Martedì 28 Febbraio 2012 - Libertà
Foltissimo pubblico per l'appuntamento domenicale con la rassegna musicale in una suggestiva Sala dei Teatini
Allegro con brio
piacenza - É sorprendente come il suono di un pianoforte riesca a dipingere, a sua volta, affreschi pieni di luce. Ma non lo è poi tanto, quando a suonare lo strumento c'è un pianista chiamato Umberto Petrin, che da sempre coltiva il suo essere musicista con l'essere poeta, cedendo, di quando in quando, volentieri lo scettro alla pittura - altra arte con cui il Nostro passeggia a braccetto.
Questo "mood" è ciò che più colpiva il cuore, entrando nella Sala dei Teatini, dove gli affreschi dalle volte salutavano i disegni pianistici. E dove, non ultimo, al fianco di Petrin si esibiva Mattia Cigalini, giovane e affermata stella del saxofono. Un tocco vigoroso, il suo, più marcato, che - forte di una tecnica ineccepibile - si è distinto con voce propria.
Foltissimo il pubblico, che ha applaudito con entusiasmo il duo, in quello che è stato un vero e proprio debutto (entrambi sono intenzionati a proseguire in questa avventura), tenuto a battesimo nella splendida cornice della Sala dei Teatini, nell'ambito della rassegna Allegro con brio, organizzata dal conservatorio "Giuseppe Nicolini" di Piacenza in collaborazione con l'assessorato alla cultura del Comune, la Fondazione Teatri di Piacenza, la Fondazione di Piacenza e Vigevano e la Camera di Commercio di Piacenza.
L'incontro tra Petrin e Cigalini è avvenuto lo scorso anno, proprio al Conservatorio, dove Petrin insegna Pianoforte Jazz e dove Mattia ha studiato. I due si sono trovati, confrontati dal punto di vista umano e musicale. L'esperimento, di certo è riuscito.
Un'esperienza che ha avviato un programma, certo, ma dopo l'improvvisazione non è mancata, anzi è scivolata ancor più libera, in un'ebbrezza fatta di intimità e consonanze.
Ed ecco, allora, quelle rarefatte atmosfere monkiane (nel trentesimo anniversario della sua scomparsa), con parentesi solistica di Petrin, e un programma che includeva addirittura Ludus Tonalis di Paul Hindemith, un compositore mai troppo proposto in Italia, scelto dal pianista e a ragion veduta. Perché l'abbraccio fantasioso di quel frammento sonoro ha stupito anche chi - come la scrivente - conosceva e apprezzava la pagina del musicista.
Poi, una conturbante Flakes di Steve Lacy, Sonny Rollins che cede il passo a un inconsueto Skrjabin, altri giochi dell'anima.
Un momento toccante è giunto quando Mattia Cigalini ha raccontato, affidandosi totalmente al pubblico, lo stato d'animo di chi ha perduto la madre, come è accaduto a lui, di recente. E ha dedicato un suo brano a lei, trasformando il suo saxofono in salice piangente, proteso in un abbraccio che sa di immortalità.
Eleonora Bagarotti