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Venerdì 24 Agosto 2012 - Libertà

In Bolivia a tremila metri con i discendenti dei Chulpas

Tre settimane di turismo responsabile con il progetto promosso dal Comune di Piacenza e dalle onlus che operano nel Sud del mondo

Sono stati cinque i piacentini che dal 19 luglio al 6 agosto sono partiti alla volta della Bolivia, nell'ambito della quarta edizione del progetto Kamlalaf promosso dal Comune di Piacenza in collaborazione con Gruppo Kamenge, ProgettoMondo Mlal, Libera Piacenza, La Pecora Nera, Africa Mission, Piccolo Mondo e Svep Piacenza, con il sostegno economico di Fondazione di Piacenza e Vigevano, Mori Legnami, Bilanciai Associati e Tecnoborgo: su questa esperienza guidata dalla referente piacentina di ProgettoMondo Mlal Danila Pancotti, Federico Maccagni, Emanuele Mazzocchi, Alberto Rossi, Cecilia Tirelli e Giulia Antozzi hanno scritto un diario di viaggio che pubblichiamo integralmente insieme alla testimonianza di Alberto Rossi.

- «La Paz ci ha accolto in tarda serata, dopo un giorno di viaggio, togliendoci il respiro sia per la sua bellezza notturna sia per la temuta altitudine. Nemmeno il tempo di abituarci al caos e allo smog, che subito il nostro tour ci ha imposto un lungo viaggio sul tipico mezzo boliviano, il bus cama. La nostra prima meta è stata la città di Cochabamba. Guidati dall'ex volontaria di ProgettoMondo Mlal, la piacentina Danila Pancotti, i cooperanti e i ragazzi del servizio civile internazionale della stessa Organizzazione, abbiamo visitato la sede di un'associazione boliviana di piccoli produttori locali di trigo (grano), permettendo loro di accedere al mercato con prodotti finiti, meno soggetti alle oscillazioni di prezzo della materia prima.
Il viaggio è proseguito a Villa Tunari, dove all'interno del parco nazionale Carrasco abbiamo ammirato alcune rare specie presenti solo in Bolivia, come i pipistrelli-vampiri. L'organizzazione del parco è stata per noi il primo esempio di turismo responsabile portato avanti con il Progetto "Bienvenidos! " di PM M con l'appoggio della rete locale Tusoco, il nostro tour operator di riferimento: organigramma e direttivo sono formati da rappresentanti di varie comunità che scelgono il turismo come strumento complementare alle normali attività economiche. Proventi e guadagni vengono ripartiti interamente tra i comunitari a favore di uno sviluppo sostenibile.
Abbiamo poi vissuto un'esperienza molto intensa a più di 3mila metri, lontano dalla frenesia cittadina, in due comunità isolate la cui economia, basata prettamente sulla coltivazione della quinua e l'allevamento dei lama, si è recentemente arricchita proprio attraverso il turismo. Nonostante la loro poca esperienza nel settore, quello che ci ha colpito degli abitanti è stata l'accoglienza, il calore umano, la disponibilità nel raccontarci le loro tradizioni, l'organizzazione interna (da cui potremmo prendere ottimi spunti) e la loro storia.
Con loro siamo stati nei luoghi dei Chulpas, civiltà preincaica autoctona, che i comunitari chiamano in castigliano "padres", facendo riferimento al legame ancestrale che tuttora li lega soprattutto a livello spirituale. Le escursioni ci hanno dato la possibilità di ammirare paesaggi splendidi, indimenticabili. Impossibile non citare, tra i tanti, Il Salar di Uyuni, uno sconfinato deserto di sale che la nostra guida Don Florencio ha esaltato come la prima meraviglia del mondo.
Dopo tre giorni vissuti quasi da eremiti, siamo tornati nella caotica La Paz pronti a conoscere un progetto completamente diverso da quelli precedenti: Qalauma, prima struttura in Bolivia - creata da PM Mlal con l'aiuto di altre organizzazioni internazionali - completamente dedicata al recupero dei giovani detenuti tra i 16 e i 21 anni, cui si propone di dare una formazione per il loro futuro lavorativo grazie a un progetto educativo personalizzato che coinvolge la famiglia e la comunità. Al suo interno sono stati realizzati diversi laboratori, tra cui un piccolo panificio, una carpenteria e una sartoria. Abbiamo anche preso parte al laboratorio di teatro, dove i ragazzi ci hanno stupito per la loro volontà di reinserirsi nella società. Abbiamo avuto la possibilità di incontrare i cooperanti e i giovani del servizio civile che hanno illustrato i programmi in corso di ProgettoMondo Mlal in territorio boliviano, dandoci anche una panoramica generale sulla politica, l'economia e la società del Paese. E l'indomani si riparte, alla volta di Apolobamba, toccando i 4650 metri di altitudine…».
(Federico, Emanuele, Alberto,
Cecilia, Giulia)

- «Mi trovo solo nella fredda stanza del nostro hostal in quel di La Paz, con il volto tra le mani, le lacrime agli occhi, i brividi lungo la schiena. L'incontro con Riccardo Giavarini, cooperante di ProgettoMondo Mlal premiato per il suo impegno dal presidente Napolitano nel 2011, da circa trent'anni in territorio sudamericano, ha scosso profondamente l'intimità del gruppo. In una sala gelida e poco illuminata, Riccardo ci narra la sua esperienza in terra boliviana, le difficoltà, le scelte e le piccole soddisfazioni che scaldano il cuore e ti fanno andare avanti, insieme a un'incrollabile fede religiosa. Nonostante i tanti anni trascorsi in questo contraddittorio Paese, anche lui piange quando il suo racconto si sofferma sulle ragazzine di El Alto (periferia di La Paz), costrette a prostituirsi per portare a casa qualche moneta soddisfacendo gli istinti animali di auctotoni o gringos, dove la polizia non interviene per porre fine all'efferata situazione, ma anzi alimenta il giro cercando di guadagnarci su, così, per arrotondare il magro stipendio. Sono lacrime di rabbia, impotenza, dolore; sono lacrime di uomo che come tanti altri nel suo settore non ha mai giorni di riposo, non ha molto tempo da dedicare alla famiglia, non ha ore per staccare la spina e isolarsi; sempre tra gli sconfitti, tra gli esclusi di una già povera e ostile società. Anche oggi finirà di lavorare a notte inoltrata.
Sempre all'interno di una stanza fredda (le basse temperature sono una costante insuperabile), Aurelio e Vanni tirano le somme del nostro viaggio. Aurelio Danna è coordinatore Paese e figura di riferimento del progetto Qutapiquina, mentre il nostro Vanni, è "casco bianco". Selezionato per partecipare al servizio civile internazionale, ha poi deciso di impegnarsi per i lavori del ProgettoMondo Mlal in Bolivia. Entrambi si sono presi la briga di organizzare e seguire passo dopo passo la nostra permanenza qui. "Siete stati bravi" ci dicono. Il gruppo si è davvero comportato nei migliore dei modi, tra viaggi lunghi, scomodi imprevisti e il freddo dell'inverno boliviano. Ma loro si riferiscono all'attenzione rivolta alle storie che abbiamo avuto il privilegio di incontrare e ai progetti, tutti ideati e scritti da PM Mlal, sottoposti al controllo dei finanziatori: quelli da noi osservati sono stati approvati dall'Unione Europea, verificati in tutti gli obiettivi.
La discussione si sofferma soprattutto sull'ultima settimana, divisa tra Cordigliera di Apolobamba e Lago Titicaca. Due spazi, due territori completamente diversi che anche temporalmente sembrano lontanissimi. Mai al di sotto dei 4800 metri, la regione andina da noi esplorata è zona di minatori e di frontiere, di contrabbando e di assalti, di lotta e di contesa tra Bolivia e Perù. Piccole comunità abitano questi sconfinati luoghi, dove il cielo sembra sempre più vicino. Da queste parti, PM Mlal ha avviato un progetto innovativo, con il sostegno dell'Ue, che unisce alla tutela del territorio la possibilità di avviare un'attività economica sostenibile, basata sulla produzione di fibra di vigogna e alpaca. Un lavoro meticoloso, difficile, che non tutti sanno fare. Le comunità della zona si contendono l'entrata nel progetto, ma la selezione è ardua. Il tutto è partito da soli sei mesi, l'equipe di Aurelio, insieme ai compagni locali, hanno ancora molta strada da percorrere. In un futuro magari non troppo lontano si pensa a un centro polifunzionale, non solo di raccolta della fibra "eschilata" (termine castigliano per indicare la tosatura dei camelidi), ma anche di realizzazione di prodotti finiti, ora venduti solamente nelle singole e sperdute comunità. Dimenticavo: tra un acquisto e l'altro di bellissime mantelle e sciarpe lavorate rigorosamente a mano, abbiamo raggiunto i 5.030 metri d'altitudine.
Ore 6.30 del mattino. Il sole spunta e con una luce pura che non ricordavo nemmeno più, inonda il lago Titicaca e le vette della cordigliera in lontananza. La splendida visione ripaga della fatica del percorso compiuto per arrivare a questo grande bacino chiuso, il più alto del mondo a quasi 4000 metri. Vanni ride nel ricordare la seconda ruota bucata dopo il Salar, la benzina che forse c'è ma è più probabile che non ci sia, la dubbia sicurezza di piccole barchette stipate di turisti che portano all'Isla del Sol, al centro del lago, la fatica di noi viaggiatori (no, non siamo stati normali turisti!) che alla fine della giornata andiamo a letto alle 21 spaccate, distrutti da camminate per noi fino a quel momento impensabili.
Tutto è concentrato nella personalità e nel volto di don Esteban, la nostra guida. Nella sua comunità (ce ne sono tre sull'isola), i turisti sono visti con diffidenza, se non con ostilità: arrivano, si accampano gratuitamente, lasciano rifiuti, non aiutano la gente del posto e immediatamente ripartono, stretti dai tempi dettati da agenzie di viaggio estere che propongono visite lampo, senza approfondire alcunché di questo mistico e sacro luogo andino. Questo, ci spiega il professor Esteban, ha lacerato le comunità, le ha divise; due hanno sposato il turismo dei grandi numeri, mentre la nostra guida sta portando avanti con PM Mlal un faticoso percorso di accettazione di un modo diverso di fare turismo, rispettoso dei costumi e delle abitudini, in cui il visitatore si prenda il tempo necessario per conoscere, in cui ci si veste adeguatamente data la sacralità del luogo e si offre parte del proprio soggiorno per dare una mano agli abitanti in attività fondamentali come la pesca e l'agricoltura. Esteban ci ammalia con le parole, le sue storie, le fatiche e in lui troviamo sincera essenzialità, amore per la comunità e tutta la bellezza dell'Isla del Sol.
La stanza è sempre fredda, riemergono ricordi e visioni vissute da poco, ma che sembrano molto indietro nella linea del tempo. La discussione prosegue e vorremmo non finisse. Ci attendiamo una sorpresa, magari il dono di altri giorni nella terra del Presidente Evo perché c'è ancora troppo da vedere e da scoprire. Non è così. Arrivederci Bolivia, non adios».
(Alberto Rossi)

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