Mercoledì 14 Marzo 2012 - Libertà
Cat e la guerra vista da vicino
Storie tragiche e comiche di gente comune
piacenza - Sarà presentato venerdì alle 17 all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano in via Sant'Eufemia, un nuovo libro a cura di Stefano Pareti su Giulio Cattivelli. S'intitola La guerra di Cat (Edizioni Pontegobbo) e ricorda tanto La guerra di Piero di Fabrizio De Andrè, e soprattutto l'ex sindaco sembra essere assurto al ruolo di padre nobile, di ricercatore tout court di una Piacenza che non esiste più, ma soprattutto studioso di Giulio Cattivelli, di cui ha pubblicato i due volumi dal titolo Al cinema con Cat e gli scritti del Quadernuccio, curando inoltre un dvd sul grande giornalista e critico cinematografico piacentino. Alla presentazione di venerdì, oltre all'autore, interverranno il direttore di Libertà Gaetano Rizzuto e il presidente Anpi di Piacenza Mario Cravedi.
Questa volta sotto la lente di Stefano Pareti sono finite le pagine di Cat sugli anni della guerra, prima, durante e dopo, come scene di un film di quel neorealismo che tanto amava. I protagonisti sono persone normali, le loro storie sono insieme drammatiche e comiche, e davanti alla tragedia, quando la paura stringe l'anima e la mente, qualcuno tira fuori il meglio di sé e tanti il peggio. Il tallone del regime, il lungo e sanguinoso conflitto, la scia di odio e vendette.
Centoquaranta pagine, una storia che inizia nel 1938 e si conclude negli anni immediatamente successivi la seconda guerra mondiale. Com'è nata l'idea di raccogliere gli scritti di Giulio Cattivelli che ruotano attorno a Piacenza con la guerra in casa?
«Tutto nacque da una richiesta del presidente dell'Anpi di Piacenza, Mario Cravedi, che mi chiese un articolo scritto da Cattivelli e apparso su Libertà, inerente gli anni della guerra partigiana. Ne è nata una ricerca che è andata avanti per oltre un anno in cui il giornalista piacentino ha messo in evidenza, attraverso tanti pezzi pubblicati su Libertà nell'immediato dopoguerra e ripresi negli anni successivi, una città allo sbando con la sua gente in miseria e la grande paura che passò soltanto dopo la liberazione della città. Voglio ringraziare in proposito l'Anpi per aver condiviso ed incoraggiato la pubblicazione di questo volume, ed il segretario Romano Repetti, per l'assistenza prestata. Un libro è sempre il risultato di tante mani: tra queste Donatella Ronconi e l'Editoriale Libertà che ringrazio per la riproduzione dei testi di Giulio Cattivelli, la moglie Mariuccia e la figlia Lorena per la collaborazione, Pierlino Bergonzi che ha curato la redazione e lo Studio fotografico Croce di Maurizio Cavalloni per le immagini pubblicate sul libro dovuto alla Editrice Pontegobbo, che ringrazio perché ha creduto nel progetto».
C'è in Cattivelli una sensibilità particolare nel descrivere anni difficili oggi lontani che appartengono di fatto solo alle generazioni più adulte. Questo lavoro può essere uno strumento utile anche per i giovani?
«Cattivelli ha il pregio di dare vita e spessore ai protagonisti di questo lungo racconto, di questa storia che ha radici lontane, ma che grazie a Cat è tuttora viva, per nulla fuori tempo e può essere pertanto uno stimolo anche per i più giovani. Cat era animato da una forte passione civile e in queste pagine emerge mirabilmente. Sono anni duri: miseria, mancanza di lavoro, povertà e poca istruzione. Cat coglie nel segno di una città in preda a un fascismo che sembra non voler mollare. Quelle persone che compaiono nei vari articoli siamo anche noi. Ed il potere, occulto e lontano, come ho scritto nella premessa, si manifesta attraverso i volti meschini, così meschini da far ridere, del vicino di casa, del collega, perfino di quello che sembrava un amico, trasformati in aguzzini da un fez e da una divisa. Cat ci racconta vicende di ordinaria sopravvivenza».
Uno degli aspetti più caratteristici degli articoli di Giulio Cattivelli è quello della leggerezza e dell'ironia. Com'è riuscito a coniugare gli anni drammatici di una guerra infinita con il bisogno di non perdere mai la propria cifra stilistica?
«La sua penna, ora ironica ora commovente, entra nelle case dei piacentini e ne narra il dolore e la forza. Par di vederlo, minuto e sorridente, con gli occhialini tondi dalla montatura leggera, il cappello a falde larghe e il cappottone lungo secondo la moda dell'epoca, che gira per la sua città e ne osserva le miserie e le patetiche speranze degli anni del "voi", ne piange le ferite, ne vede l'entusiasmo della Liberazione e la rabbia crudele che l'accompagnò, da noi come altrove. Non è ironico come in altre circostanze. Quegli anni e quella guerra hanno fortemente segnato anche la sua vita e la Piacenza che Giulio Cattivelli ci tramanda gli è rimasta appiccicata addosso per sempre. Era una città che respirava onestà e semplicità, che si riallacciava alle commedie di Faustini e Carella. Ma le pagine di questo libro raccontano di bombardamenti feroci, come quello del 14 gennaio 1945, il "giorno più lungo", un freddo e un clima terribili. Una città rasa al suolo e distrutta dal dolore e dalle bombe. Questi drammi Cat non li ha mai dimenticati, li ha nascosti dietro alla propria ironia».
Soddisfatto di questo lavoro?
«Lo sarò quando avrò la sensazione che il mio sforzo di far capire che in Giulio Cattivelli c'è poca archeologia, ma tanta qualità e tanta contemporaneità nonostante il passare degli anni. Questo giornalista resta uno dei grandi piacentini. Le sue pagine sono indimenticabili e incancellabili».
Mauro Molinaroli