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Giovedì 12 Luglio 2012 - Libertà

Popolizio: «Non seguo le mode per me il teatro è servire il testo»

Il grande attore alla Filo per un seminario: «E ora mi aspetta Ibsen»

piacenza - «Ogni volta che faccio un personaggio mi smonto e mi rimonto. Io vengo dal teatro di regia e di interpretazione. Oggi invece va di moda proporre continuamente se stessi, credo anche con grande noia per chi guarda. Per me il teatro continua a essere un tentativo incessante di risolvere ciò che il testo ti offre». Così Massimo Popolizio, un gigante della scena teatrale italiana, che ha lavorato con registi come Ronconi, Lievi, Castri, Pagliaro, De Bosio, Calenda, Sciaccaluga, Vincent. In questi giorni, alla Società Filodrammatica Piacentina, ha tenuto un seminario per attori dal titolo Il lavoro dell'attore: voce ed espressione, curato nell'ambito della scuola di perfezionamento teatrale della Filo con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano, cui ha preso parte una ventina di giovani.
Popolizio è arrivato a Piacenza dopo aver vissuto l'intensa esperienza del Festival del teatro antico di Siracusa, dove ha interpretato il Prometeo incatenato di Eschilo, per la regia di Claudio Longhi.
Popolizio, al Teatro Greco di Siracusa lei è ormai di casa: è la quinta volta che la scelgono come protagonista delle grandi tragedie greche. Come vive questa esperienza?
«Come sempre, quello che colpisce è la tantissima gente che ti accoglie: 6.500 persone a sera. Un'esperienza sempre sconvolgente. Da una parte la adori, perché è unica al mondo, dall'altra parte ti costringe ad affidarti alla tecnologia, alle amplificazioni. Io amo un teatro dove c'è maggior concentrazione».
In autunno all'Eliseo di Roma, debutta con il «John Gabriel Borkman» di Ibsen, diretto da Maccarinelli.
«E' un colosso. Devo affrontare un mostro, perché le tematiche sono davvero tante: la negazione di un figlio, un rapporto d'amore, per raggiungere una missione nella vita, un sogno che non contempla il rapporto amoroso. E' interessante esprimerlo teatralmente. Stiamo cercando di costruire uno spettacolo potente, perché breve. Stiamo sfrondando il testo di tutte le cose ottocentesche. Vorremmo arrivare ad un atto unico di un'ora e mezza».
Per il seminario alla Filodrammatica, avete lavorato su testi molto diversi: Molière, Harrower, Manganelli. Ci racconti.
«Per la drammaturgia contemporanea, ho proposto Blackbird (che lo scorso hanno ha visto Popolizio come protagonista, diretto dal regista Lluís Pasqual, con una tappa di grande successo anche al Municipale di Piacenza). La violenza del testo lì è tutta nella scrittura. Ho scelto il monologo di lei (una ragazza coinvolta in un amore pedofilo, ndr) nello sconcerto di tutti, perché si tratta di un pezzo doloroso, dove è forte l'immedesimazione. Ci sono stati anche momenti di commozione. Il monologo da Blackbird abbiamo atteso a farlo l'ultimo giorno. Il primo giorno ci siamo concentrati su una scena fra Alceste e Celimene da Molière (Popolizio nella stagione 2010 era stato il protagonista de Il misantropo), cercando di capire come si crea una figura partendo dal testo. Ho scelto anche di proporre dei racconti di Manganelli (dalla raccolta Centuria) per capire come un racconto (narrato in terza persona) possa diventare un racconto in prima persona, facendosi veicolo di emozione».

Donata Meneghelli

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