Mercoledì 10 Ottobre 2012 - Libertà
Le serate saranno introdotte dallo scalabriniano. Ad esse saranno accostate letture di Salvatore Dattilo. Gli altri incontri il 18 e 25 ottobre
di ANNA ANSELMI
Nell'anno del centenario, riscoprire l'opera di Giovanni Pascoli (1855-1912) nelle sue motivazioni più profonde, al di là di semplicistiche e superficiali letture scolastiche, cercando di andare oltre i cliché e le deformazioni che hanno contribuito a distorcere alcuni aspetti del pensiero del poeta. Se ne parlerà all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant'Eufemia, 12, in un trittico di incontri in cui all'introduzione di un tema, a cura di padre Stelio Fongaro, seguirà la lettura di testi pascoliani declamati da Salvatore Dattilo, artefice in passato anche di fortunati cicli danteschi.
Il primo appuntamento, in programma domani, giovedì 11 ottobre alle 17.15 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant'Eufemia, 12, sarà dedicato a Pascoli, il suo mondo e la poetica, attingendo a L'era nuova (da Prose di varia umanità), La poesia (da I canti di Castelvecchio) e Gesù, indicativi delle idee letterarie e religiose dell'autore, per il quale la poesia era paragonata a una lampada, con il poeta visto piuttosto come un mago che rivela che non come un demiurgo che crea. Complesso e non privo di contraddizioni poi il rapporto con il cristianesimo: «Pascoli può essere definito un'anima naturaliter christiana, ma la sua accettazione a priori del positivismo, e quindi del materialismo, lo pone lontano dalla religione dogmatica. Riteneva il cristianesimo - osserva padre Stelio - un fenomeno culturale, non una rivelazione; un fatto storico, non divino e trascendente. Pascoli giudicava il cristianesimo la religione migliore, ma destinata a essere superata da quella proposta dal poeta», nell'orizzonte di un destino di mortalità. Era invece molto credente la sorella Mariù: «Fece di tutto per contrabbandare il Pascoli come cattolico. Il critico Alfredo Galletti ha invece correttamente paragonato Pascoli a un'anima pendula. Il cuore lo portava a Gesù, che però per la sua filosofia era soltanto un uomo». Tra gli eventi che maggiormente determinarono il futuro di Pascoli bambino ci fu l'assassinio del padre, una perdita lacerante rievocata in X agosto e L'assiuolo. Due poesie coeve, ma distanti come risultato. La prima è troppo costruita a tavolino, l'altra conserva un eccezionale valore poetico». X agosto conferma proprio la visione sconsolata del poeta: il cielo restava lontano, indifferente, vuoto. Ne L'assiuolo traspare ancora il senso tragico della vita priva ormai di sbocchi dopo il dramma della scomparsa del padre. Però quel sentimento è solo accennato, modulato nel canto dell'assiuolo, che nella seconda strofa - fa notare padre Fongaro - si trasforma in un singhiozzo per diventare nella terza un canto di morte. In Fondazione verrà esplorata anche la questione dell'appartenenza politica di Pascoli che aderiva a «un socialismo umanitario, negando i due principi di Marx: la struttura economica come causa della storia e la lotta di classe, ritenendo al contrario la carità cristiana più scientifica rispetto a questi ultimi. Pascoli era affascinato dalla figura di Gesù, figlio dell'amore, della bontà, del sacrificio, morto per gli altri ma, nella visione del poeta, non risorto. Ho calcolato che un quinto dei componimenti di Pascoli ruota attorno al cristianesimo». La seconda conferenza, il 18 ottobre, sempre accompagnata da letture, verterà su Pascoli poeta dell'emigrazione italiana, argomento sul quale padre Fongaro, missionario scalabriniano, ha condotto studi pubblicati nel 1985 nel corposo volume Lo straniero, articolata antologia su come il migrante è stato raccontato nella letteratura classica e italiana. Il libro è ancora adottato nelle scuole italiane in Germania. «Volevo accertare la veridicità o meno di una frase di Giuseppe Prezzolini che, nei Trapiantati, aveva scritto dell'emigrazione come di "lacrime senza memoria letteraria». Ho verificato che purtroppo aveva ragione. Giovanni Pascoli, tra i grandi, costituisce l'unica eccezione, in quanto vi ha dedicato quindici poesie, tra cui due poemetti, Italy e Pietole». Conclusione il 25 ottobre con l'incontro su Pascoli poeta bilingue: «Come Carlo Goldoni scrisse La locandiera in italiano e I rusteghi in veneto, Pascoli padroneggiava l'italiano e il latino nello stesso modo, non come umanista o professore d'università, ma da autentico poeta». La partecipazione all'iniziativa è aperta a tutti ed è consigliata, alla luce degli ultimi programmi ministeriali, anche agli studenti che si apprestano a conseguire la maturità.