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Lunedì 21 Maggio 2012 - Libertà

Villa San Raimondo, la ricerca di armonia

Il Fai ha guidato i visitatori alla scoperta del parco della dimora di Pittolo

piacenza - Nonostante il tempo incerto numerosi visitatori hanno preso parte alla manifestazione "Giardini aperti", appuntamento fisso del mese di maggio, organizzato dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano e dal Fai (Fondo ambiente italiano) per evidenziare l'importanza di quel delicato, ma fondamentale da preservare alla future generazioni, patrimonio culturale costituito dai giardini di ville e castelli.
Quest'anno la scelta è caduta su una dimora settecentesca non lontana dalla città, Villa San Raimondo a Pittolo, legata almeno fin dal Settecento alla nobile famiglia Fioruzzi, pionieri nello sviluppo agricolo del nostro territorio e tuttora proprietari del complesso. A illustrare la storia dell'edificio e le peculiarità botaniche del parco si sono alternati Letizia Anelli, Amerigo Filippi, Andrea Albasi e Francesca Leonardi. Nel pomeriggio, l'offerta si è arricchita con l'esposizione di auto d'epoca, a cura di Cpae e Gmt, mentre Paolo Lanati, ex progettista di motori per Alfa Romeo, si è soffermato sulle caratteristiche dei vari modelli.
Cuore dell'iniziativa è stata comunque l'area verde, il cui aspetto coincide fondamentalmente con il disegno ottocentesco del vivaista Luigi Ghezzi, incentrato sulla grande aiuola a prato. «L'idea che ha guidato il progettista è stata la ricerca di armonia e di continuità con la campagna coltivata circostante che entra nel giardino. Infatti - ha sottolineato Filippi - troviamo le specie autoctone lungo il confine esterno e le esotiche nella zona più interna, così da essere nascoste alla vista di chi transita sulla strada». Filippi ha poi rimarcato la valenza delle siepi, che un tempo segnavano il paesaggio agrario: «Qui sono sopravvissute e costituiscono una sorta di oasi per mammiferi, uccelli e insetti. Ricostituirle anche altrove conferirebbe un valore ecologico, paesaggistico e, a lunga scadenza, economico, a favore dunque di un'agricoltura più basata sulla qualità che su modelli di sfruttamento industriale».
Tra gli alberi più imponenti, un platano capace di fornire alla facciata della villa una protezione dai raggi solari nei mesi estivi e di lasciare filtrare la luce d'inverno, essendo caducifoglie. Molto amata dai giardinieri di Sette-Ottocento la magnolia, in questo caso moltiplicata a formare un boschetto, dal fogliame scuro. Il parco di Villa Fioruzzi tiene evidentemente conto del fattore cromatico per allestire accostamenti esteticamente gradevoli, con i calibrati contrasti tra la luminosità del prato e le macchie ombrose dei tassi («tornati ora in auge come siepi e alberelli») e delle stesse magnolie.
Tra le piante introdotte da Ghezzi e poco comuni all'epoca, spiccano il pino dell'Himalaya (di colore glauco), l'abete greco («dalla forma fastigiata»), il libocedro («dal fogliame squamato e profumato»). Di impianto recente è invece la quercia rossa, accanto alla quale ha fatto capolino uno scoiattolo rosso, «oggi messo a rischio - ha richiamato Filippi - dall'arrivo dello scoiattolo nero americano, più aggressivo e rustico. Analogamente la quercia rossa americana si sta rivelando invasiva, un po' come in passato l'acacia e senza avere la funzione migliorativa di quest'ultima. La quercia rossa sta in generale minando la farnia e l'olmo autoctoni, favorita dal fatto di avere meno bisogno di acqua, in un periodo in cui, oltre al problema del riscaldamento climatico, si assiste all'abbassarsi della falda, a causa dell'uso agricolo e industriale». Ha buone capacità di adattamento il bagolaro, presente a Pittolo in quattro esemplari: «Cresce bene dove altri alberi non potrebbero vivere e inoltre aiuta ad abbattere gli inquinanti atmosferici».

Anna Anselmi

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