Venerdì 24 Agosto 2012 - Libertà
Solidarietà per la Bosnia La chiave del futuro
di DONATA MENEGHELLI
«Ci vuole un'idea. Poi si trovano gambe per farla camminare e braccia per realizzarla». Così Sandro Loschi parla ai giovani piacentini che lo hanno seguito in Bosnia in questo agosto 2012. Anche vent'anni fa Loschi, da segretario della Cisl, raccoglieva attorno a sé tanti giovani: li portò con sé nei campi profughi della ex Jugoslavia ferita dalla guerra (1992-95). I primi viaggi umanitari iniziarono a conflitto non ancora finito. Per dare concretezza alle idee si costituì l'associazione Fiorenzuola oltre i confini (Foic) che ancor oggi - sotto la guida del presidente Luigi Danesi - è attivissima su diversi fronti umanitari.
Quest'anno Foic, insieme alla Caritas della Diocesi di Piacenza, ha organizzato un viaggio in Bosnia per riscoprire i frutti di quel lavoro, per aiutare la Bosnia ad andare oltre la guerra. «Verso un futuro di normalità» come sottolinea Danesi. Hanno risposto all'appello 23 giovani che, insieme ad una decina di adulti, dal 7 al 13 agosto hanno scelto di alloggiare non in albergo bensì all'orfanotrofio di Zenica, città gemellata con Fiorenzuola.
I giovani - di Fiorenzuola, Carpaneto, Cortemaggiore, Piacenza, San Nicolò - hanno vissuto negli stessi appartamenti delle piccole case-famiglia dell'orfanotrofio Dom Porodica, insieme ai 120 bambini ospiti. Ci sono i neonati di pochi mesi di vita, fino a coloro che hanno raggiunto la maggiore età. Gli orfani di guerra cresciuti qui, oggi maggiorenni, hanno davanti la difficoltà di trovare un lavoro in un paese dove la disoccupazione è altissima. Ce lo spiegano il direttore del Dom Porodica, Branko Dilber, insieme all'assistente sociale Nissa e alla psicologa Alma.
C'è chi il futuro lo sta già costruendo. Mohammed, ad esempio, 20 anni passati al Dom Porodica, studia legge all'università e coltiva la passione da stilista nel laboratorio di sartoria che si è ricavato nell'orfanotrofio. Altri ragazzi stanno imparando la professione di fornaio, nel panificio regalato alla struttura da Foic che qui, insieme alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, ha realizzato anche una palestra.
Vent'anni fa Foic partì a lavorare con i giovani e per i giovani. E oggi sono di nuovo i giovani a dare linfa vitale all'associazione. La continuità è il valore speciale di questa solidarietà. «Nel '95 le associazioni che ci aiutavano erano decine e decine. Ora sono rimaste pochissime. Ma dopo 17 anni, Foic c'è ancora», testimonia Branko, il direttore dell'orfanotrofio.
Hanno tenuto duro anche i giovani della Diocesi di Parma: li incontriamo a Zenica. Pietro Delcanale e Giacomo Caligaris, 23 e 24 anni, vennero in Bosnia la prima volta che ancora non erano maggiorenni, con l'Azione Cattolica. Ora sono loro a organizzare viaggi, portando con sé volontari ancor più giovani e con la stessa voglia di fare.
Anche i ragazzi piacentini hanno voglia di fare e progetti per il futuro: ad esempio quello lanciato da Loschi per promuovere l'agricoltura nel circondario di Zenica (nella delegazione presente l'agronomo Simone Segalini). O di creare campi di animazione estivi per i bambini dell'orfanotrofio. Si tratterà di lavorare insieme ai servizi sociali del posto.
Il segno più bello del viaggio è infatti che la solidarietà qui non è più portata solo ‘dall'esterno', ma fiorisce dentro alla comunità di Zenica. Ne è un esempio l'associazione di insegnanti Sezam che opera per promuovere la cultura della pace e combattere le divisioni etniche. I volontari iniziarono nel '95 con i bimbi dei rifugiati (a Zenica se ne contavano 55 mila, divisi in 22 centri); oggi operano in particolare nelle scuole di confine, dove le divisioni etniche sono ancora ‘esplosive'. Emir e Venira, i due insegnanti che incontriamo, propongono ai giovani piacentini alcuni laboratori di quelli che realizzano nelle scuole, lavorando sull'autostima, la consapevolezza della propria identità, la capacità di costruire un'identità mai escludente.
A testimoniare la crescita del tessuto sociale e solidale della Bosnia, c'è poi lo sviluppo del centro anziani Rhuama, che porta nel nome le iniziali dei suoi fondatori: i coniugi Rudic Hatidza e Salem. Durante la guerra decisero di restare in Bosnia, anche se avrebbero potuto fuggire in Svizzera. Organizzarono una rete di solidarietà aiutati da giovani dai 12 ai 22 anni; durante i bombardamenti aiutavano gli anziani rimasti isolati nelle loro case, che rischiavano di morire di fame o di incuria.
Arrivarono a coprire oltre cento anziani, distribuiti su più condomini. Da allora ne hanno aiutati 21 mila, con il sostegno di 12 medici e un centinaio di volontari. Nel 2007 l'associazione Rhuama ha aperto un centro socio sanitario per anziani, che vive degli aiuti della comunità internazionale e della generosità delle donazioni. Tra queste, la donazione di letti attrezzati arrivati dall'ospedale San Camillo di Cremona, rappresentato durante il viaggio dal primario di riabilitazione Alberto Consolandi. «Se fate qualcosa di buono - ci dice Hatidza - vi tornerà indietro». «In lingua bosniaca questa restituzione si chiama ‘nafaka'» chiarisce la nostra interprete Dzenana Mustafic. «Immaginate, osate, se credete in Dio, lui vi indirizzerà»: sono le parole con cui Hatidza ci congeda. E in tutti noi, l'eco di quelle parole ora risuona.