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Sabato 8 Maggio 2004 - Libertà

Maazel, il gladiatore dei suoni

Municipale - Si è conclusa trionfalmente la Concertistica in un teatro esaurito, ovazioni alla fine. Mendelssohn gaio e Mahler a tinte forti per la "Toscanini"

La stagione concertistica del Teatro Municipale, curata dalla Fondazione Arturo Toscanini, ha chiuso i battenti, l'altra sera, tra un trionfo di ovazioni. Tutto esaurito e pubblico entusiasta per il ritorno di Lorin Maazel, che ha diretto la Filarmonica "Toscanini" conducendo l'orchestra attraverso la gaiezza sonora della Sinfonia numero 1 in la maggiore, cosiddetta "Italiana", di Felix Mendelssohn-Bartholdy e la complessità della Sinfonia numero 1 in re maggiore, più nota come "Titano", di Gustav Mahler.
Ed è stata l'espressività la chiave che ha dischiuso, da subito, l'ingresso dell'"Italiana" di Mendelssohn, una partitura che è stata ispirata dal viaggio in Italia del compositore, le cui suggestioni sono state immortalate sul pentagramma e, l'altra sera, riprese sotto la guida briosamente elegante del grande maestro.
Un primo tempo metaforicamente paragonabile ai colori di una tavolozza, tra violini che svaniscono nel ponte centrale e fiati che incalzano sul finale. Con l'Andante muta il tono ma non l'intensità degli archi, in cammino perpetuo sul moto dei contrabbassi, in alternanza col controcanto dei fiati. Il Moderato prende vita dal percorso dei corni, quasi una traccia di Caccia che poi torna agli echi di flauti e violini in un girotondo di abbellimenti e trilli. Infine, il Saltarello, dagli accenti intrisi di napoletanità folcloristiche ma anche di trasognanti leggerezze. Ma è nel secondo tempo che Maazel e la "Toscanini" hanno sperimentato l'impegnativa e contradditoria - ma consapevole - esperienza sinfonica del "primo" Mahler con la Sinfonia numero 1,"Titano".
Qui Maazel ha portato il suono ad esprimersi in atmosfere ora rarefatte ora altisonanti. Queste ultime consistevano, di quando in quando, di volumi fortissimi nel vero senso della parola.
Alcuni direttori tendono a rendere le espressioni mahleriane con enfasi sostenute da una maggior compostezza. Maazel ha optato per condurre la "Toscanini" a dar senso, a gran voce, alle brucianti contraddizioni dell'esistenza, tra la bellezza della vita e il desiderio di morte, che sostiene il "programma" creativo dell'architettura compositiva mahleriana. O, forse, l'Orchestra gli ha risposto in questa maniera.
Un'apertura cupa e ombrosa, trascinata "come il suono della natura", dischiusa con gran lavorìo di ottoni e violini. Per fortuna, anche questo movimento è andato a buon fine grazie al precipitoso arrivo di tre trombettisti che, forse, non si erano accorti della ripresa del secondo tempo del concerto.
Nel "Blumine", secondo movimento sinfonico paragonabile a un mazzo di carte continuamente rimescolato, i temi si rincorrono, si confondono e si tramutano in cambi di tonalità della melodia del tema principale. Il terzo tempo si apre col pianto di contrabbasso solo, ad anticipare il canone Fra Martino Campanaro, reso funereo e ombroso, in cui l'arpa rintocca i bassi come suona la campana a un funerale.
E Mahler ha davvero evocato, riprendendo uno dei motivi più noti della musica popolare, il canone per la marcia funebre di un cacciatore, grottesca e deformata, con richiamo fiabesco a una vendetta del mondo animale. La Sinfonia si è conclusa con altri due movimenti, dapprima con l'improvvisa irruenza del quarto, eseguito con solennità, e del tempestoso quinto tempo, nel quale Maazel ha estratto l'anima degli orchestrali fino al conclusivo "gridare".
Un susseguirsi di ovazioni ha "strappato" al grande maestro un bis, annunciato dallo stesso direttore d'orchestra in perfetto italiano: "Gustav Mahler amava molto Richard Wagner, così mi sembra giusto eseguire il Preludio del III Atto del "Lohengrin"". Un bis molto apprezzato dagli spettatori che - se il maestro Maazel lo avesse concesso - sarebbero rimasti a teatro per un bel pezzo ancora.

e. bag.

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