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Venerdì 11 Gennaio 2013 - Libertà

Se il cibo educa a crescere Noi, a tavola insieme.
Alberto Pellai e gli esperti della Scuola Genitori risponderanno ai quesiti di mamme e papà

di ELISA MENDOLA
Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta, sarà a Piacenza stasera per la lezione alla scuola genitori. C'è molto attesa. Affronterà il tema "Assieme a tavola: come gestire le problematiche legate al cibo". L'appuntamento è per le 20.45 alla Fondazione di Piacenza in via S. Eufemia. Ecco alcune domande poste ieri a Pellai.
Il cibo sembra esser diventato un costante motivo di conflitto tra genitori e figli: mangiano troppo, mangiano troppo poco, non stanno a tavola, non fanno colazione... cosa sta succedendo?
«Se a tavola si fa la "guerra" invece di godersi il momento più bello e più conviviale della giornata in famiglia, è perché spesso sia i bambini che gli adulti non hanno lo spirito giusto quando vivono i pasti insieme. Cominciamo a dire che a tavola ci devono essere regole che valgono per tutti: se vogliamo che lo stile e il modo con cui si sta seduti a tavola siano conviviali e piacevoli per tutti, tutti a tavola devono impegnarsi a parlare, ridere, scherzare. Vale per i bambini, ma soprattutto vale per gli adulti. Troppe volte noi genitori ci sediamo a tavola con un fardello di ansia e nervosismo sulle spalle: la giornata di lavoro che è andata male, la preoccupazione che i figli non mangino in modo adeguato, la crisi globale in cui tutti ci troviamo nostro malgrado coinvolti. E poi tutte quelle notizie che provengono dal telegiornale sempre acceso».
Mangiare guardando la televisione non aiuta?
«Diciamocelo chiaramente: il telegiornale è uno dei peggiori programmi ai quali un bambino può essere esposto. All'ora di cena, inoltre, è pure indigesto e convoglia il dialogo famigliare verso eventi spesso truci e lontani dal mondo della realtà e dalla quotidianità di un figlio. Inoltre, notizie già cruente per sé, vengono spesso accompagnate da rappresentazioni ed immagini morbose e violente. E le immagini, molto più delle parole, colpiscono la mente emotiva di un figlio, spesso lo spaventano e generano in lui il bisogno di essere rassicurato. Il momento del pasto viene secondo me quindi inquinato non solo da ciò che c'è nel piatto, ma anche da ciò che c'è nella testa e nel cuore dei genitori e dei bambini. E da tutto quello che nell'ambiente intorno alla tavola contamina lo stile di convivialità e di famigliarità che dovrebbe accompagnare ogni pasto».
Qual dovrebbe essere il ruolo dei genitori a tavola?
«Se il volto di mamma e papà è tranquillo e sorridente, sono quasi certo che anche quello dei bambini sarà uguale. E magari una pietanza che non è molto amata sarà ingoiata con un po' più di fatica, ma quasi mai diverrà un motivo per far scoppiare una guerra intorno al piatto. Oggi forse a tavola scoppiano così tante guerre intorno a ciò che c'è nel piatto… perché si sorride molto meno e noi adulti per primi abbiamo facce da funerale quando ci predisponiamo per il pranzo o la cena».
I genitori, sul tema dell'alimentazione, sono bombardati di informazioni ma spesso queste sono contraddittorie e mandano in confusione. Quali sono secondo lei le cose essenziali che non andrebbero mai dimenticate?
«Il nostro corpo ha una sua intelligenza naturale, sa regolarsi intorno alle sensazioni di fame e sazietà e se noi fossimo cresciuti in un mondo senza pubblicità alimentari, ogni individuo saprebbe somministrarsi il giusto cibo per il proprio fabbisogno alimentare, con rispetto delle quantità e della qualità che gli necessita. Invece viviamo in un mondo dove domina una nuova patologia che ci coinvolge tutti e che è stata ben descritta da Kessler, negli Stati Uniti: l''iperfagia condizionata", ovvero l'abitudine a mangiare anche quando non abbiamo fame semplicemente perché il cibo è sempre in bella mostra e sempre disponibile. Il cibo è diventato un po' come il sesso: siamo circondati e riempiti da immagini ed offerte che lo rendono raggiungibile e allettante in ogni momento e situazione. Ma così facendo smettiamo di sentirne il desiderio e il bisogno e ce ne abbuffiamo continuamente, senza più nemmeno capire che sapore ha».
C'è modo di aiutare i nostri figli a capire il valore del cibo?
«Ecco, se dovessi dire ad un genitore quali sono le cose per far funzionare bene il rapporto col cibo nella vita di un figlio direi: rendetelo poco disponibile, insegnate ai bambini ad assaporarne la dimensione multisensoriale (odore, sapore, consistenza) e inseritelo all'interno di un sistema educativo, fondato su regole che ne sostengono una fruizione intelligente (c'è un ora e un tempo per mangiare, se non mangi ora non mangerai fino al prossimo pasto, abolite gli snack che ripetutamente nella giornata spengono l'appetito e il senso di fame di un figlio, e al posto di una merendina offrite un frutto fresco) ».
Spesso i genitori si trovano in un vicolo cieco, non sanno se obbligare i figli a mangiare o lasciare una certa libertà. Come se ne esce? Quali consigli possiamo dare ai tanti genitori che a gran voce ci hanno chiesto questa serata?
«Quasi sempre quando un figlio si rifiuta di mangiare è perché non riconosce il momento del pasto come un momento in cui si fa famiglia. Cosa succede nelle vostre case quando è l'ora di mangiare? Quali accorgimenti avete preso per far sentire la voglia e il desiderio di essere tutti lì, intorno al tavolo invece che davanti ad uno schermo oppure nell'altra stanza collegati ad un PC? Partirei proprio da questo: in ogni casa è importante che il momento del pasto sia un momento in cui si fa famiglia. Se uno non vuole mangiare qualcosa, che non lo mangi. Ma è fondamentale che resti lì con noi a parlare della giornata, della vita, degli amici.
Sedersi a tavola è dunque un modo con cui genitori e figli possono ritrovarsi, confrontarsi, conoscersi?
«E' troppo "fuori moda" affermare che ogni giorno tutte le famiglie dovrebbero passare almeno trenta minuti a mangiare insieme e a godersi il momento della cena senza interferenze di alcuna natura, cellulari e Tv inclusi? State certi: se riempite questi trenta minuti di allegria e di buon umore, se rendete questo tempo un tempo in cui la famiglia scrive la storia del proprio romanzo famigliare, quello che c'è nel piatto sarà amato e consumato da un figlio senza troppi problemi».
Vi aspettiamo, cari genitori, stasera alle 20.45 in Fondazione.

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