Domenica 18 Marzo 2012 - Libertà
Se l'Arte rivoluziona il Sacro
Il ruolo nelle chiese di oggi dibattuto da Kounellis, Ferrari e Ghirelli
piacenza - Quale ruolo per l'arte nelle chiese di oggi, esaurita la funzione didattico-didascalica assegnatale in passato? Ed eventualmente, quali linguaggi, quali forme adottare? Con che spirito confrontarsi con la riforma liturgica approvata dal Concilio Vaticano II, la cui attuazione è avvenuta nei modi più disparati e ora avanzano istanze per una sorta di sintesi con il precedente rito tridentino?
Sono alcuni dei quesiti portati all'attenzione dall'incontro che si è svolto ieri all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, introdotto dal critico Eugenio Gazzola e al quale sono intervenuti: monsignor Tiziano Ghirelli, teologo, direttore dell'Ufficio diocesano beni culturali ecclesiastici della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla e già membro del Comitato Cei per la valutazione dei progetti a favore dei beni culturali della Chiesa; l'artista Jannis Kounellis e l'architetto Massimo Ferrari, docente al Politecnico di Milano. Non ha invece potuto essere presente l'artista Claudio Parmiggiani, artefice, insieme a Kounellis, Ettore Spalletti e Hidetoshi Nagasawa, delle opere che costituiscono i poli liturgici della Cattedrale di Reggio Emilia.
Gazzola ha sollecitato l'attenzione su quanto realizzato in una città analoga alla nostra e che ha recentemente dimostrato apertura nei confronti del contemporaneo, testimoniata dai segni lasciati da Sol Lewitt, Luciano Fabro, Robert Morris, Eliseo Mattiacci e Santiago Calatrava nello spazio pubblico. Kounellis, reduce dall'inaugurazione di una personale alla Galleria Giorgio Persano di Torino, ha parlato delle idee che lo hanno guidato nella realizzazione della Cattedra vescovile, «una sedia destinata a un uomo di Chiesa di grande responsabilità e che è anche un pastore, il quale appunto per questo deve stare accanto al suo gregge, alla gente». Riflessioni che dunque lo hanno portato automaticamente all'eliminazione del baldacchino: «È un elemento per una figura di struttura, mentre il vescovo deve essere una figura di riferimento per il credente e allo stesso tempo un uomo visibile, vicino». La cattedra di Kounellis si compone di una seduta in ferro e due sedili più piccoli, posti su una pedana in legno. «Per la scelta dei materiali ho guardato a Caravaggio, che nell'Incredulità di San Tommaso fa mettere all'apostolo il dito dentro la piaga. Il suo non è un Cristo senza ferite, completamente astratto, quasi un falso storico» ha commentato l'artista di origine greca, evidenziando la novità della rappresentazione caravaggesca: «Per un artista la novità non è mai frutto di una ricerca intenzionale. Nasce invece dall'intuizione disperata e dolorosa sulla morte in atto dell'ordine antico». Così, dovendo disegnare la nuova Cattedra vescovile, Kounellis ha pensato al segno fondamentale custodito in una chiesa: «Cristo crocifisso, un giovane ferito e deriso. Ho quindi scelto il legno, nel ricordo della croce, e il ferro, che rimanda ai chiodi. Non ho scolpito l'oggetto, perché mi interessava di più il senso del peso, espressione di una moralità».
Monsignor Ghirelli e Ferrari, ciascuno dal proprio punto di vista specifico, hanno affrontato la questione del rapporto tra spazio sacro e liturgia, in relazione in particolare alle architetture di Rudolf Schwarz, "allievo" del teologo Romano Guardini. Prima di approdare ai più emblematici edifici del Novecento, con i capisaldi lecorbuseriani di Ronchamp e Firminy, Ferrari ha compiuto un excursus partendo dal medioevo della basilica di San Zeno a Verona («dove tutto converge verso l'abside, punto ultimo, fuoco prospettico della trascendenza») e facendo tappa, per l'età moderna, al Sacro Monte di Varallo, dove viene «messo in scena uno spazio sacro ideale, al quale come in un teatro lo spettatore partecipa non direttamente, ma attraverso la visione esterna». Il Concilio Vaticano II ha invece - come ribadito da monsignor Ghirelli - restituito all'assemblea la sua importanza di soggetto celebrante, come fissato dall'Editto di Milano in poi.
Anna Anselmi