Giovedì 23 Febbraio 2012 - Libertà
Piacenza Jazz Fest: il via nel segno di Celentano
Con la voce del grande Peppe Servillo e le "canzoni del clan" domenica allo Spazio Rotative parte la tradizionale kermesse
piacenza - Diavolo di un Celentano. Non solo ha cannibalizzato il Festival di Sanremo trasformandolo in un suo show, ma allunga la sua ombra pure sull'attesissimo evento apertura di una manifestazione che, con lui, a prima vista non avrebbe nulla a che fare: il Piacenza Jazz Fest 2012, la rassegna organizzata dal Piacenza Jazz Club presieduto da Gianni Azzali (con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano, della Regione, del Comune, della Provincia e di sponsor) che da anni è tra le più importanti rassegne del panorama jazzistico italiano. Che c'entra Celentano? Può mai esistere un credibile rapporto tra il Molleggiato e il jazz? Può, può, se ci sono di mezzo cinque splendidi musicisti curiosi di ogni genere e stile come quelli che, domenica 26 alle 18.30, apriranno il Piacenza Jazz Fest 2012 allo spazio Le Rotative di via Benedettine 66 con un concerto-spettacolo, prodotto dall'Ater - Associazione Teatrale Emilia Romagna, che si annuncia fin d'ora imperdibile. Parliamo di Peppe Servillo, cantante della Piccola Orchestra Avion Travel e indiscusso campione della "via intelligente" alla canzone italiana (a proposito dell'ultimo Sanremo: lo abbiamo visto accanto a Eugenio Finardi nella "serata dei duetti") e di quattro grandissimi jazzisti: Furio Di Castri al contrabbasso, Fabrizio Bosso alla tromba, Javier Girotto ai saz, Rica Marcotulli al pianoforte, Mattia Barbieri alla tromba.
Servillo e Di Castri non sono nuovi a eccitanti avventure in cui rileggono in chiave personalissima il repertorio di nomi illustri del rock (Frank Zappa, omaggiato con il progetto "Zapping") e della canzone italiana (il grande Domenico Modugno, ispiratore dello stupendo "Uomini in Frac", quasi cento serate in tutta Europa). Stavolta la loro musa è Adriano Celentano e il risultato è uno spettacolo musicale che, visti i nomi coinvolti, si annuncia strepitoso. Strepitoso, di sicuro, è già il titolo: "Memorie di Adriano", scippato al famoso romanzo di Marguerite Yourcenar. Se il titolo è formidabile, è però più interessante il sottotitolo: "Canzoni del Clan di Adriano Celentano". Uno dei tratti più affascinanti di questa operazione, infatti, sta nell'intelligente scelta dei nostri cinque eroi di non limitarsi al confronto con la figura mattatoriale Molleggiato e di allargare lo sguardo a tutti gli artisti (Don Backy, Ricky Gianco, Detto Mariano, Gino Santercole e tanti altri) che orbitavano come pianeti intorno al Sole Adriano in quella picaresca avventura collettiva, senza paragoni in Italia, che, negli anni Sessanta, fu "il Clan di Celentano". Un piccolo gruppo di artisti, di cui Celentano fu il catalizzatore, che ha tracciato un'impronta profonda nella storia della musica italiana, che ha adattato il rock di Elvis, il rhythm'n'blues di Wilson Pickett e il soul di Ben E. King alla tradizione nazionale (i). «Abbiamo scelto Celentano», dicono Servillo e i suoi partners «er ritrovare le canzoni che cantavamo da ragazzi guidando le nostre prime automobili o intorno ai falò sulla spiaggia, canzoni che hanno fatto anche la "nostra" storia e che non abbiamo mai dimenticato». E che canzoni, signora mia: "Una carezza in un pugno", "Una storia d'amore", "Stai lontana da me", "Sognando", "Sei rimasta sola", "Sotto le lenzuola" e quella "Azzurro" di Paolo Conte che Celentano seppe fare cosa sua.
Alfredo Tenni