Mercoledì 21 Novembre 2012 - Libertà
Rigoletto, il fuoco vivo di Verdi
In Fondazione si è chiuso con il musicologo Bussi e le voci di Franceschi, Magri e Salvini il ciclo di conferenze sulla "Trilogia popolare" curato dalla Tampa
piacenza - «V'è più sostanza musicale ne La donna è mobile che in tutta la Tetralogia di Wagner»: questa curiosa boutade di Stravinskij è stata uno fra i tanti rimandi esposti dal professor Francesco Bussi durante la conferenza-concerto in Fondazione che lo vedeva in veste di relatore per l'ultimo appuntamento, dopo Traviata e Trovatore, del ciclo di incontri organizzato dalla Tampa Lirica, in collaborazione con Fondazione di Piacenza e Vigevano e Conservatorio Nicolini.
Rigoletto è stato presentato con l'approccio, la lente, del musicologo Bussi, che ne ha ripercorso la trama, soffermandosi sulla costruzione musicale che sottende e vivifica l'opera. In questo veniva interpellata ad eseguire accordi o parti dell'opera la pianista Donatella Tacchinardi, che ha sostenuto i cantanti lungo la serata.
L'opera fu eseguita per la prima volta nel marzo del 1851 al teatro "La Fenice" di Venezia, dove Verdi, grazie al suo intuito per i cantanti, aveva trovato gli interpreti ad hoc. Curioso che nel 1853, solo due anni dopo, Rigoletto fosse messo in scena a Piacenza.
Rigoletto nasce sotto l'ispirazione di Le roi s'amuse di Victor Hugo, autore che affascinava Verdi per la sua personalità e per la sua poesia, e che aveva già ispirato Ernani. In Rigoletto Verdi, forte della rivoluzione già preparata con Macbeth e Luisa Miller, vuole superare l'opera a pezzi chiusi promuovendo una continuità d'azione. La vicenda vede protagonista Rigoletto, buffone di corte, irriso da tutti, osteggiato dalla sorte, che ha una figlia, Gilda, che è tutta la sua vita, e questa figlia gli viene uccisa per fatalità. L'opera è permeata dalla pietas, in senso latino, che non è traducibile con "pietà", ha un altro spessore: è il sentimento del dovere insito nell'essere umano che lo induce al rispetto e alla devozione nei confronti dei genitori, degli antenati, consanguinei e amici, nei confronti della patria e degli dei.
Dopo un excursus generale sull'opera è entrato in scena il soprano Elena Franceschi per dar voce a Gilda in Signor né principe, affiancata poi dal tenore Luigi Albani (che ha sostituito Alex Magri), interprete del Duca qui nella veste di Gualtier Maldé, in Addio, addio speranze. Delicata Franceschi nell'aria Caro nome, in cui vi è un motivo discendente (ravvisabile anche nella Traviata) che lo stimatissimo musicologo Claudio Gallico identificò come elemento virgineo, espressione di pudore, di tenerezza. Riuscito Parmi vedere le lacrime cantato da Albani-Duca e finalmente in scena Valentino Salvini-Rigoletto in Cortigiani vil razza dannata, in cui il professor Bussi ha sottolineato il decorso tonale di grande genialità. Struggente la scena tra Salvini-Rigoletto e Franceschi-Gilda, in cui emerge la pietas latina: Rigoletto invita Gilda a raccontare: «Parla siamo soli» e la narrazione attraversa la cavatina Piangi fanciulla piangi e la cabaletta Sì vendetta, tremenda vendetta che ha strappato gli applausi del numerosissimo pubblico.
Stravinskij apprezzava probabilmente la spontaneità, l'immediatezza di Verdi che nella elementare La donna è mobile fa sfoggio di sé. Apprezzato Albani-Duca in questa celebre aria, come nella parte finale in cui i tre protagonisti sono in scena: Salvini-Rigoletto in Egli è là, morto, mentre Albani-Duca fuori scena canta La donna è mobile, infine Franceschi-Gilda in Lassù in cielo dove la musica riveste il significato della parola. «La musica dipinge», è la conclusione di Bussi.
Lea Rossi