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Martedì 10 Aprile 2012 - Libertà

Mejerchol'd, la rivoluzione a teatro

Malcovati in Fondazione per il ciclo di conferenze della Filo

piacenza - Tra le più alte espressioni culturali della nostra epoca, il teatro ha esaltato la creatività fondendo simultaneamente e spesso magicamente varie discipline. E' allora dovere morale ricordare indiscussi protagonisti come il russo Vsevolod Emil'evic Mejerchol'd (1874-1940), regista geniale e visionario. Il suo apporto è stato delineato nella conferenza Mejerchol'd: teatro, rivoluzione, utopia (Il conflitto con lo stalinismo) tenuta all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano da Fausto Malcovati, moderatore il critico teatrale Enrico Marcotti. L'iniziativa rientra nella rassegna Stanislavskij, Mejerchol'd, Artaud, Brecht: la scena teatrale e la rivoluzione dei grandi teorici del '900 ideata dalla Società Filodrammatica Piacentina e curata da Marcotti.
Mejerchol'd fu precursore e straordinario innovatore, intuì il potere catartico del teatro sempre rapportandolo alla bollente contemporaneità perché la Russia del suo tempo era agitata da fortissimi contrasti. In gioventù attore, fu allievo di Stanislavskij ma, distaccatosi da una concezione realistica per una dimensione più astratta del teatro, iniziò pure sistematiche ricerche sulla pratica attoriale. Approfondendo arti performative tradizionali occidentali e orientali, sdoganò le potenzialità del corpo fondando un'apposita branca, la "Biomeccanica". Secondo Marcotti «Mejerchol'd fu il primo, vero regista. Dai teatri imperiali passa al teatro di strada, dalla direzione di grandi attori passa ai dilettanti. La sua vita si intreccia molto con la politica, lotta contro i conformismi politici e della scena».
Malcolvati, docente di storia della letteratura e del teatro russo alla Statale di Milano nonché saggista e critico teatrale, ha ricordato «come Mejerchol'd abbia lasciato solo un libro perché era uomo di teatro, aveva l'urgenza di fare, poco tempo per ragionare. Abbiamo stenogrammi, appunti che prendevano i collaboratori. In carcere scrisse un'autobiografia, abbiamo un percorso interessante non ancora pubblicato». Nella sua vita ci furono tre grandi periodi, ha continuato lo studioso: «Attività di capocomico in provincia fra 1898 e 1905; teatro della "convenzione" dal 1908 al 1917; quindi sperimentazione». Quest'ultimo è il più fecondo perché rivisita classici - Il revisore di Nikolaj Gogol (1926); 33 svenimenti, atti unici di Anton Cechov (1935) - non disdegnando il confronto con autori altrettanto originali come Vladimir Majakovskij e il suo Mistero buffo (1921) anche con apposite letture ritmico-melodiche. La sua maggior conquista fu la "biomeccanica" basata su espressionismo scenico e marionettismo degli attori. Per Malcovati era «educazione dell'attore post-rivoluzionario, apprendimento della corporeità basato su armonizzazione delle membra difficilmente spiegabile e realizzabile. Era un modo per costringere l'attore ad essere cosciente del proprio ruolo». Fatali le accuse di trotzkismo e il non allineamento al regime di Stalin. Caduto in disgrazia, Mejerchol'd fu vittima delle famigerate purghe di regime.
Prossimo appuntamento per la rassegna domani sera alle ore 21, sempre all'auditorium della Fondazione, in via Sant'Eufemia 12, con la conferenza Scena, corpo, scrittura: l'utopia poetica di Antonin Artaud nel '900, relatore il saggista, drammaturgo e critico teatrale Gianni Poli.

Fabio Bianchi

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