Martedì 8 Giugno 2004 - Libertà
La piccola imprenditoria e lo sviluppo della provincia
Tribuna elettorale
La crisi economica che sta colpendo il nostro Paese è di carattere strutturale: è indispensabile la qualificazione e l'aggiornamento tecnico e professionale dell'imprenditore
Occorrono politiche che siano in grado di non ostacolare chi vuole crescere di dimensione ma non bisogna legare a questo evento le aspettative di sviluppo del territorio
Un po' per passione, un po' per lavoro sto seguendo con attenzione il dibattito elettorale ed i forum pubblicati da "Libertà", in particolare sugli argomenti che riguardano lo sviluppo economico. Mi pare che nelle opinioni finora esposte sia abbastanza presente la convinzione che dal rilancio dello sviluppo economico occorra partire per creare ricchezza e quindi a caduta risolvere gli altri problemi, occupazione, servizi, welfare.
E' rimasto però, a mio avviso, in ombra finora il ruolo che deve giocare la piccola imprenditoria locale e l'artigianato. Vorrei fornire qualche spunto di riflessione partendo innanzi tutto da alcuni significativi dati.
Nel 2003 su 27.497 imprese attive 26.700 pari al 95% sono ricomprese nelle classi da 1 a 15 addetti. Di queste 8708 sono imprese artigiane e hanno un numero di addetti medio pari 2, 64. (Fonte: rapporto 2003 della CCIAA e Istituto Tagliacarne). Appare quindi del tutto ozioso e fuorviante il dibattito circa il "nanismo" della imprenditoria locale che peraltro e in linea con quella italiana. Molto più utile e concreto è prendere atto di questo dato di realtà e sviluppare politiche che siano in grado da un lato, di non ostacolare chi vuole crescere come dimensione e dall'altro, non legare esclusivamente a questo evento le aspettative di crescita e sviluppo di un territorio. Facciamo nostra l'affermazione enunciata nella recente Giornata dell'Economia (10 maggio 2004) che diceva:
"Non è necessario che le imprese considerate singolarmente diventino più grandi, siano export-oriented e centri di ricerca e sviluppo, fondamentale è che la rete vada in questa direzione"
E' nostra opinione che il rilancio della competitività del nostro sistema economico territoriale, partendo da una lettura corretta della sua reale struttura, passi attraverso la capacità di creare queste reti e di potenziare quelle esistenti. Rete intesa come forma di intervento collaborativo che consente di ottenere un valore aggiunto per la propria impresa, non perseguibile individualmente; rete che serve ad organizzare al meglio le competenze delle diverse aziende e a metterne in comune il know- how, rete che consente di raggiungere quella massa critica alle imprese per accedere alla ricerca e sviluppare innovazione.
L'impresa italiana è la piccola impresa; l'impresa piacentina non solo non si differenzia da questo dato, ma anzi lo esalta. In questo scenario l'artigianato rappresenta in modo armonico la cultura delle differenze, ponendo il fattore lavoro come elemento di aggregazione sociale. L'impresa diffusa è radicata sul territorio e lo caratterizza, ne indirizza esigenze e desideri, influenza gli obiettivi anche di carattere sociale; in più, è un punto di aggregazione e di costruzione del senso di appartenenza. Riteniamo molto importante che i futuri amministratori pubblici riconoscano e condividano questi valori, e si impegnino a proporre e gestire il rapporto tra i cittadini e il sistema delle imprese in tutte le sue articolazioni, che sia davvero fondato sul reciproco riconoscimento di valore.
E' interesse di tutti che siano sconfitti atteggiamenti e azioni alimentate da più parti, che tendono ad identificare il sistema delle imprese come una sorta di antagonista e di nemico della qualità della vita. Occorre essere consapevoli che ogni intervento comporta comunque una qualche forma di impatto ambientale e, che esso, va gestito attraverso una reciproca assunzione di responsabilità e la ricerca del massimo livello possibile di sostenibilità e accettabilità consentito dal progresso scientifico e tecnologico.
L'impresa non è il nemico: è un protagonista, assieme agli altri, dello sviluppo di un territorio. Porta valore aggiunto, ricchezza e occupazione. Quindi se è corretto che in un'ipotesi di sviluppo si cerchi di attrarre nuove imprese dall'esterno, l'altro obiettivo non meno importante è di valorizzare il tessuto economico esistente. Si innesca, infatti, un circolo virtuoso, perseguendo entrambi gli obiettivi: quanto più le nostre imprese sono innovative e all'altezza dei tempi tanto più il territorio diventa dinamico ed economicamente attraente anche per imprese esterne e di dimensioni e struttura diverse che vogliono insediarsi.
Il nostro tessuto economico, lo abbiamo documentato, è costituito da micro-imprese e piccole imprese: la figura centrale di questo tessuto è quindi l'imprenditore, assieme alle risorse umane che esso mette in campo. La crisi economica che sta colpendo il nostro paese è di carattere strutturale: affrontarla significa affrontare il problema irrisolto dell'innovazione, che dipende strettamente dal patrimonio di conoscenze e competenze aggiornate che le imprese possiedono. Diventa decisiva, in questo senso, la figura dell'imprenditore: sono la sua qualificazione e la sua capacità di aggiornamento tecnico e professionale, a poter dare la spinta all'innovazione e al rinnovamento della capacità produttiva dell'azienda.
Quando si parla di formazione, quindi, occorre non essere asimmetrici e pensare solo al lavoro dipendente. Bisogna impegnare altrettante risorse per elevare la qualità manageriale dei nostri imprenditori. Risorse che devono essere previste oltre che dalla pubblica amministrazione dalla CCIAA e dalla Fondazione. Investire sugli imprenditori piacentini, sul loro livello di conoscenze e competenze, non significa soltanto mantenere in vita un certo numero di imprese, risultato già di per sé non secondario; significa anche far emergere il bisogno di managerialità di molte imprese, i problemi legati alla loro crescita, le difficoltà a tenere il passo con un mercato in continua evoluzione, la necessità di inserimento di personale qualificato in azienda.
L'investimento in formazione è un primo passo; un secondo passo - che la formazione agevola certamente - è di investire per favorire le diverse forme di aggregazione fra imprese. Una delle risposte che la Pubblica Amministrazione può dare è quella di politiche pubbliche che promuovano l'aggregazione delle imprese a minor dimensione. Evitando gli interventi a pioggia, stimolando e premiando progetti presentati da aggregazioni di impresa, favorendo l'attuazione di forme di collaborazione fra pubblico e privato in particolare nel settore dei servizi.
Per lo sviluppo della piccola impresa, inoltre è decisiva un'amministrazione pubblica amica, efficiente, che riduca al minimo i costi, danaro e tempo, per gli adempimenti burocratici attraverso un'opera di continua semplificazione degli stessi, oggi resi possibili dall'informatica.
Cosi come, nella sua veste di committente di lavori e di servizi, la pubblica amministrazione deve proporsi tutte le azioni e le iniziative che pongano l'imprenditoria locale nelle condizioni migliori, per poter gareggiare e acquisire le diverse commesse, contribuendo anche in questo modo alla loro crescita. Se, come abbiamo cercato di argomentare, è l'investimento sulla imprenditoria locale una delle priorità decisive per garantire prosperità e sviluppo alla nostra economia, è altrettanto vero che l'impresa diffusa ha un limite: parla con molte voci e ridurre a sintesi queste voci non è semplice.
Decisivo è in questo caso il ruolo che le Amministrazioni locali intendono riconoscere a quei corpi intermedi che sono le Associazioni delle imprese.
Un ruolo che presuppone la formalizzazione istituzionale del metodo della concertazione, che è cosa diversa dalla consultazione, spesso attuata a posteriori per ricercare il consenso rispetto a decisioni già assunte o a linee progettuali già definite. La concertazione non è sottrazione di potere all'Ente locale e agli organi elettivi. Il Patto per Piacenza, a nostro avviso, è stato un momento molto importante e significativo, del quale non va disperso lo spirito originario che era quello di individuare una strategia di sviluppo condivisa, scegliere le priorità e su quelle impegnare congiuntamente risorse pubbliche e private.
La concertazione permette un'assunzione di responsabilità di tutti i soggetti in questo senso, inoltre permette di far emergere in modo trasparente quelli che sono gli interessi di parte e di gestirli in modo più corretto per gli stessi cittadini. E' insomma il presupposto indispensabile per fare squadra, per far sì che il "calabrone" continui a volare.
Direttore CNA di Piacenza