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Martedì 22 Gennaio 2013 - Libertà

Anche a Piacenza un Patto per l'occupazione giovanile

di PIETRO NATALE* di ROBERTO AGOSTI**
Negli ultimi tempi, di fronte al progressivo e preoccupante incremento del tasso di disoccupazione, in particolare di quello giovanile, si concorda ai diversi livelli Istituzionali di dedicare l'anno 2013 al lavoro.
Una scelta ed un obiettivo condivisibile da tanti, ma da riempire con iniziative ed impegni concreti e con sforzi finanziari ed organizzativi, per contribuire sia alla ripresa economica e dei consumi che al recupero di alcune lacerazioni sociali ed intergenerazionali che si sono determinate in questi ultimi 4 anni.
Indubbiamente gli strumenti di intervento non possono essere omogenei e limitati, perché le condizioni territoriali sono differenti e la platea dei disoccupati è ampiamente diversificata, ma sono soprattutto i giovani, che devono entrare per la prima volta nel mercato del lavoro, che incontrano le maggiori difficoltà.
A Piacenza la situazione, anche se meno grave di altre aree del Paese, è comunque preoccupante; infatti il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), ormai pari a circa il 25%, segnala la presenza di oltre 5.000 giovani privi di lavoro, molti dei quali senza esperienza ed in cerca della 1^ occupazione ed il continuo incremento dei disoccupati iscritti ai Centri per l'impiego da oltre 12 mesi (più di 10.000 unità), evidenzia una permanenza nello stato di disoccupazione non più fisiologica e molto grave per gli effetti futuri.
Questo quadro si modifica e si aggrava continuamente, anche per l'ordinario flusso dei nuovi ingressi, quantificabile in almeno 1.500 persone, di cui circa 1.000 giovani diplomati o qualificati, che annualmente, terminati gli studi superiori, non proseguono nel sistema universitario e si avvicinano al mondo del lavoro.
Le politiche e gli interventi che si stanno definendo a livello nazionale indubbiamente dovrebbero determinare, anche se non a breve termine, un recupero dell'occupazione, ma si ritiene che anche a livello locale si possa e debba fare qualcosa per contribuire a dare speranza ed opportunità a questa generazione di giovani che sembrerebbe senza futuro, limitando il più possibile il "parcheggio sociale" e l'azione della famiglia, che opera sempre più a lungo come ammortizzatore sociale.
Da qui nasce la proposta di un Patto territoriale per i giovani, che per essere efficace e significativo deve vedere la partecipazione di diversi Soggetti pubblici e privati disponibili a costituire una Rete di Comunità che condivida e sostenga un progetto per l'occupazione ed il lavoro, rivolto ai giovani che devono affrontare per la prima volta il mondo del lavoro. Il progetto dovrebbe porsi almeno quattro obiettivi operativi:
- favorire e rafforzare una formazione specialistica, recuperando in particolare il lavoro tecnico e manuale;
- agevolare ed accelerare il percorso di transizione verso il mondo del lavoro, oggi sempre più difficile e con tempi molto dilatati;
- rafforzare il welfare locale, con un maggiore impegno sociale dei giovani, favorendo gesti concreti di solidarietà e partecipazione;
- sostenere lo sviluppo di attività autonome innovative, soprattutto per chi ha più esperienza professionale o un elevato livello di scolarizzazione.
Per la prevalenza dei giovani, si ritiene che il lavoro subordinato sia, nel medio periodo, quello più adatto oltre che gradito, con l'utilizzo del rinnovato strumento dell'apprendistato, che rappresenta oggi il nuovo catalizzatore per entrare nel mercato del lavoro, con una interessante serie di detassazioni, sgravi contributivi ed incentivi per le imprese.
Ma prima dell'assunzione è necessario mettere in campo misure di politiche attive per il lavoro, di rafforzamento formativo e di acquisizione di competenze realmente spendibili, seguite da un percorso di transizione al lavoro che, senza vincoli contrattuali e pochi oneri per l'impresa, consenta ad ogni giovane di prestare la propria opera, perfezionare ed applicare le conoscenze e capacità da ognuno possedute, di farsi apprezzare e valutare e di prepararsi ad un inserimento lavorativo più stabile.
Lo strumento che maggiormente risponde a queste finalità e consente di sviluppare un percorso di reale avvicinamento al mondo del lavoro è senz'altro quello del tirocinio formativo.
Questo strumento, con la sentenza n. 287 depositata il 19 Dicembre 2012 dalla Corte Costituzionale, che dichiara l'illegittimità dell'art. 11 del DL 138/2011 (Legge 148/2011), è stato finalmente rimesso a disposizione di tutti i giovani disoccupati, quindi non solo dei neo diplomati/laureati.
D'altra parte il tirocinio formativo è ampiamente conosciuto ed apprezzato dal sistema delle imprese piacentine e dagli studi professionali che, negli ultimi 10 anni, l'hanno favorevolmente utilizzato per inserire stabilmente nel mondo del lavoro oltre 3.000 giovani, che sono stati conosciuti e "sperimentati" con tale strumento, soprattutto nell'ambito delle professioni tecniche, impiegatizie ed in quelle qualificate del commercio e dei servizi.
Ora un obiettivo operativo potrebbe essere quello di coinvolgere nel progetto un significativo numero di giovani (qualche centinaio), in un percorso integrato di formazione, volontariato e lavoro, per un periodo di almeno 5 mesi, provvedendo non solo a rafforzare la formazione "aziendale", ma recuperando anche un doveroso impegno sociale, molto spesso trascurato, oltre all'esperienza vera di avvicinamento al lavoro.
Si potrebbe pertanto prevedere, per i giovani disponibili, un impegno di:
- un pomeriggio a settimana per la formazione su tematiche aziendali e tecniche di ricerca del lavoro;
- un pomeriggio a settimana di attività di volontariato e di impegno sociale;
- cinque mattine a settimana di attività di tirocinio presso un' azienda o studio professionale.
A questi ragazzi doverosamente andrebbe riconosciuta una indennità di almeno 400 Euro/mese (quindi 2.000 Euro per l'intero periodo), assicurando anche la presenza di un tutor durante l'esperienza aziendale ed accompagnando l'iniziativa con una serie di servizi di supporto (formazione obbligatoria, valutazione e certificazione delle competenze acquisite, ecc.).
A livello organizzativo e finanziario la Rete di Comunità dovrebbe impegnarsi a coordinare e promuovere l'iniziativa, raccogliendo le adesioni di imprese e giovani ed a costituire un Fondo, in grado di sostenere il progetto, attraverso la partecipazione non solo delle imprese aderenti - che potrebbero sostenere una piccola parte dei costi (1 Euro/ora), ma anche con l'adesione ed il contributo della Provincia, Comuni (1 Euro/abitante), Camera di Commercio, Fondazione, Forze economiche e sociali e non sarebbe male con un contributo di solidarietà volontario e simbolico dei cittadini (1 Euro a famiglia).
Si è convinti che con l'attenzione e la concreta disponibilità di una Rete di Soggetti si possa contribuire veramente a dare una speranza ai nostri giovani. Proviamoci.
*Direttore Centro di Formazione ENAIP
**Presidente ACLI di Piacenza

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