Venerdì 11 Gennaio 2013 - Libertà
«Un Paese preda del qualunquismo»
Lo storico Guido Crainz giovedì sera in Fondazione
di MAURO MOLINAROLI
Guido Crainz, storico, docente che insegna all'università di Teramo con la capacità (rara) di narrare l'Italia in tutte le sue forme, sarà ospite giovedì sera alle 21 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano per presentare il suo ultimo libro Il Paese reale. Dall'assassinio di Moro all'Italia di oggi (Donzelli). All'incontro parteciperà anche Gianni D'Amo di Cittàcomune.
Il libro è un poderoso lavoro scritto con una passione davvero straordinaria: nelle sue lucide analisi oltre alla politica e all'economia, ritroviamo il cinema, le canzoni, lo sport, i media, insomma, il costume di un Paese che si esprime anche grazie a questi codici interpretativi. Dopo l'Italia della ricostruzione postbellica descritta ne L'Italia del miracolo economico (Donzelli), dopo quella tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, delle riforme e dei movimenti, del terrorismo e della crisi dei partiti raccontata in un libro che ha ottenuto ampi consensi tra i numerosi lettori e anche tra gli addetti ai lavori, Il Paese mancato (Donzelli), Crainz ci racconta l'ultimo trentennio fino al nostro presente, alla caduta di Berlusconi e all'investitura di Monti.
Crainz scrive, in questo nuovo e affascinante libro, di un'Italia disillusa e corrotta, priva di identità e vittima di ripiegamento individuale alla base del quale sta il serpeggiante rancore di strati sociali che si riscoprono improvvisamente marginali. Secondo Crainz, questo è un Paese i cui giovani sono colpiti dalla disoccupazione, dall'incertezza, ma anche dall'esclusione; sono aumentati a dismisura coloro che non studiano, che non lavorano e che un lavoro neppure lo cercano, perché piegati dalla rassegnazione; insomma siamo un Paese preda di un disperato qualunquismo che bene non fa. E non è solo una questione economica e finanziaria, dei saliscendi dello spread e di Piazza Affari, è qualcosa di più profondo che Guido Crainz, descrive con rigore e con lucidità sorprendente.
Nel suo libro lei sostiene che l'individualismo e l'insofferenza per le regole cresciuti negli anni del boom economico si sono poi consolidati negli anni Ottanta e sono ancora alla base dell'Italia di oggi.
«Sì. Mi ha molto colpito - e lo scrivo nel libro - la discussione che ci fu nei primi anni Novanta, quando molti intellettuali non necessariamente di sinistra, ma lucidamente avveduti, si interrogarono sulla crisi del Paese. Sergio Romano, negli anni di "Mani pulite", sosteneva, ad esempio, che stavamo facendo quello che facemmo dopo la caduta del fascismo: allora si era data la colpa a Mussolini, dimenticando che dietro a tutto questo c'è invece il sistema-Paese. Un liberale avveduto e preparato come Ernesto Galli della Loggia ammoniva che in Italia non è che ci siano più disonesti che altrove, manca però una rete di gente onesta in grado di fondare un modo diverso di stare nelle istituzioni e nel Paese. Non ci voleva tanto per capire che già in quell'epoca stavano sforando con il debito pubblico, ma qualcuno, come il premier socialsta Bettino Craxi diceva che la nave andava ugualmente…».
Berlusconi incarna o ha incarnato a suo parere l'italiano insofferente delle regole, che a lei non piace: ha vinto anche per questo motivo?
«Certamente. Non solo Berlusconi è un modello di quel tipo di italiano ma dà anche spazio al Paese che ama l'assenza di regole, agli evasori fiscali. Lo hanno dato morto tante volte. Io starei attento a considerarlo finito anche se la situazione oggi non pare essere favorevole al Cavaliere, soprattutto dopo la discesa in campo di Monti, ma l'illusionismo di questo leader che ha fatto della televisione commerciale il proprio bacino di consenso è sempre dietro l'angolo, è ingannevole e difficile a morire».
A proposito di Monti, cosa ne pensa della sua candidatura?
«Credo che Mario Monti rappresenti una scelta moderata e razionale. Una destra che vorrebbe finalmente essere normale, europea, libera da vecchie connivenze o da illusionismi vari, efficiente, che crede ancora in un possibile ritorno all'etica, al diritto liberale per cancellare l'immagine di questi ultimi anni, in cui ha dato il peggio di se stessa, anche grazie a una sinistra lacerata da mille divisioni e dalla mancanza di modelli; tutto ciò spesso ha fatto il gioco del Cavaliere».
Nel libro lei indica nell'individualismo protetto, uno dei mali del Paese: che cos'è?
«E' un sistema in cui lo Stato si assume le perdite e il privato intasca i profitti: un sistema opposto al New Deal di Roosevelt. La rivolta degli industriali contro il primo centrosinistra, negli anni Sessanta, si spiegava con la volontà di mantenere quel sistema, sistema portato avanti negli anni Ottanta e che oggi molti vogliono perpetrare, Berlusconi in primis».