Domenica 24 Giugno 2012 - Libertà
Piacentini alla guerra, successo per la mostra
Tanto pubblico tra cui studenti, dalle elementari alle università, all'Archivio di Stato
piacenza - Quasi mille gli studenti, dagli alunni della quarta elementare di Agazzano agli universitari della sede piacentina del Politecnico di Milano, cui vanno sommati i visitatori privati: i numeri della mostra Ragazzi. Piacentini alla guerra del '15-'18, che si è tenuta all'Archivio di Stato, dimostrano quanto sia stato centrato l'obiettivo di porsi come un'esposizione specificatamente a carattere didattico, ma aperta alla cittadinanza, salutata da un'elevata partecipazione.
Frutto di laboratori condotti con le scuole negli ultimi quattro anni e del coinvolgimento di tanti prestatori che avevano raccolto l'appello lanciato dalle pagine di "Libertà", l'esposizione curata da Anna Riva si è congedata, lasciando però a disposizione delle classi un utile catalogo-quaderno grazie al quale ripercorrere i temi della mostra, ritrovare i cimeli attraverso cui è stato ricostruito il clima del periodo, con l'aggiunta della bibliografia e di esercizi per fissare meglio quanto appreso con tanto di soluzioni alla fine del testo. Il volume, pubblicato da Tipleco e stampato con il contributo del Comune di Piacenza, della Fondazione di Piacenza e Vigevano, della ditta Gaetano Gregori e di Edilerica, potrà dunque essere proficuamente utilizzato anche in futuro, consentendo agli studenti sia di inquadrare il contesto storico generale, ma soprattutto di mettere a fuoco la realtà locale, frutto di ricerche inedite condotte per l'occasione e sulle quali gli allievi sono invitati a proseguire con ulteriori approfondimenti.
Vengono infatti prese in esame la guerra raccontata sulla stampa dell'epoca e le forme di propaganda escogitate per quello che doveva essere un conflitto lampo e invece durò cinque lunghissimi anni, stremando una popolazione in gran parte ostile fin dal 1915. Cartoline «con motivi patriottici», opuscoli e volantini «per spiegare le ragioni della guerra», manifesti «con immagini di donne indifese e di soldati che facevano fronte al nemico» furono diffusi capillarmente. Un confronto tra le fotografie "ufficiali" e quelle non passate al vaglio della censura evidenzia la discrepanza nel presentare la stessa situazione. Nelle prime non venivano rappresentati le distruzioni, i morti, la disperazione, le meste colonne di prigionieri, la lotta quotidiana dei soldati con i pidocchi. Ufficialmente la selezione avveniva per non fornire notizie sensibili al nemico: «Di fatto si nascondeva tutto ciò che avrebbe potuto sconvolgere i civili per non rischiare lo sviluppo del dissenso».
Il coinvolgimento della popolazione fu totale, donne e bambini compresi. Il loro ruolo è oggetto di specifici capitoli. Erano giovanissimi anche gli ultimi chiamati sotto le armi, appartenenti alla classe 1900, di cui si è occupato Maurizio Rossi, analizzando i fogli matricolari, mentre Gian Paolo Bulla affronta la mobilitazione generale piacentina, Massimo Moreni l'apporto dei pontieri «dalle rive del Po alle rive dell'Isonzo» e Barbara Spazzapan il dramma dimenticato degli "scemi di guerra", ossia il destino di coloro che subirono traumi psichici dal conflitto.
a. a.