Lunedì 23 Luglio 2012 - Libertà
Bobbio Film Festival L'attrice madrina della kermesse con Pier Giorgio Bellocchio, Magrelli e Piavoli in un gremito cinema "Le Grazie"
In alto: la Finocchiaro con Pier Giorgio Bellocchio, sotto da sinistra con Magrelli e durante il ...
bobbio - Non poteva iniziare meglio la sedicesima edizione del Bobbio Film Festival. Tra poesia e prosa, Terraferma di Emanuele Crialese con Donatella Finocchiaro a fungere da madrina, è un bel biglietto da visita e Pier Giorgio Bellocchio, Enrico Magrelli e Franco Piavoli, l'altra sera, al cinema "Le Grazie" dove ha avuto luogo la proiezione a causa di un'insistente quanto fastidiosa pioggia, hanno sottolineato le prerogative di questa sedicesima edizione che premia i film d'autore, la qualità delle opere, le chicche mai viste perché poco distribuite, insomma il cinema come valore aggiunto, come storia e come cultura di un Paese che rischia di perdersi. Tra i presenti i presidenti della Fondazione e della camera di Commercio Giacomo Marazzi e Giuseppe Parenti, il sindaco e l'assessore alla Cultura di Bobbio Marco Rossi e Roberto Pasquali e l'assessore alla Cultura del Comune di Piacenza, Tiziana Albasi.
E Terraferma (con Donatella Finocchiaro come madrina) s'inserisce in questa direzione: è un film che fa riflettere e che lascia l'amaro in bocca. Un'opera che mette a nudo le difficoltà di chi non ha nulla da perdere e rischia la vita pur di sbarcare in Italia. A Linosa, isola siciliana abitata da pescatori, rimasta intatta e poco battuta dal turismo, i comportamenti e la mentalità degli isolani sta cominciando a cambiare, anche a causa dei continui sbarchi di clandestini. E' qui che si svolgono le vicende della famiglia Pucillo, in cui a dettare le regole è un vecchio di grande autorità, che si intrecciano con quelle di Sara e una donna che arriva dall'Africa insieme al figlio Ernesto di nove anni. Il tema del film è scottante e importante, di quelli che inevitabilmente dividono e fanno discutere: «Il mio personaggio - ha detto - racchiude il conflitto interiore di chi vive a Linosa: da una parte la voglia di accogliere gli immigrati, dall'altra la sensazione di essere invasi e minacciati. Una situazione sicuramente difficile e non giudicabile, soprattutto da parte di chi non conosce quella realtà. Quei mesi a Linosa a contatto con la gente del posto, hanno dato la possibilità a noi attori di vivere una realtà diversa dalle solite, di essere parte di un mondo spesso a parte».
Molto impegno, il tentativo di racchiudere più drammi: quello degli immigrati da un lato e quello dei pescatori dall'altro. Esistenze comunque segnate dalle difficoltà e dal male di vivere. Sconvolge e incanta il volto di Timnit che emerge dal buio. Nero come il nero che lo avvolge. Eppure vivido, luminoso, abbagliante. Il suo grazie è poco più che un sussurro perché lei non è attrice vera, ma interprete di se stessa, sopravvissuta a uno sbarco clandestino dove sono morti in settanta. In tutto ciò qualche bisbiglio, un po' di Malavoglia e la foto sul manifesto, che è poi la sequenza più reclamizzata in tv, che tutti abbiamo visto: "Maracaibo / balla al Barracuda / sì ma balla nuda / zà zà…". Una barchetta in mezzo al mare, una folla di gente che si butta in acqua contemporaneamente, a formare un'immagine suggestiva che non dimentichi.
Terraferma è un film corale, la minuscola isola è arsa dal sole e toccata da una pietas che si vorrebbe intensa, emotiva, slegata dalla cronaca e gli interpreti, specialmente i "siculi" Donatella Finocchiaro (di cui abbiamo riportato ieri un ampio servizio sulle sue ulteriori considerazioni relative al film), Filippo Pucillo, Mimmo Cuticchio e Giuseppe Fiorello, offrono un timbro veritiero nell'uso del dialetto. Ed è esemplare il contrasto tra il vecchio Ernesto che appare un gigante, un personaggio epico rispetto al figlio travolto dalla bramosia del guadagno facile, dal bisogno di guadagnare. E poi gli immigrati, che giungono a riva come cavallette. Il mare è fatto di storie e allora Terraferma dà un significato alle storie personali e prova a inserirle in un contesto corale, ma chiudere il cerchio è difficile. Anche a Linosa ogni giorno si consumano tragedie, così come a Lampedusa e in tante città in cui s'invoca alla sicurezza e al presidio dei territori. Ciò detto Crialese ha in mente il mito più che la storia. Gli bastano i gesti e l'assoluta priorità alle immagini. Ergo, è vero cinema.
Mauro Molinaroli