Domenica 20 Maggio 2012 - Libertà
«La fede cristiana esca dall'angolo»
Piacenza Teologia: l'esortazione di don Matteo
di FEDERICA BASSI
"Già troppo a lungo la gente ha relegato il cristianesimo nell'angolo della fede [...] per proseguire indisturbata la secolarizzazione. E' tempo che la fede cristiana esca dall'angolo: Cristo non ha fondato una nuova religione, ma ha portato una vita nuova! ".
E' con questa provocazione di Jürgen Moltmann, ospite d'eccezione di Piacenza Teologia 2012, che Armando Matteo ha concluso l'altra sera la propria relazione che efficacemente ha inaugurato la rassegna teologica di quest'anno.
Davvero la fede cristiana è "all'angolo"? Secondo don Matteo sì. Nella sua relazione ha spiegato come questo sia avvenuto, perché sia importante prenderne atto e soprattutto riconoscere l'opportunità che si cela in questa condizione di marginalità.
Non è più un segreto che l'esercizio del cristianesimo in Occidente continui a perdere di incidenza. Che cosa dunque è successo a questo cristianesimo? Gli occidentali sono cambiati nelle loro abitudini e nei loro comportamenti, nel loro modo di vivere e di sognare e di cercare la felicità. Una mutazione rapida che, spesso, toglie letteralmente il fiato.
Ma anche nella vita della Chiesa è possibile verificare un cambio di marcia molto significativo: fede e vita non si parlano più.
Come rendere ragione del cambiamento che sta attraversando la società e la Chiesa occidentali? Si tratta, secondo il teologo Matteo di rendersi conto che è cambiata la descrizione occidentale dell'universo e il cristianesimo non ha ancora avuto il coraggio, se non per un breve momento (il Concilio Vaticano II), di confrontarsi seriamente con le nuove parole che ora introducono ogni occidentale nel mondo.
A questo punto "che fare? " è la domanda che si pone don Armando Matteo e che ha posto alla platea presente all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano. L'auspicio del teologo, assistente nazionale della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) e profondo studioso del rapporto tra cristianesimo e postmodernità, è che la fede cristiana abbia il coraggio di esporsi «alle peripezie dei tempi con la scommessa che nessun'epoca è priva della grazia», citando Elmar Salmann.
Si tratta, quindi di scommettere su questo tempo che, per il cristianesimo occidentale si caratterizza come un tempo di povertà, estraneità, precarietà, inattualità e debolezza. La Chiesa, secondo Matteo, deve avere il coraggio di confessare la verità di ciò che è diventata: minoranza. Solo da questo gesto può rinascere un atto di coraggio e di resistenza alla tentazione oggi assai ricorrente di ridurre il cristianesimo a religione civile, di svuotarlo così della sua forza profetica.
In tutto questo, secondo Matteo, la Chiesa potrà finalmente forse sperimentare che cosa è fede e reale affidamento a quel Dio che in Gesù si è reso umanissimo compagno di viaggio. Partire dal riconoscimento dell'estraneità del messaggio cristiano dalla società postmoderna significa che il messaggio cristiano è tornato ad essere una novità e questa è una grande chance: il cristianesimo non è vecchio, la Chiesa forse sì. Ma la Bibbia e il Vangelo soprattutto sono ancora ben lontani dall'aver esaurito la capacità di illuminare l'umano che è comune.
L'auspicio del teologo Matteo è che si torni alla verità dell'essere Chiesa: luogo dove ci si trova a far festa per un Dio che ha un debole per l'uomo. Si torni a una Chiesa della festa, esperienza che permette all'uomo e alla donna di resistere alle schiavitù, alle idolatrie, alla depressione strisciante che da ogni dove oggi li tenta. Un uomo, una donna capaci di festa sono un uomo e una donna liberi, capaci di un debole per la vita, capaci di un debole per l'altro.