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Venerdì 24 Febbraio 2012 - Libertà

Regole, non comandi: così i bambini si sentono rispettati

Daniele Novara: il miglior principio educativo è quello organizzativo

di ELISA MENDOLA
Dopo una prima edizione di successi riparte stasera la Scuola Genitori 2012. Diversi partecipanti hanno fatto sentire la loro voce dando la loro preferenza rispetto ai temi proposti lo scorso anno. Ed al primo posto vi è sempre stato il tema delle regole; d'altronde, tra le domande che ogni giorno ci arrivano via mail, la maggior parte sono relative a questo tema.
Le regole non sono uno strumento di punizione o di costrizione, quanto uno spazio per la crescita autonoma, sana e libera: sono strumenti educativi a favore dei più piccoli. Contenuto con fermezza dalle figure educative di riferimento anche il bambino ha la possibilità di esercitare la massima autonomia e libertà all'interno dei confini tracciati dai più grandi.
Stasera, ore 21 presso l'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, dedicheremo il giusto spazio a questo caldo tema: "Regole, non comandi. Come evitare le malattie dell'educazione e organizzare una crescita sana per i figli. "
Poniamo qualche domanda a Daniele Novara, direttore scientifico del CPP e della Scuola Genitori e relatore della serata.
Sembra facile ma non lo è: ci spiega qual è la differenza tra regole e comandi nell'educazione dei figli?
«Questa distinzione è qualcosa che sfugge molto ai genitori, specialmente a quelli italiani abituati a relazioni intense e spesso con l'idea che la cosa migliore sia la capacità del figlio di capire cosa vogliono i grandi da lui. L'utilizzo dei comandi appare del tutto inefficace. «Siediti e mangia! », «Sbrigati», «Controllati», «Metti a posto i giocattoli! », «Fai il bravo» «Non reagire così, dai! », «Dimmi cosa pensi» ecc. ecc. rappresentano tutte forme di comando con la forma imperativa della lingua italiana. Fino ai 6 anni di età un tipo di richiesta di obbedienza sostanzialmente passiva non funziona perché il bambino in questa fase della vita è dominato da un pensiero dicotomico molto forte ("o è nero o è bianco") ».
E con i bambini dai 7 ai dieci anni?
«È più facile ottenere qualche risultato con bambini dai 7 ai 10 anni, arco di tempo coincidente con la seconda parte della scuola elementare, periodo in cui vi è maggiore disponibilità ad ascoltare i genitori e a rendersi compiacenti alle loro richieste. In adolescenza il ragazzo tende a riallontanarsi e riprende antiche abitudini di ribellione del periodo della prima infanzia. La cosa migliore è uscire da questa militaresca e arcaica cultura pedagogica dei comandi, antico substrato del padre padrone, delle maniere forti, del mangia la minestra o salta dalla finestra, del o con le buone o con le cattive che chi ha almeno 50 anni come il sottoscritto ricorda abbondantemente ».
Si parla tanto di regole ma sembra che non sia molto chiaro cosa vuol dire: regola è dire di no? Regola è un divieto? Regola è obbedire?
«La cultura delle regole ci dice che il principio educativo è quello organizzativo. Nel rapporto con i figli l'amore è qualcosa di scontato, ma la capacità di organizzarsi bene è ciò che fa la differenza. Pertanto i genitori, nella coppia, stabiliscono una serie di procedure che permettono ai bambini di essere tranquilli e sapere cosa possono fare, quando e come. La carenza di sonno è il caso più emblematico: da anni diciamo che i bambini italiani stanno perdendo almeno un'ora di sonno rispetto alle generazioni precedenti; è un dato allarmante sia per le prestazioni scolastiche sia per quelle fisiche, sportive».
Che fare? A cosa è legata?
«La diminuzione delle ore di sonno è legata al fatto che i genitori non riescono ad organizzare concretamente l'orario in cui i figli devono andare a dormire. Il genitore emotivo, dominato dall'ansia di stare, giocare e parlare con i figli a tutti i costi dimentica che in età evolutiva dormire per un periodo giusto (le tabelle pediatriche sono su qualsiasi sito internet) è alla base di una gestione positiva della giornata stessa. Una procedura è un principio organizzativo, si stabilisce un orario, si ricorda quando andare a letto. Anche le parole hanno il loro peso, occorre usarle come strumento organizzativo, in modo che stabiliscano per il figlio una dimensione di adeguamento alla regola piuttosto che di pura obbedienza ai genitori ("è l'ora di andare a letto…" piuttosto che "sbrigati vai a letto! "). Inutile fare discussioni interminabili sulla presenza della tv a cena, è fondamentale mettere una regola chiara ».
Quali sono i vantaggi per i bambini di avere regole e non comandi?
«Il bambino si sente rispettato, libero e riconosciuto poiché nel suo mondo la regola ha un ruolo particolare: i bambini amano stare nelle regole! Sono loro stessi a sgridare i genitori quando le regole non sono rispettate. In preadolescenza ed adolescenza la musica ovviamente cambia perché c'è un allontanamento: qui la regola va rinegoziata, concordata, ma il genitore la fa comunque rispettare e se serve mette delle sanzioni. Basta essere chiari. Ci vuole un orario per andare a letto, per il rientro, occorre precisione senza essere ossessivi, ricordandosi che la regola deve essere sempre realistica. Quando i genitori si accaniscono con norme e divieti inopportuni per i bambini (pensiamo a quello di non sporcarsi durante il gioco o un eccesso di zelo nell'ordine in camera) devono avere presente che ci vuole realismo in relazione all'età dei figli».
E la sistemazione della propria stanza?
«E' impensabile che un adolescente abbia una predisposizione virtuosa a sistemare la propria stanza. Una regola che vale per un bambino di 3 anni non necessariamente vale per uno di 10 e alcune situazioni non necessitano di particolari regole (come per il gioco e la socializzazione infantile). La regola è un elemento organizzativo che consente a chi riceve un'educazione di avere una mappa per orientarsi, e quindi strutturare un suo spazio di libertà. Viceversa il comando stabilisce un puro e semplice rapporto gerarchico, basato sulla dipendenza e sulla subordinazione. Qualsiasi imposizione che non sia all'interno di una cornice regolativa rischia di essere vissuta in maniera disfunzionale e minacciosa da chi la riceve, rischiando di generare feedback basati su provocazioni, ritorsioni e passività aggressive varie. L'esempio può essere: «Metti a posto i giocattoli! », oppure al supermercato «Non toccare nulla! ». Tutto questo ha senso all'interno di una relazione in cui le regole sono state definite a priori e si può quindi stabilire un patto reciproco. Al contrario, il comando diventa equivoco e unilaterale ».
Quale la conseguenza di questa confusione nei genitori?
«Quella più comune è il generare un inesauribile batti e ribatti che crea nell'educatore un senso di impotenza e frustrazione particolarmente penoso. Il «bambino che non obbedisce» diventa la metafora di questo errore, spingendo a domare questa riottosità che spesso è solo un bisogno adulto di affermazione. Molto più utile dare uno spazio alle regole, chiarirle e condividerle nella coppia genitoriale».
Ma a volte i genitori non sono coordinati sulle regole; i bambini come reagiscono?
«Se la mamma dice: "è ora di andare a letto" mentre il papà gli permette di stare ancora alzato, il bambino non rispetterà più l'orario del sonno. E capirà che le regole non valgono perché, alla fine, è lui che decide su tutto e non può fidarsi dei genitori».
Vi aspettiamo numerosi! Una Scuola per genitori ed educatori, gratuita, a Piacenza. Disponibile un servizio babysitting. Seguiteci sul sito www. cppp. it e su Facebook. A venerdì sera!

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