Venerdì 1 Marzo 2013 - Libertà
Un incontro con i protagonisti per raccontare la tragedia del Rwanda
Non fu un massacro scaturito dall'odio di un'etnia verso l'altra, ma una tragedia voluta dall'imperialismo occidentale per mantenere il potere in un paese africano. Ecco come Françoise Kankindi, rappresentante dell'associazione Bene-Rwanda, vede il tremendo genocidio dei Tutsi avvenuto in Rwanda nella primavera del 1994. Un dramma che lei stessa ha vissuto in prima persona e che ancora oggi la rende testimone di quello che è considerato uno dei più grandi crimini contro l'umanità. Ieri mattina la Kankindi lo è stato per gli studenti del Gioia e del Respighi che hanno partecipato in gran numero all'incontro "Rwanda - Analisi di un genocidio" che si è tenuto nell'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Coordinati dalla direttrice dell'Istituto Storico di Piacenza Carla Antonini, i diversi interventi che si sono succeduti in mattinata sono serviti ad approfondire le tematiche del terribile caso Rwanda. La professoressa Cristina Bonelli ha dato il via ai lavori dando la definizione corretta di genocidio, "ovvero un piano preciso con il quale si cerca di uccidere in toto o in parte una razza. Il caso paradigmatico ovviamente è quello degli ebrei durante la seconda Guerra Mondiale, gli altri due casi riconosciuti sono quello degli armeni da parte dei turchi nel 1916 ed infine il Rwanda". Lo sterminio avvenuto nel paese africano è stato dettagliatamente descritto dai ragazzi del Gioia, che hanno riassunto ai presenti i 9 pannelli della mostra in rassegna in questi giorni nell'atrio dell'istituto: dalla colonizzazione tedesca e poi belga che ha accentuato le differenze tra le due etnie Hutu e Tutsi negli anni '60 ai continui colpi di stato, fino al genocidio dei Tutsi del 1994. Ed è proprio sul fronte dell'odio razziale che si sono soffermate le riflessioni della Kankindi, accompagnata nel discorso da Daniele Scaglione, presidente di ActionAid, che lo ha definito "una cosa senza senso in un paese come il Rwanda in cui le persone non sanno nemmeno a quale etnia appartengono". L'ospite di Bene-Rwanda lo ha confermato: "Non solo noi, tutta l'Africa è così, in ogni paese la gente ha le stesse usanze, costumi e parla la stessa lingua, non ci sono differenze. Io stessa non so bene se sono Tutsi o Hutu. L'odio venne alimentato dai colonizzatori europei che volevano mantenere il potere nel paese ed i Tutsi erano la parte di popolazione più ricca a quel tempo. Ci hanno divisi e non gli è importato nulla dei singoli individui, causando la morte di circa un milione di persone".
Gabriele Faravelli