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Lunedì 4 Febbraio 2013 - Libertà

Nel volume "Life in blue" il filosofo e critico francese Gérard Georges Lemaire parla di una ricerca artistica fatta di sfide e sacrifici

di CARLO FRANCOU
Giampiero Mughini mercoledì 6 febbraio alle ore 18 nell'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano presenterà il volume "Life in blue" che il filosofo e critico francese Gérard Georges Lemaire ha dedicato all'opera di Giampiero Podestà, un pittore che già in passato è stato al centro dell'attenzione dell'eclettico scrittore e opinionista. Un artista "errante" che ha basato tutta la sua attività su una continua ricerca fatta di sfide e sacrifici, vivendo praticamente "a cavallo" tra l'Europa e le Americhe (Stati Uniti e America Latina).
Il Blu Podestà, un colore o una vera e propria espressione di pensiero?
«È più che una ossessione, è una musa, un'ispirazione fondante dell'artista piacentino» spiega Mughini che ben conosce il percorso artistico del pittore piacentino.
«Podestà il blu l'aveva "avvistato" nei quadri di Piero della Francesca, e questo quando era ancora agli esordi del suo destino. Lo amava da indossare, tanto che il suo abito preferito era un blazer blu con una camicia dello stessa tinta. Lo godeva al limite della sublimazione estatica in quei suoi tantissimi viaggi dall' Italia alle Americhe iniziati fin dagli anni ‘70, quando il magnifico supersonico Concorde scattava da Parigi, saliva lassù a 18.000 metri d'altezza e il blu del cielo era talmente terso da far male agli occhi. Blu, blu, profondamente blu. Così quando si è presentata la proposta della Galleria di New York, di pubblicare una serie di libri dedicati alla tragedia dell'undici settembre 2001 - libri nei quali Podestà incideva con un suo gesto vigoroso i brevi testi dei quattro scrittori - il segno scelto da Podestà è stato un colpo di blu e quando dico un colpo, dico un gesto della mano e del pennello tanto breve quanto era stato breve il volo di uomini e donne che si erano buttati dalle Twin Towers. Un colpo di blu, a evocare quella tragedia, l'indicibile di quella tragedia immane e inaudita».
Podestà è un pittore particolarmente legato alle proprie radici (Piacenza), pensa che questo sia un limite o un valore aggiunto?
«Per essere un pittore legato alla sua città, Podestà è uno che vive all'estero (Usa-Venezuela-El Salvador-Cina-Giappone-Boemia) la metà del suo tempo. La sua mi sembra una sintesi eccellente. Interessantissime le sue esperienze, fatevi raccontare in un giorno di "buona" con quel suo fare serio e distaccato ma che traspare ancora l'emozione del vissuto qualche episodio. Memorabili i suoi trascorsi con il popolo degli Yanomami (bene riassunti nel bel libro scritto sul Kerepakupai Meru) e l'avventura cinese nel periodo di Mao».
Una canzone di Guccini parlava di una "piccola città, bastardo posto": per Mughini qual è il "bastardo posto"?
«Il "bastardo posto" è quello che non è più adatto a te, alla tua testa. Per il resto tutti i posti sono eguali e egualmente buoni da vivere».
Tra un attico a Manhattan e un casale sulle colline toscane cosa sceglierebbe?
«Un attico a Manhattan tutta la vita. Avrei desiderato viverci specialmente nel periodo della mia gioventù, nei maledetti-benedetti anni 60 dove una generazione di ragazzi e ragazze non ci vedeva nulla di male a fare l'amore se si è innamorati, ma anche se non si è innamorati. Nei febbrili anni Sessanta che furono segnacolo doloroso delle libertà, di cui ci accorgemmo più tardi che erano piene di spine. Fortunato il Giampiero che nella New York di quel periodo visse come un romanzo, concentrato di personaggi, volti e gesti creativi, una esplosione da mettere a nudo la carne viva».
Quale personaggio considera il "genio" del secolo che abbiamo alle spalle nel campo delle arti visive?
«Geni italiani tanti, da Sironi a De Chirico a Burri. Genio nel mondo uno su tutti Warhol. Ha cambiato volto al novecento. La creatività di Andy esplose negli ambiti i più diversi. Dal cinema underground alla promozione di spettacoli multimediali, alla grafica di copertina a un libro d'artista, ineguagliabile nel montare le immagini della vita e della gente».
Lei è un appassionato cultore di libri d'artista. Quali gli aspetti che più incidono nelle sue scelte?
«L'autore del libro, la sua rarità, la sua fattura, la sua poesia, la sua ruvidezza e mille altre cose ancora. Non ultimo il fatto che ho i quattrini per comprarlo oppure no. Da quando colleziono materiali cartacei futuristi il mito di Bot è stato per me un obiettivo e un'ossessione; sapevo che i suoi libri esistevano, che ne aveva fatti caterve, sempre inventando temi e grafica, sempre arrischiando per vie sue e inusuali; erano una fortezza inespugnabile, un miraggio nel deserto...... africano. Devo all'artista, da me grandemente ammirato, Giampiero Podestà aneddoti sulla povera vita di Osvaldo Bot.
Tornando ai giorni nostri una mia intensa emozione è aver in qualche modo partecipato alla presentazione e alla prefazione dei libri per nulla banali e di invidiabile qualità visiva di Podestà».
Non si è mai pentito di qualcosa che ha scritto?
«Si, certo. Spero di non pentirmi di quello che le sto dicendo in questo momento! ».
Per lei è più importante dal punto di vista creativo la fantasia o il sentimento?
«Le due cose sono legate strette strette. Se la immagina una fantasia che non abbia un sentimento che la muove e la modella? Le infinite gamme e le infinite sfumature e di conseguenza gli innumerevoli contrasti e accostamenti creano nell'opera molteplici e diversificate evocazioni, immagini mentali, evasioni dalla quotidianità e contemporaneamente momenti di vita interiore, calore e sensibilità, come dimostra ampiamente l'opera dell'ultimo segmento della produzione pittorica di Giampiero Podestà segnata dal blu divenuto un colore comprimario in quel suo mondo di forme e di superfici dove è talmente forte la dittatura del colore. Il blu c'è eccome. Sottostante, incombente, orgoglioso. Su quelle tele che Podestà imprigiona e su cui si accanisce a far prendere loro una forma tanto essenziale quanto drammatica, il colore spalmato.... è il blu. Dalle cui viscere il blu continua a traspirare, a trasudare. Lo senti che è lì, ne senti le vibrazioni. Vibrazioni che da sempre fanno tutt'uno con l'artista piacentino. Blu profondamente Life in blue. Il titolo di questo ultimo segmento dell'avventura di Podestà, un'avventura di fantasia e sentimento ostinata e coerente come poche altre».

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