Domenica 30 Settembre 2012 - Libertà
«La scuola multiculturale in Italia è realtà da 20 anni»
Ongini: molti i Paesi di provenienza, un elemento di crescita in più
La scuola multiculturale in Italia è già realtà. E questo da oltre vent'anni. A spiegarlo con la passione di chi come insegnante ha trascorso molti anni tra i banchi, è stato Vinicio Ongini, ieri pomeriggio in un incontro incentrato su "La scuola multiculturale". Maestro, saggista ed autore di libri per bambini, Ongini che lavora all'Ufficio per l'integrazione degli alunni stranieri del ministero dell'Istruzione, ha condotto i presenti arrivati all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in un percorso di conoscenza della situazione attuale della scuola italiana.
«Da ormai vent'anni le nostre scuole sono diventate a colori, con alunni che vengono da tantissimi Paesi e questo è un carattere molto italiano. Le nostre scuole infatti, più che quelle degli altri Paesi europei, registrano una grande quantità di Paesi rappresentati tra i banchi. Presenze non nel senso quantitativo, in termini assoluti, ma nel senso della frammentazione, concetto che può essere riassunto in un "arlecchino" seduto fra i banchi. La notevole quantità di differenze è dovuta al fatto che l'Italia non ha avuto grandi colonie e quindi qui arrivano un po' da tutte le parti». Ma per Ongini c'è anche un'altra spiegazione a questa particolare frammentazione, dovuta «al carattere economico e sociale del paese, che è una realtà fatta da distretti, dai mille campanili». Insomma l'Italia da molto tempo è multiculturale. Ongini non ha nascosto problemi e paure di genitori ed insegnanti, riuscendo però a rileggerli in chiave positiva e propositiva. «La frammentazione non è detto che assuma sempre connotati negativi anzi, il fatto che ci siano tante differenze in classe rappresenta un elemento in più di crescita e di dinamismo».
Tuttavia, genitori ed insegnanti si ritrovano spesso spaesati e preoccupati di fronte ad una scuola multiculturale, «in questi casi è necessario ascoltare le loro paure e i dubbi. A queste preoccupazioni si può rispondere proponendo delle ipotesi vantaggiose, ad esempio dimostrando come i bambini provenienti da contesti culturali diversi siamo portatori di altre lingue, e spesso questa competenza multilingue che viene trasmessa anche ai bambini italiani, viene sottovalutata. Inoltre - ha proseguito Ongini - bisogna ricordare che i bambini figli di genitori stranieri ma nati in Italia, spesso arrivano alla prima elementare avendo già frequentato asili e materne, e quindi già padroni della lingua italiana».
Basta però «far ricadere tutto sulle spalle degli insegnanti, una frammentazione positiva dipende da molti fattori e dall'interazione fra diversi attori quali insegnanti, dirigenti scolastici, enti locali e famiglie». Per superare le paure verso il multiculturalismo «bisogna uscire dall'isolamento, dalla solitudine, confrontarsi, mettersi in rete, condividere esperienze simili magari non sempre positive, d'altronde anche dagli sbagli si impara».
Diverse le testimonianze e i casi citati durante l'incontro e raccolti nell'ultimo libro "Noi domani. Un viaggio nella scuola multiculturale" edito da Laterza e uscito alla fine del 2011. L'opera è il frutto di un viaggio nelle scuole italiane durato due anni. E' un percorso di scoperta spinto da una vorace curiosità e dall'idea di mettersi in ascolto degli altri, tornando sui banchi. Dal Po a Palermo, per conoscere le molteplici realtà della scuola italiana alla ricerca non tanto delle situazioni negative, «che ormai conosciamo già» quanto delle positività frutto di contesti multiculturali e da proporre poi in altri contesti. Ad aprire e ad introdurre l'appuntamento è stato Paolo Perazzolo giornalista di "Famiglia Cristiana", che ha illustrato gli ultimi dati contenuti nel rapporto del ministero dell'Istruzione uscito recentemente. Documento che attesta la crescita di anno in anno del numero degli studenti stranieri. «Questo indica come la presenza nella scuola di giovani figli di stranieri sia un fenomeno strutturale», e non si può fingere che non esista.
Chiara Cecutta