Venerdì 16 Luglio 2004 - Libertà
Per la "Nona" sventola bandiera bianca
Terre Verdiane - Applausi alla brillante performance della "Toscanini" condotta da Neuhold a Vigoleno. Domenica replica. Suggestiva versione scenica per il capolavoro sinfonico di Beethoven
E' un grande momento per la musica, nella nostra provincia. Nello stesso giorno in cui Riccardo Muti presenta ufficialmente l'orchestra giovanile "Luigi Cherubini", che dirigerà in una sorta di proseguimento dell'eccellente lavoro svolto in America da Leonard Bernstein fin dagli anni '50, al Castello di Vigoleno va in scena la Sinfonia n.9 in re minore op.125 di Ludwing van Beethoven per soli, coro e orchestra. Domenica alle 21.30 la replica.
La formazione è quella della Fondazione Arturo Toscanini, meritatamente applaudita, sotto la guida scattante e precisa della bacchetta di Günter Neuhold.
Le voci soliste sono quelle del bravo soprano Maria Costanza Nocentini, del mezzosoprano Alessandra Palomba, del vibrante tenore Claudio Barbieri e del basso Federico Sacchi, che nell'insieme regalano un finale soddisfacente con un Coro del Teatro Municipale diretto dal maestro Corrado Casati, che resta un po' sotto tono in quello che dovrebbe essere il momento più caldo e, com'è noto, "gioioso" possibile mentre, in realtà, l'esecuzione è più che decorosa ma un po' meno appassionata di quanto il pubblico si aspetti.
Nonostante le critiche espresse da alcuni spettatori all'uscita, la soddisfazione generale ha il sopravvento e alla fine gli applausi si trascinano a lungo, richiamando i protagonisti più volte, senza riuscire tuttavia a "strappare" un bis.
Alla "Toscanini" l'esperienza internazionale di altissimo livello intrapresa nel corso dell'ultimo anno - con trionfi a Mosca, Madrid e altre grandi metropoli -, diretta da alcuni tra i massimi direttori d'orchestra del mondo, ha fatto molto bene: l'orchestra, che aveva già mostrato di possedere ottime carte durante la trascorsa stagione sinfonica del Teatro Municipale, in Beethoven si eleva coesa, espressiva e virtuosa, con momenti particolarmente illuminanti.
Neuhold predispone la serie di pizzicati degli archi, che s'intrecciano l'un l'altro creando aperture armoniche fino a condurre al tema strumentale "corale".
I violini e i violoncelli raggiungono il giusto grado d'intensità nelle cavate e nelle dinamiche in crescendo; i contrabbassi, a loro volta, si esprimono, in equilibrio tra grazia e drammaticità, nel sottovoce dell'entrata sonora di orchestra e voci per il gran finale. Notevole il lavoro dei fiati: flauti, clarinetti e oboi eccellenti.
La Nona beethoveniana, l'ultima della produzione sinfonica del compositore, composta a undici anni di distanza dall'Ottava, possiede una dimensione concettual-culturale propria. Ne è un chiaro esempio l'introduzione della componente vocale, nata da un desiderio che Beethoven sentiva, da tempo, pregnante: quello di musicare l'Ode alla gioia di Schiller. Non ultimo - e in tal senso il plauso va alla resa dall'esecuzione orchestrale - la Sinfonia n.9 abbraccia, come una "grande madre", tutti i generi classici appartenenti alla Forma, spingendosi musicalmente oltre con l'eccezionalità del finale.
E il messaggio di Schiller, reso ancor più pregnante dalla genialità del grande Ludwig, non è da intendersi soffuso e sussurrato ma esplicito e risonante.
Particolarità che è stata raccolta, nella cornice già suggestiva del castello, dalla scelta dell'allestimento scenico, che ha previsto la presenza di alcuni figuranti che, dall'alto, alzano bandiere bianche come i loro vestiti, poi tramutati in uniformi da soldato e, infine, di nuovo bianche per lo svolazzar delle bandiere.
E, nell'istante culminante, lo srotolamento di veli dalla torre più alta del castello. Veli che riprendono i colori degli splendidi costumi dei solisti, simbolici di ogni razza, nazionalità e religione.
Un chiaro e visibile messaggio di pace che va ad unirsi a una delle pagine musicali più straordinarie della storia, che rinforza un'idea di fratellanza fra gli uomini, non solo nel dolore ma, soprattutto, nella capacità di gioire attraverso ideali di pace, spiritualità e reciproca solidarietà.
La magnificenza del connubio tra la musica e la riscoperta dei luoghi delle Terre Verdiane, resa possibile anche grazie alla sensibile generosità di alcuni sponsor, nonché dei proprietari dei luoghi in cui si allestiscono gli spettacoli del Festival, appare ancor più risonante se, nel buio guerrafondaio del nuovo millennio, il messaggio ideologico-musicale beethoveniano torna a riecheggiare. Più attuale che mai.
Eleonora Bagarotti