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Mercoledì 23 Maggio 2012 - Libertà

Ne "Gli indifferenti" di Alberto Moravia la nuova stagione del realismo anni Venti

piacenza - Alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, nel secondo incontro del ciclo "Raccontare la realtà. Il realismo nella letteratura", Salvatore Mortilla ha affrontato Gli indifferenti di Alberto Moravia, romanzo uscito nel 1929 e scelto come esemplificativo della nuova stagione del realismo degli anni Venti-Trenta, rappresentata anche da Gente in Aspromonte (1930) di Corrado Alvaro, Fontamara (1933) di Ignazio Silone o Tre operai (1934) di Carlo Bernari, ambientati rispettivamente sulle montagne dei pastori calabresi, in un arretrato paese contadino abruzzese e in una famiglia di lavoratori tra Napoli e Taranto.
E' invece la ricca borghesia della capitale a essere ritratta ne Gli indifferenti, sul quale Mortilla ha spiegato di essersi soffermato in quanto «primo momento in cui nel Novecento italiano si può parlare di realismo». Il libro è stato trasposto al cinema da Francesco Maselli nel 1964, con il protagonista Michele interpretato da Tomas Milian e la conturbante sorella Carla da Claudia Cardinale, in un adattamento più interessato ai risvolti psicologici che al contesto storico-politico della vicenda. Michele è un testimone passivo, nei confronti dello sfacelo che sta travolgendo la sua famiglia, dove la madre Mariagrazia viene cinicamente sfruttata dall'amate Leo, il quale a sua volta sta per lasciarla dopo aver messo gli occhi sulla più giovane e avvenente Carla.
L'ex amica di Leo, Lisa, sentendosi trascurata, è rosa dalla gelosia per Mariagrazia e tenta di sedurre Michele, confidandogli inoltre le mire di Leo su Carla. Michele si rivela comunque incapace di sdegnarsi e porre in atto una qualsiasi decisione, abbandonandosi allo scorrere degli eventi. Su questo folgorante libro d'esordio ha scritto pagine illuminanti Alfonso Berardinelli, la cui raccolta di saggi Non incoraggiate il romanzo si apre con un testo sul personaggio nella narrativa del Novecento, all'interno della quale Michele è considerato "uno degli esemplari più perfetti", da confrontare con il protagonista di Fiesta (1926) di Ernest Hemingway, "sconfitto, impotente, che vive un'esistenza sospesa nel nulla di conversazioni in cui non si dice nulla", e con Meursault de Lo straniero (1942) di Albert Camus, "che diventa omicida senza veramente volerlo, per un caso assurdo, per indifferenza a ogni azione, per incapacità di fare proprie le regole di comportamento, i valori morali, il sistema di significati su cui si regge la società". Nel caso di Michele "tutto rientra nelle regole dell'indifferenza, dell'ipocrisia e della rassegnazione".

Anna Anselmi

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