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Sabato 15 Settembre 2012 - Libertà

«Senza innovazione il futuro non esiste»

Il ricercatore che in Usa collabora con Obama

di SIMONA SEGALINI
Arriverà oggi in Italia, a Cortemaggiore. Domani verrà a Piacenza, la sua città, dove - dopo la messa in Duomo delle 11 - gli verrà consegnato l'Angil dal Dom 2012 da parte della Fondazione di Piacenza e Vigevano. I suoi bimbi, Davide e Celeste, 7 e 3 anni, sono arrivati qui da Washington già da qualche giorno con mamma Elena, per assistere alla cerimonia in Duomo. Stefano Bertuzzi, 46 anni, ex studente del liceo Gioia, laureato alla Facoltà di Agraria di Piacenza, scriverà da domani il suo nome nell'albo d'oro del premio. Davide, il primogenito, suona il violino. Celeste è stata adottata negli Usa («l'America ha fatto tanto per me e la mia famiglia, ci ha adottato. Volevamo restituire un po' di quel bene»). E' a loro che dedicherà il premio. Ricercatore negli Usa dal 1992 e poi in Italia nel 2001 per Telethon, poi nel 2004 di nuovo negli Stati Uniti alfiere nel governo di Obama nel settore della sanità pubblica, con il ruolo di indirizzare i fondi ministeriali per la ricerca negli investimenti, al National Institute of Health. A breve lo attende la nuova sfida, con una poltrona di ceo all'American Society for Cell Biology, settore privato.
Dottor Bertuzzi, Piacenza le consegnerà domenica l'Angil dal Dom, il prestigioso riconoscimento per i piacentini più illustri.
«Mi ha fatto ovviamente un piacere infinito. Dopo la sorpresa, mi ha assalito un senso di inadeguatezza, scorrendo l'elenco dei vincitori: un principe della Chiesa come monsignor Tonini, un giornalista come Alberto Cavallari. Non sono sicuro di essere alla loro altezza. Ma è stata una gioia bellissima».
Torna spesso nella sua città? Come l'ha ritrovata all'ultima sua visita?
«Le nostre famiglie sono a Piacenza, almeno una volta all'anno veniamo. Ci teniamo che i bambini trascorrano tempo coi parenti, che vedano la nostra terra, per non sentirvisi troppo stranieri. Quest'estate siamo stati una settimana a Piacenza. La cosa che ho visto di più sono state le giostre sul Facsal, in America non ne esistono così. Qualche giorno l'abbiamo trascorso a Ferriere. Mio padre, da bambino, negli anni Trenta, ci andava in vacanza. Aveva un vero amore per quel luogo, a cui siamo stati tutti molto legati. Sono tornato ora, è stato bellissimo questo ritorno in Valnure».
Mi racconti cosa fa oggi negli Stati Uniti. L'ultima volta che abbiamo parlato con lei, aveva incontrato Obama, e dirigeva il programma Returnon Investment, che studia l'impatto della spesa sanitaria pubblica. Ma prima, nel 2009, aveva preso parte alla riforma sanitaria del presidente Obama.
«Dirigere un progetto della Casa Bianca è stato importante. Da allora, concluso il progetto, sempre all'interno dell'istituzione, mi sono spostato al Nimh, che è l'istituto che finanzia la ricerca biomedicale nel campo della Neurobiologia e delle malattie mentali. Qui faccio un lavoro che penso in Italia non esista. Dirigo l'ufficio di Science Policy e Comunicazione. Il mio compito è quello di sviluppare ed implementare il piano strategico per la ricerca in questo campo negli Stati Uniti. Lavoro con il Congresso e la Casa Bianca per assicurare che l'agenda scientifica che sviluppiamo al Nimh si inquadri nell'agenda del Presidente Obama e del Congresso e che riceva finanziamenti adeguati. L'esperienza che ho fatto prima in laboratorio, e come direttore di un programma della Casa Bianca dopo, mi sono state molto utili per quello che faccio ora. E' un lavoro meraviglioso, di cui sono stato molto onorato, spero di aver contribuito in qualche modo a far avanzare la ricerca e a migliorare la salute pubblica. Uso il passato, perché da novembre, sono stato chiamato a diventare il direttore esecutivo (CEO) dell'American Society for Cell Biology (ASCB). Una nuova avventura, che mi vede nel mondo del not-for-profit e mi vedrà impegnato nello stesso campo, con gli stessi obiettivi, ma esterno al governo, con il ruolo di promuovere l'agenda scientifica nel settore e tutti i vari stakeholders coinvolti nell'ecosistema dell'innovazione: il governo in primo luogo (andrò all'NIMH per dire cosa vorrei che facessero, sedendomi dall'altra parte del tavolo), le università, l'industria, le altre associazioni not-for-profit. Sarò editore di tre giornali scientifici. Un lavoro molto impegnativo, speriamo di riuscire a contribuire in modo efficace a far progredire la ricerca e a muovere il progresso verso la cura delle malattie e garantire un futuro migliore per la nostra società».
Quali sono le maggiori difficoltà che si trova ad affrontare ogni giorno?
«Se parliamo di difficoltà, non so da dove cominciare. Il volume di lavoro è enorme. Ma la difficoltà più grande, è quella di riuscire a far capire ogni giorno alla stampa, ai politici, alle persone quanto sia importante sostenere gli investimenti in ricerca. La ricerca è il futuro, la ricerca è la speranza di un futuro migliore per miliardi di persone nel mondo. Senza innovazione, il futuro diventa il presente. Ma in periodi di difficoltà economica, sostenere gli investimenti è molto difficile. Ad esempio negli Stati Uniti si parla di tagli del 7-8% al budget del governo federale? Questi tagli saranno applicati anche alla ricerca? Ci stiamo battendo perché non succeda. La settimana scorsa abbiamo organizzato un evento bellissimo in cui abbiamo invitato i politici ed i potenti di Washington ad ascoltare le storie di successo della ricerca e le storie di successo di persone che sono sopravvissute a malattie devastanti proprio grazie alla ricerca».
La sua formazione è quella di ricercatore. Qual è la molla che l'ha spinto a operare in questa area?
«Mi considero ancora un ricercatore, anche se non lavoro più al bancone, e non dirigo più un laboratorio. Ora mi occupo di indirizzare gli altri ricercatori, il campo è quello delle neuroscienze e della salute mentale in generale, cercando di sviluppare un piano strategico per il finanziamento della ricerca che ci aiuti a far avanzare la ricerca nel modo più efficace ed efficiente possibile. L'obiettivo è quello di capire dove possiamo fare la differenza, dove ci sono opportunità per intervenire con progetti che possano far avanzare la conoscenza. Dobbiamo rispondere a due priorità: rispondere ai bisogni della salute pubblica, ma anche assicurare che risorse e progetti speciali siano diretti a quelle aree che sono sì rilevanti per la salute pubblica, ma che abbiano pure opportunità scientifiche».
L'Italia è molta cambiata rispetto a quando lei l'ha lasciata. Cosa direbbe ad un ragazzo che oggi è appena uscito dal liceo e guarda smarrito al suo futuro? Quali strade gli consiglierebbe, quali i passi falsi da evitare?
«Gli direi: cerca di capire dove batte il tuo cuore, che cosa ti entusiasma, che cosa ti appassiona. Cerca di ascoltarti e di ascoltare gli altri. Per fare questo, prenditi tempo per leggere, pensare e viaggiare. Per ascoltare gli altri devi conoscere il mondo. Vuoi essere uno scienziato? Perché non prenderti un anno per andare all'estero e capire come si fa la ricerca? Esplora nuove realtà, cerca di capire come altri pensano, che idee hanno. Cerca sempre di essere insieme a persone con cui ogni giorno imparerai qualcosa di nuovo. Cerca di essere fuori dalla tua "comfort zone", cerca le sfide e le persone che ti sfidano sia da un punto di vista intellettuale che tecnico».
Cosa si porta dentro di Piacenza, della sua infanzia?
«Non ho dubbi, le persone. Piacenza rappresenta le mie radici, la mia famiglia, i miei amici più cari. Uno dei momenti più belli della mia settimana sono le lunghe telefonate con con mia mamma e le mie zie. Mi rilassano, mi piace ascoltare i loro racconti, le notizie che mi danno di loro, di Piacenza. Le radici rimangono e sono forti. Ho anche amici molto cari a Piacenza, in particolare gli amici dell'Azione Cattolica».
A chi dedicherà questo Angil dal Dom?
«Non ho dubbi: alla mia famiglia, e in particolare ai miei bambini».

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