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Domenica 10 Febbraio 2013 - Libertà

Il ricordo della Shoah anche come vaccino contro la mediocrità

RIFLESSIONI DEI RAGAZZI DEL RESPIGHI

Ricordare può significare richiamare alla mente immagini, fatti, parole del passato e sentirsene passivamente pervasi, restando, cioè, in una dimensione puramente psicologica ed astratta. Oppure, l'atto del ricordo può consistere nell'essere testimoni, come disse Primo Levi, nel vincere una momentanea repulsione, affrontare il fatto orrendo, sviluppare una riflessione e farsi partecipi di una memoria collettiva, di una diffusione attiva di verità, di una testimonianza.
Il 27 gennaio il soggetto terrificante del nostro ricordo attivo sono, come recita la legge italiana, "la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte".
Quest'anno, per rispettare l'impegno assunto dalla nostra Repubblica, il Liceo Scientifico L. Respighi ha scelto di farsi testimone con la proiezione della pellicola, prodotta da Steven Spielberg, "Gli ultimi giorni", raccolta documentata di testimonianze di sopravvissuti. Il film-documentario apre una finestra sul percorso che portò cinque ebrei ungheresi ad essere internati nella struttura di Auschwitz-Birkenau, luogo di orrori indescrivibili. Al termine della proiezione dell'intensa pellicola, il dibattito, coordinato da professori del Dipartimento di Storia e Filosofia, ha permesso agli studenti di esprimere le loro osservazioni. Da sottolineare l'intervento di uno studente che ha manifestato la difficoltà a tradurre in riflessioni e parole una tragedia di così immani proporzioni, interrogandosi sui modi di affrontare la Shoah, tema ancora aperto. Infatti, se da un lato, una analisi distaccata e completa dell'argomento potrebbe condurre ad una presunzione di conoscenza molto pericolosa ("tout comprendre c'est tout pardonner"
affermò M. me de Stäel), l'interpretazione del fenomeno nazista come follia collettiva appare troppo comoda, troppo riduttiva e quasi giustificazionista.
La Provincia e il Comune di Piacenza hanno deciso di permettere ai giovani di incontrare chi ha visto con i propri occhi l'incubo, chi non solo è vissuto in esso, ma ci è anche cresciuto, trascorrendovi gli anni dell'infanzia. Il 27 gennaio all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, la città ha avuto l'occasione di incontrare Uri Orlev, scrittore sopravvissuto alla Shoah, dopo essere stato rinchiuso nel campo di Bergen-Belsen.
"Agenti segreti, delatori, ladri, assassini, malfattori. gli sorride il destino, ed è la più grande delle ingiustizie. Come saprò, come saprò quale cammino scegliere? Ah, un pensiero apre i miei occhi all'improvviso. Ora lo so, andrò là, dove la verità si svela dinanzi al mio viso: devo procedere verso il mondo della luce pura. "
Parole di speranza, quelle che si possono leggere nella poesia composta a soli tredici anni, parole che spingono a riflettere su un'altra faccia della Shoah: l'ingenuità di un bambino, congiunta alle buone letture e all'educazione, hanno aiutato il piccolo Uri a vivere nella luce in un luogo di buio, a essere una fiamma di bene che getti nell'ombra quello che dall'ombra dell'odio è stato generato.
Anche in questa occasione gli studenti sono stati protagonisti, ponendo interessanti quesiti ad Orlev, che, con disponibilità, ha cercato di trasmettere le proprie impressioni, di emozionare attraverso la verità, di dare la possibilità ai giovani convenuti di infiammarsi della stessa speranza, divenendo essi stessi testimoni attivi.
Sensibilità del Liceo Respighi al tema della Shoah che si è spesso tradotta in iniziative di questo genere: già, infatti, nel corso degli ultimi anni si è sviluppata una proficua collaborazione con ADEI-WIZO, l'Associazione delle donne ebree d'Italia.
Una delegazione di studenti si è recata a Venezia, per partecipare ad un incontro con Mitchell Kaplan, l'autore di "Per Mare e Per Terra", che narra delle vicende dei conversos, ebrei convertiti al cristianesimo nella Spagna del XV secolo. Il convegno ha offerto la possibilità agli studenti di conoscere una realtà diversa da quella della Shoah, una realtà di persecuzioni religiose che dimostrano come l'antisemitismo sia profondamente radicato in Europa e sia, tuttora, pronto a ripresentarsi in tutta la sua insensata crudeltà.
Tuttavia l'impressione di molti giovani - forse dimentichi delle recrudescenze di antisemitismo iraniano e, persino, italiano - è che molto si sia detto a riguardo dello sterminio ebraico e poco sui massacri di omosessuali, zingari, portatori di handicap e testimoni di Geova da parte dei nazisti. Se nessuno impedisce il ricordo di queste categorie di internati nei campi, soprattutto a giovani responsabili e attivi testimoni della Shoah, tuttavia bisogna sempre sottolineare il carattere unico dello sterminio sistematico di un intero popolo, a cui pochi tedeschi, certo, parteciparono con entusiasmo, pochi si opposero, ma di fronte a cui i più restarono indifferenti, cadendo nell'equivoco del concepire l'attacco alla popolazione ebraica come qualcosa di già accaduto, di già trattato, di destinato ad estinguersi con il tempo o con una "semplice " deportazione, come accadde nel 1492 in Spagna.
Insomma, l'errore di molti fu la sottovalutazione della portata dell'antisemitismo, fenomeno molto attraente per chi necessita di un capro espiatorio in momenti di crisi, e della memoria delle persecuzioni che da secoli si abbattevano sul popolo ebraico.
Altri studenti immaginano una Giornata della Memoria più ecumenica, che ricordi tutti gli eccidi, gli stermini, i massacri dell'età contemporanea, da quello armeno a quello perpetrato, nel 1995, da Mladic a Srebrenica, in Bosnia-Erzegovina.
Sarebbe, certamente, corretto riflettere con altrettanto impegno su questi crimini, senza mai, comunque tralasciare di nuovo la peculiarità della Shoah, che trova la propria quintessenza nella "banalità" del male causato dai nazisti, che uccidevano "scientificamente" e "burocraticamente". Prova ne è Adolf Eichmann, mediocre e grigio sterminatore di masse innocenti, colpevole di obbedire "solamente" agli ordini.
Quindi, il ricordo della Shoah deve ripresentarsi ogni anno ai giovani studenti, non solo come monito a non ripetere gli orrori del passato, ma come vaccino contro il germe della mediocrità, della ricerca di soluzioni istintive e crudeli quando tutto pare averci voltato le spalle, del razzismo e della caccia al diverso; germe che non sembra essere stato del tutto sconfitto e che, perciò, continua a mietere
vittime: dagli incendi dei campi rom ai cori razzisti degli ultrà.
Un germe che può rendere anche il ragazzo più innocuo e mediocre, opportunamente indottrinato, uno strumento del male.
A questa milizia crudele sempre in agguato deve opporsi un esercito pacifico armato di memoria, di buon senso e sano disgusto per la violenza, un esercito di giovani sempre disposti a celebrare il senso più autentico della Giornata della Memoria, contro l'oblio e l'indifferenza.

Luca Pisati Federica Marotta Gabriele Lanati Massimo Bongiorni (5B liceo Respighi)

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