Giovedì 15 Marzo 2012 - Libertà
Gullotta meraviglioso, simpatico Falstaff
L'attore al Municipale con "Le allegre comari di Windsor": grande successo
di ELISA MALACALZA
Un Leo Gullotta da dieci e lode sprofonda nel lattice che lo rende un "sacco di lardo rancido", sotto lo sguardo pietrificato di un'enorme regina Elisabetta I, appollaiata sul trono, la faccia bianca latte e le tradizionali sopracciglia sottilissime. Leo Gullotta tiene bene gli occhi spalancati (per 170 minuti, che scorrono, di certo, senza nessun tipo di noia), due biglie che ruotano in un cerchio tondo. Quasi un bambolotto, vizioso, con una barba rossa posticcia, sulle gambe corte.
Leo Gullotta è sir John Falstaff, il vecchio grassone (che, alla fine, anche tra le femministe più ardite può suscitare un po' di tenerezza) capace di inviare due lettere d'amore identiche a comare Ford e a comare Page, mogli di due ricchi sfondati di Windsor. Le allegre comari di Windsor, il noto testo di Shakespeare, produzione del Teatro Eliseo è tradotto dal regista Fabio Grossi e da Simonetta Traversetti. Un successo, quello proposto nel cartellone della Prosa dal Teatro Gioco Vita, con Fondazione di Piacenza e Vigevano, Comune e Regione, dove, in scena, arriva il Falstaff "morto" nell'Enrico V ma tanto simpatico alla regina che se ne era invaghita, tanto da farlo resuscitare per lei (e, addirittura, innamorare) nella vicenda con le comari. Gli attori (scene e costumi splendidi, curati da Luigi Perego, su musiche di Germano Mazzocchetti, movimenti coreografici di Monica Codena e luci di Valerio Tiberi) fanno il loro ingresso tra il pubblico, prima di raggiungere il palco. Il coinvolgimento è totale. Poi, un sorriso, vedendo una gigantesca Elisabetta I seduta a guardare lo spettacolo. È questa grande statua (muove anche la testa), vestita in velluto rosso, a fare da scena, fino a rimanere in mutandoni, gambe aperte. Una testimonianza anche di un testo esuberante, dove gli intrighi e gli scherzi perfidi sono all'ordine del giorno, così come i cialtroni, i viziosi, i disonesti. L'onore diventa ridicolo, il dileggio è un quotidiano passatempo, così come il vin di Spagna. I personaggi, pronti a tessere una trama in cui è impossibile non restare avviluppati, ci sono tutti: il bonaccione benestante, il gelosone un po' meschino, l'uomo pedante, il pavido leccapiedi, l'ampolloso borghese. Le donne? Sono loro, a trionfare. Risolute, intelligenti, anche senza pietà. Ma, soprattutto, oneste. Le Comari, che daranno tre lezioni a sir John, insegnano qualcosa anche alle donne di oggi, tra amori e amanti, mariti gelosi e un pizzico di romanticheria da soap opera che non guasta affatto.
Applausi, e ancora applausi, anche per gli attori: Alessandro Baldinotti, Paolo Lorimer, Mirella Mazzeranghi, Fabio Pasquini, Rita Abela, Fabrizio Amicucci, Valentina Gristina, Cristina Capodicasa, Gerardo Fiorenzano, Gennaro Iaccarino, Francesco Maccarinelli, Federico Mancini, Giampiero Mannoni, Sante Paolacci, Vincenzo Versari.
Un grande ritorno però per il siciliano Gullotta a Piacenza, dove, nel 2007 e nel 2009, aveva portato in scena due testi pirandelliani. Dopo il cinema (chi non si è commosso nel film premio Oscar Nuovo cinema Paradiso?), l'artista sembra voler consacrare il suo momento d'oro teatrale. Qui è una marionetta in balia di vizi, in balia di se stesso. Dà quel qualcosa in più che, forse, lo stesso Shakespare, incalzato dal capriccio della regina, che pare volle il testo in 14 giorni, non riuscì del tutto a rendere. Quel qualcosa in più sta in uno spettacolo pittoresco, al limite dell'esagerazione (a un tratto, nel finale, la statua enorme della regina addirittura si illumina) e del chiasso di una società che comunica solo con quello. Quasi un don Chisciotte, ma meno pensatore e più "de panza". L'artista pacato, quale è il Gullotta, svela il bambinetto che c'è in ognuno di noi. Fa salire gli spettatori su una giostra che non smette di ruotare, fino ad esplodere negli applausi e nello stupore.