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Sabato 3 Marzo 2012 - Libertà

«Le mie domande senza risposta»

La filosofa Marzano in Fondazione col libro "Volevo essere una farfalla"

piacenza - Uno scricciolo, un angelo caduto in volo che ha trovato il coraggio e la forza di rialzarsi, Michela Marzano, la "testimone dei tempi" l'altra sera all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano ha presentato il suo ultimo libro Volevo essere una farfalla (Mondadori), che è un inno alla vita ma anche la testimonianza delle ore disperate che solo chi ha nel cuore forza e volontà può andare avanti con le lancette del tempo.
E quel libro non è un romanzo (perché il romanzo ha bisogno di una struttura che la Marzano non ha inteso dare) e non è neppure una biografia (richiede uno sforzo sulla propria vita che va oltre il disegno dell'autrice). E non è neppure un libro sull'anoressia, come è stato qua e là catalogato, perché Michela Marzano, quarantenne filosofa prodige, laurea e dottorato alla Normale di Pisa e una cattedra all'Università di Parigi Descartes, affonda e affronta i temi di etica e filosofia morale, e insomma una persona, che guarda avanti, con il suo Jacques, l'amore grande che l'accompagna anche a Piacenza e coi ricordi di un passato lontano, la presenza del padre, le svolte, il cibo inteso come senso di colpa, l'iperattività di una donna che quando sente di mangiare troppo cammina, cammina come in un film di Olmi, per smaltire ciò che a suo dire ha mangiato, o forse, più semplicemente, perché c'è sempre una meta da raggiungere, anche quando vivi male e stai ancora peggio: «Ho scritto questo libro per liberarmi dalla mia prigione. Quella di cui l'anoressia - ha detto - apparente protagonista del libro, è solo un sintomo. E cioé la prigione di una immagine di sé che non corrisponde a ciò che si è, ma si erige fra sé e il mondo per tentare di sopravvivere. E che invece uccide».
L'altra sera abbiamo ammirato il coraggio con cui Michela Marzano ha scoperto le carte svelando di aver attraversato una malattia, che è poi la massima rappresentazione della fragilità, ma la Marzano nelle sue dichiarazioni è andata oltre, ha più volte sottolineato che Volevo essere una farfalla è qualcosa in più: «Si tratta del racconto del punto di partenza della mia scelta di vita, la filosofia morale, lo studio dell'etica e dei problemi del corpo e della sessualità. Io ho sempre cercato di riflettere a partire dalla concretezza dell'esperienza, dalle mie stesse macerie, per riflettere anche su quelle più generali, della nostra epoca. In questo senso potrei dire che è anche un manifesto di come io intendo la filosofia, come strumento utile alle persone e alla società, con cui il filosofo esce dalla torre d'avorio».
I capelli neri, scapigliati, un paio di jeans e un maglione. Non ha proprio nulla di vistoso, di appariscente. Ha però una visione della vita, una "Weltanschauung" attorno alla quale ruota la sua esistenza. Torna in gioco la figura paterna, non solo nel libro ma anche nella conversazione, tra il pubblico che ascolta e che spesso applaude. Perché non è facile mettersi in gioco, parlare di se stessi davanti a una platea di sconosciuti. Michela Marzano lo fa con il cuore e con una consapevolezza che sorprende: «Io stessa sono stata carnefice di me stessa e poi la rabbia, l'analista, la collera che oggi non c'è più e ci sono nuove consapevolezze, tra le quali la certezza che a tante domande riposta proprio non c'è e la realtà è quella che viviamo giorno dopo giorno, anche se non ci piace». Infine i conti con il proprio padre, la persona che questa filosofa ha amato più di ogni altra e che le ha sempre posto a modello una Michela che non era mai la vera Marzano. Ha condotto la serata Monica Premoli, psicologa. Siamo usciti un po' più ricchi dentro e leggermente commossi; alcune situazioni a volte ti sembrano tanto lontane in realtà sono dietro l'angolo. Possono ferirti, modificarti per sempre.

Mauro Molinaroli

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