Lunedì 3 Maggio 2004 - Libertà
Montin: "Vegezzi, tra poesia e ironia"
La "Ricci Oddi" ricorda l'artista scomparso con la mostra "La rivolta e l'incanto" dall'8 al 30 maggio. Il pittore ricorda l'amico dalla vita tormentata e volutamente marginale, ma dalla vivace creatività. Nel bestiario di Nello c'è il suo "sguardo" forte e libero
I legni combusti; le tavole favolose e materiche dipinte anche su cortecce, che raccontano la campagna padana liricamente, con colori antinaturalistici; gli astri visti in connubio erotico; i guerrieri primitivi e i totem; il tenero bestiario.
Questo ed altro troviamo nell'armamentario espressivo di Nello Vegezzi, poeta, pittore e scultore dalla vita tormentata e volutamente marginale, al quale la galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi dedica una mostra antologica a undici anni dalla morte (insieme a Fondazione in primis, Comune, Cgil, Piacenza 74, Associazione Kairòs e Liceo Cassinari), dall'8 maggio, inaugurazione alle 17, al 30.
E' la doverosa rivisitazione di un autore anarchico, sempre in rivolta con l'ordine costituito, conosciuto per i versi forti, la critica sociale, ora frontale nella poesia, ora ironicamente dissimulata in certe sue sculture, per il tema erotico, così largamente sondato. Autore contraddittorio però, se prestiamo ascolto alla voce elegiaca che appare la sua più autentica vena. L'afflato più convincente, annidato dentro ad una incandescente capacità di invenzione.
Chi era Vegezzi, come lavorava? Lo abbiamo chiesto al pittore ed incisore Andrea Montin, che bene lo conobbe.
Andrea, a quando risale la vostra frequentazione?
"Al '72-'73. Vegezzi era reduce dal Sessantotto e dalle turbolenze dell'epoca, ricordo che aveva fondato una piccola sezione di un partito anarchico. Ridendo noi amici lo definivamo "maoista-mandrakista", perché Nello amava Mao, ma leggeva anche Mandrake e aveva comperato una Cinquecento per andare a tenere comizi qua e là. Ci si ritrovava alla galleria, mi pare, di via Mandelli, "L'Asso di spade" di Giorgio Betti. Eravamo un gruppo di artisti: Nello, Bruno Grassi, Gustavo Foppiani, Cinello, il sottoscritto, Romano Tagliaferri, Alberto Gallarati, Mauro Fornari, il critico Nello Bagarotti, a volte ci si vedeva al Barino, o in altre osterie, per lunghe partite a carte.
In questo gruppetto Vegezzi che profilo aveva?
"Era molto discreto e silenzioso. Un "pensatore", distratto quando era in compagnia. Attraversava allora il periodo della poesia erotica, ma a noi mostrava una vena anche molto sentimentale, romantica. A volte cedeva a degli accessi. Ma quando si esprimeva ci accorgevamo della sua grande carica, non sempre facile da gestire in pubblico. Ricordo una domenica al Castello di San Pietro in Cerro: si tenne un concerto di Peppino Principe, celebre fisarmonicista che aveva suonato anche davanti alla Regina d'Inghilterra. Una vera star. Dopo tre quarti d'ora, al "volo del calabrone", Nello si alzò e si mise a gridare a Peppino di smetterla, con grande imbarazzo generale. Era così, non si censurava".
Guardiamo alle opere, in quegli anni Vegezzi lavorava molto sul riciclo di materiali.
"Negli anni 70 Nello cominciò a raccogliere pezzi e pezzettini di materiali da assemblare. Allora viveva al Ciano, apro una parentesi: solo dopo si trasferirà nello studio di via San Vincenzo, dove aveva dipinto diverse pareti di nero, nero anche il bagno, intorno ad una vasca sempre piena d'acqua, adatta al suo spirito igienista. Tornando al lavoro, andava in giro da falegnami a cercare i legni giusti per "combinare" le sue storie".
Che storie erano?
"Storie di natura, il soggiorno a Po di Goro l'aveva stimolato, con il fiume, l'acqua, gli uccelli acquatici. Certi lavori confluirono nella grande mostra a Palazzo Gotico del 1981, per la quale io e Nello dovemmo fondare l'associazione culturale Altamira, registrata da un notaio, suggerita da Foppiani, e che fu usata solo per quella occasione. Presentò legni combusti, trattati con un attrezzo, una bomboletta che buttava fuori una fiamma, tipo saldatore. Prima assemblava i legni poi li bruciava, facendoli carbonizzare. Inizialmente non metteva i colori, erano legni quadrati concentrici, cornici, opere più geometriche. Qualcuna delle strutture geometriche doveva però essersi distrutta con il calore eccessivo e ne nacque una forma più biologica che lui cominciò a seguire: gli animali, resi via-via perfettamente. Penso al Siür Luig, l'airone, lavorato con materiale ritrovato e assemblato. Altri materiali Nello li cercava nei fiumi, lungo il Trebbia, da cui tornava a casa carico".
Emerge la vocazione terrigena e naturalistica di Vegezzi.
"C'è una grande tenerezza, molta liricità nelle tavole dipinte con paesaggi o a grandi cieli stellati, realizzate con il tubetto di colore spremuto direttamente sul supporto, senza mediazione del pennello. La sua "vena" era questo certo trasporto, l'entrare nell'opera. C'era anche gusto del colore. In gioventù, prima di andare a Roma, Nello aveva frequentato lo studio di Mosconi e si era avviato in un percorso espressivo. Purtroppo la sua vicenda artistica è stata in seguito turbata da visioni e voci interiori, la "coscienza" che lo tormentava per i trascorsi politici, accusandolo, per esempio, di essere stato comunista. Fu ricoverato più volte in ospedale".
E' drammatica questa auto-colpevolizzazione tardiva, con le voci di dentro che lo aggredivano per le sue scelte di vita e contro le quali lui si "barricava" in casa.
"Nello, come nella sua famosa figura l'Urlo, nel corso della sua esistenza e della sua vicenda artistica aveva espresso nel novanta per cento dei casi una protesta. Aveva odiato i borghesi, amato le donne, il gusto della vita. Gli era piaciuto anche scandalizzare. Peraltro, il lavoro di Nello è stato anche la sua cura, gli ha permesso di esprimersi, fino alla traccia più forte, ad una poesia dirompente".
Tornando alle opere, lo vedresti interprete di un certo mondo padano, con venature surreali?
"Forse negli animali del fiume, nel paesaggio, nella visione della luna, delle piante e degli alberi, una certa "follia" la vedo e la riscontro nella serie dei tori totemici posti uno sopra l'altro, surreali".
Come ricordi Vegezzi con gli occhi della mente?
"Vedo lui che nuota nell'acqua, al mare, e se ne sta completamente immobile, un galleggiamento fermo. Tanto simile a Mao Tse-tung".
PATRIZIA SOFFIENTINI