Domenica 15 Aprile 2012 - Libertà
Quella lunga attesa di Penelope bifronte
"Mappugghje" al Filo: teatro danza raffinato
piacenza - L'altra sera il Teatro dei Filodrammatici ha ospitato la compagnia Zerogrammi nello spettacolo Mappugghje, ultimo appuntamento del cartellone Teatro Danza della stagione di prosa 2011/2012 Tre per te organizzata dal Teatro Gioco Vita con Fondazione Teatri di Piacenza, Comune di Piacenza e il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano, Cariparma e Iren.
Lo spettacolo è stato coronato dall'intervento finale del geriatra Lucio Lucchetti, responsabile del consultorio disturbi cognitivi dell'Ausl di Piacenza: quest'ultimo si è concentrato su alcune tematiche emerse dal brano Mappugghje, in particolare sul tema dell'anziano inteso come portatore di memoria storica, memoria che svanisce o comunque assume sfumature particolari, talvolta frutto di una lucidità resa opaca dai malanni, ma che pur sempre regalano ai giovani tante immagini in bianco e nero rese colorate dai tanti oggetti, i cosiddetti "ricordi", conservati nelle soffitte polverose.
Le "mappugghje" in dialetto salentino sono proprio le cianfrusaglie, l'ammasso di cose accumulate qua e là nel corso degli anni. A chi di noi non è mai capitato di conservare un pezzetto di carta nel portafoglio, una fotografia, un fiore appassito in un libro, una maglietta di qualcuno?
«Si tratta di oggetti privi di valore materiale, ma saturi di valore emotivo» ha commentato Stefano Mazzotta, coreografo del brano insieme ad Emanuele Sciannamea. Ciascuno di noi vorrebbe conservare in eterno ciò che evoca i ricordi più piacevoli, quasi palesando un assoluto rifiuto dell'archiviazione del passato: i ricordi li vogliamo "portare in braccio", finché un giorno, dopo tanti anni, giunge improvvisamente il momento di chiudere il ricordo in una "scatolaccia" di latta e dimenticarlo in soffitta. Se, quindi, in giovane età tendiamo ad etichettare come «ingiusta imposizione» qualsiasi cambiamento tipico della vita e vogliamo che tutto resti presente, invecchiando impariamo ad accettare tali dinamiche invincibili: ci arrendiamo allo scorrere del tempo fino a dimenticarci delle emozioni che una volta quegli oggetti rievocavano.
La danzatrice Chiara Michelini e l'attrice Maria Cristina Valentini hanno esemplarmente tradotto questi concetti in danza e parola: una danza dominata dall'impulso e una straordinaria padronanza scenica l'hanno fatta da padrone. I movimenti concitati, talvolta buffi e strambi, uniti ai fuori equilibri e alle pause parlate della danzatrice hanno reso evidente il trascorrere fenomenologico, ovvero in tempo reale, della lunga attesa di Penelope, giovane donna che ricorda con struggimento l'amato Ulisse partito alla volta di grandi conquiste.
Parallelamente, in scena si evolve la "pacata" attesa dell'anziana Penelope, interpretata dalla Valentini: quest'ultima ha carpito l'attenzione del pubblico con intensi monologhi, occasionalmente fatti di nonsense, sulla bellezza delle tazzine di caffè, metafore degli anni che passano sperando che il ritorno dell'amato si concretizzi una volta per tutte.
I ritmi serrati, i pianti, le risate a squarciagola della Penelope ragazza intesa come essere umano in preda ai ricordi ed alle ferite provocate da essi, che lotta per andare avanti, si fanno tutt'uno con i gesti semplici e le parole serene della Penelope anziana, stanca di ricordare e desiderosa di vivere i giorni che le restano archiviando tutto ciò che una volta le recava dolore. Il racconto della medesima donna colta in momenti diversi di tale meccanismo di accettazione del passato e accoglienza del presente si sono quindi abbracciati in un teatro-danza decisamente artistico, privo di sbavature e di momenti stridenti e, d'altra parte, pieno di poesia, a tratti di gusto onirico, e soprattutto molto applaudito dal folto pubblico piacentino.
Diletta Rusca