chiesa del Sacro Cuore erano collocati in precedenza in una pregevole architettura che, dal 1805, anno delle soppressioni religiose, era stata chiusa al culto e la cui fondazione risaliva a una congregazione dal nome simile a quello dell'ordine fondato da Sant'Ignazio di Loyola, ma dalla fisionomia completamente diversa.
Si trattava infatti non dei gesuiti, che dalla fine del XIX secolo officiavano la chiesa del Sacro Cuore, bensì dei gesuati, chiamati anche Poveri di Cristo, che si erano raccolti originariamente attorno al beato Giovanni Colombini, ricco mercante senese, convertitosi e diventato un grande predicatore, a favore degli ultimi della società, la cui congregazione aveva ottenuto l'approvazione da Papa Urbano V nel 1367.
L'arrivo dei frati a Piacenza avvenne circa un secolo dopo, nel periodo di massima fioritura dell'ordine, in data 27 febbraio 1477, secondo Antonio Domenico Rossi, o 26 febbraio 1476, secondo Cristoforo Poggiali, che cita come fonte il cronista Alberto da Ripalta, incaricato dal Comune di accogliere i religiosi insieme al poeta Antonio da Cornazzano, a Giancarlo Anguissola, Giovanni de' Vicedomini e Tommaso da Roncarolo. Ai frati veniva affidato il preesistente Ospedale di San Bartolomeo, concesso dall'Ospedale Grande.
Sempre il Rossi ricordava come l'anno successivo all'insediamento i religiosi iniziarono a costruire il convento, la cui prima pietra venne messa in opera il 3 marzo da Fabrizio Marliani. Il cantiere della "bella e ampia" chiesa venne invece promosso dal sacerdote Francesco Seccamelica, che non riuscì a vedere conclusi i lavori, portati comunque a termine dai gesuati.
Nel volume di storia piacentina scritto da Francesco Giarelli si legge che il progetto della chiesa venne avviato nel 1570, "sotto il vigoroso impulso del vescovo Burali". L'edificio attuale è però successivo, eretto nel 1696 dagli agostiniani scalzi, detti centurati, per la venerazione professato verso la Madonna detta della Cintura. Furono questi frati ad acquistare il convento e la chiesa di San Bartolomeo dall'abate conte Giambattista Anguissola, che ne era commendatario (ossia amministratore). Gli agostiniani - informa Giarelli - provvidero ad ampliare il chiostro e, "sull'antica e cadente chiesa ne eressero un'altra, l'attuale: la quale fu compiuta molti anni dopo", a spese d'agostiniano appartenente al ramo piacentino dei conti Capece o Cavazzi della Somaglia.
I gesuati erano stati nel frattempo soppressi nel 1668 con una bolla di Papa Clemente IX. Le motivazioni, come nell'analogo caso dei templari, restano controverse: decadimento morale dell'ordine o il desiderio della Repubblica veneta, indebitata dalle guerre contro i turchi, di impossessarsi delle ricchezze frutto di ingenti lasciti, nonché del commercio dell'acquavite e di altri distillati a base di erbe e fiori, richiestissimi a fini terapeutici?

An. Ans.

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