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Sabato 24 Marzo 2012 - Libertà

Padre Gnesotto: «Le paure verso il nuovo sono le stesse dell'America di un secolo fa»

Il sacerdote scalabriniano oggi in Fondazione al convegno sull'emigrazione

piacenza - Successo e interesse ieri pomeriggio all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano per "New York! New York! Italiani e piacentini dagli Appennini all'America", il primo dei due giorni dedicati all'emigrazione, promossa dall'associazione "Piacenza nel mondo" (nella ricorrenza del 15° anniversario dalla nascita) e dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano. La scrittrice Melania Mazzucco, ha parlato di "Viaggiatori senza arrivo: i personaggi dell'emigrazione" e Antonio Monda, scrittore, giornalista corrispondente dagli Stati Uniti del quotidiano la Repubblica, è intervenuto su "New York, gli italiani e gli altri".
Oggi pomeriggio alle 17 padre Gianromano Gnesotto, parlerà de "La vita oltre. Una casa fuori casa" mentre Francesco Durante, scrittore, curatore di "Italoamericana", interverrà su "Letteratura italoamericana o il racconto epico della modernità". Una due giorni ricca di contenuti e di interesse di cui lo stesso Gnesotto è entusiasta, perché i sentimenti, le paure, i pregiudizi verso il nuovo che ci invade sono gli stessi che si avvertivano negli Stati Uniti quando gli italiani erano guardati a vista come possibili untori di chissà quali malattie d'oltreoceano.
Padre Gianromano Gnesotto, è un sacerdote scalabriniano, dal 1993 direttore della rivista L'emigrato, è stato responsabile della "Migrantes" diocesana di Piacenza fondata nel 1993 e ha ricoperto per cinque anni il ruolo di direttore dell'Ufficio nazionale della pastorale per immigrati e profughi nella Migrantes. Da qualche mese è tornato a Piacenza. E' entusiasta dell'iniziativa in corso in questi giorni: «Solo Piacenza poteva organizzare una manifestazione di questo tipo - sostiene - perché proprio da qui monsignor Scalabrini intuì per primo il ruolo degli emigrati, tant'è che Giuseppe Toniolo, sostenne che questo vescovo ebbe alcuni intuizioni che erano avanti di molti anni. E gli scalabriniani si sono occupati in maniera particolare dei problemi degli immigrati».
Prosegue: «Nelle ricerche che ho fatto sull'emigrazione italiana negli Stati Uniti agli inizi del secolo ho trovato come stereotipi, paure e chiusure fossero le medesime che percepivo in Italia nel 1993, l'anno in cui ho preso il timone della rivista. Per gli americani del 1903 gli italiani erano quelli che portavano malattie, delinquenza ed erano coloro che andavano a rubare il lavoro agli statunitensi. Inoltre parlavano una lingua diversa e non riuscivano ad integrarsi nel nuovo tessuto sociale».
Su Scalabrini: «Fondata la congregazione, Scalabrini, nel 1887 scrisse che per i nostri connazionali oltreoceano era importante avere associazioni e strumenti. Voleva sensibilizzare l'opinione pubblica in Italia sulle problematiche affrontate quotidianamente dai connazionali lontani. Fondò la rivista L'emigrato che affiancava tutti i viaggi che faceva Scalabrini nelle maggiori città italiane proprio per parlare del tema dell'immigrazione. Il titolo cambiò diverse volte, ad esempio durante il fascismo che non gradiva il termine "emigrazione". Con la Liberazione tornò "L'emigrato italiano" che, dal 1994, è diventato semplicemente L'emigrato, un termine comprensivo che indica chi va e chi viene».

Mauro Molinaroli

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