Venerdì 6 Luglio 2012 - Libertà
Dimore storiche, anche Sgarbi contro nuove imposizioni fiscali
Un convegno dell'associazione nazionale. Parola d'ordine: non si trasformi l'Imu in un acceleratore del degrado di queste case di pregio
«Questa imposizione fiscale sulle dimore storiche è una criminalità». È il critico d'arte Vittorio Sgarbi a sposare una causa che, partita dal sentimento piacentino, è stata condivisa ieri ufficialmente in un ordine del giorno che arriverà sui tavoli nazionali. Dopo il caso di Villa Serena, quello altrettanto dibattuto della pavimentazione di piazza Cavalli e, non ultimo, la cava nei pressi del castello di Rivalta, l'ex sindaco di Salemi si scaglia a difesa del patrimonio di ville, castelli, rocche e fortezze piacentine, sposando a pieno la causa promossa dalla sezione piacentina di "Italia Nostra" e dalla delegazione, ancora da Piacenza, dell'Associazione Dimore Storiche Italiane (Adsi). Quella, cioè, che chiede non si trasformi l'Imu in un «acceleratore del degrado delle dimore storiche» come detto da Domenico Ferrari Cesena, delegato del Fondo Ambientale Italiano (Fai).
Da tempo, infatti, le dimore storiche chiedono di essere viste con occhi nuovi. Gli occhi del turismo, della memoria, da raccontare alle scuole. Dell'investimento, della scuola tutta italiana del restauro. Invece, anche queste dovranno fare da cassa per lo Stato, perché tassate. Grandi superfici, pesanti e continue esigenze di manutenzione, vincoli che ne limitano l'uso e gli utilizzi. E, ora, anche la mazzata dell'Imu, l'Imposta Unica Municipale. Ci sono almeno trecento dimore storiche a Piacenza, cento delle quali di proprietà privata. Molti dei loro "custodi" cominciano seriamente a pensare se non sia il caso di vendere. Anzi, considerato il mercato inclemente, di svendere.
Lungo è l'elenco dei relatori in Fondazione, tra i quali, eccezionalmente, in diretta telefonica, anche lo stesso opinionista ferrarese, Vittorio Sgarbi, intervistati dal direttore di Libertà, Gaetano Rizzuto, e dalla vicecaporedattrice, Paola Romanini. Quello che si chiede è che si richiami l'attenzione delle istituzioni pubbliche sulla "necessità e l'urgenza - si legge nel documento - di una revisione dell'attuale regime fiscale degli edifici storici vincolati di proprietà privata". In sostanza, che non crescano le tasse dopo che, con dieci sentenze della Corte di Cassazione, si era chiarita la portata delle agevolazioni fiscali. Ma le istituzioni faticano a garantire un supporto economico. «Come Anci, abbiamo presentato un emendamento alla legge, chiedendo che si riduca il peso fiscale a carico dei proprietari di dimore storiche - dice il sindaco di Caorso, Fabio Callori -. Non sono arrivate risposte. Noi Comuni non riusciamo a coprire i servizi, sono stati ancora annunciati tagli ulteriori, abbiamo raschiato il barile. Noi, comunque, ci schieriamo al fianco della lotta contro una tassa iniqua». «Ci vuole una presa di coscienza collettiva -precisa il presidente dell'Ordine degli architetti piacentini, Benito Dodi -. Altrimenti, fra quattro o cinque anni prenderemo in mano solo macerie».
«La legge sull'Imu per le dimore storiche è stata comunicata dalla sera alla mattina - aggiunge il conte Orazio Zanardi Landi (Adsi). Il problema sarà gravissimo, se sottovalutato». «I nostri castelli contano 450mila visite all'anno - conclude l'assessore provinciale alla cultura Maurizio Parma -, non possiamo pensare di non creare le condizioni economiche per un recupero futuro di questi beni». Intervenuti Francesco Valenzano, presidente della sezione di Italia Nostra Piacenza, Anna Coccioli Mastroviti per la Soprintendenza, Lanfranco Secco Suardo, associazione Giovanni Secco Suardo, Marco Horak, presidente dell'associazione Palazzi Storici di Piacenza, Giovanni Losavio, magistrato già presidente di Italia Nostra.
Elisa Malacalza