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Mercoledì 14 Luglio 2004 - Libertà

Beethoven va al Castello

Terre verdiane - Stasera a Vigoleno in programma la celebre Sinfonia. Neuhold dirige la Toscanini nella "Nona"

La Nona Sinfonia in Re minore di Beethoven sarà eseguita al Castello di Vigoleno stasera alle 21.30 e domenica 18 alla stessa ora. Eccezione "non verdiana" del Festival delle Terre Verdiane prodotto dalla Fondazione Arturo Toscanini, questa Nona sarà diretta da Günter Neuhold alla guida dell'Orchestra Toscanini. I solisti Maria Costanza Nocentini (soprano), Alessandra Palomba (mezzosoprano), Claudio Barbieri (tenore) e Konstantin Gorny (basso) canteranno col Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati. Tutti i loro curricula sono quelli di valenti artisti. Ma a rendere questo spettacolo raccomandabile a chiunque è la magia della partitura, perfetta incarnazione musicale di quel Sublime in cui lo Pseudo-Longino, Kant e Burke vedevano una categoria estetica autonoma dal Bello (il Bello appaga, il Sublime esalta e atterrisce come i grandi spettacoli della natura). Un'esecuzione della Nona in concerto è sempre qualcosa cui non si può resistere. E questa sinfonia è qualcosa che nessuno dovrebbe far mancare alla propria vita, come i capolavori di Omero, Dante, Shakespeare e Michelangelo. Per la nostra cultura pop, però, la conoscenza della Nona è viziata da un elemento che la rende più simile alla Gioconda che alla Pietà Rondanini: una popolarità che l'ha resa bersaglio di infinite parodie (fin da Schumann e Brahms), citazioni (ricordate Arancia meccanica?), appropriazioni (l'Inno alla Gioia, il celeberrimo finale cantato, è diventato l'inno dell'Unione Europea) e volgarizzazioni (un genere cui le suonerie dei telefonini hanno aperto nuove frontiere). Dietro tutto questo fracasso mediatico resta lei, la Sinfonia. Presentata al pubblico nel 1824, la Nona fu composta da Beethoven, immerso da anni nella totale sordità, insieme agli altri suoi estremi capolavori (le ultime sonate per pianoforte, la divina Missa Solemnis, le Trentatré Variazioni, i primi quartetti per il principe Golycin): visioni rubate al Cielo, figlie dell'eternità più che del loro tempo. Eppure questa musica non assomigliava assolutamente a nulla. L'impianto formale della sinfonia codificata da Haydn, è qui sconvolto dalle fondamenta, a cominciare dalla lunghezza inusitata della partitura e dall'indescrivibile forza "teatrale" delle sue intuizioni. Il primo movimento, con accordi di quinta che paiono echi di un'immensa frana cosmica e si coagulano nel potentissimo tema iniziale, è un'ineguagliata epopea musicale che ha il pathos delle forze della natura più che della storia umana. L'inebriante Scherzo il secondo movimento, mentre il terzo, col suo lirismo che evoca infinite memorie, prefigura i brani lenti di Bruckner. Ma la "pietra dello scandalo" resta l'inaudita irruzione delle voci nel genere sinfonico (mai più osata fino a Mahler) con la cantata finale sulle parole dell'ode An die Freude ("Alla gioia") di Friedrich Schiller. L'irresistibile afflato di questi versi ("Tutti gli uomini diventano fratelli") ha trasformato per molti l'Inno alla Gioia in un canto di fratellanza universale. Contro questa tradizione è insorto Piero Buscaroli, dottissimo e reazionario storico della musica che, nella sua recente ma già imprescindibile biografia di Beethoven, dipinge il Maestro di Bonn come un patriota "pangermanista" e antirivoluzionario, affermando che la Nona doveva intitolarsi Sinfonie allemande ("Sinfonia tedesca") e deplorando che i nostri tempi abbiano trasformato questo mistico tributo alla Nazione in "un messaggio umanitario, un baloccone per eurobaggianate, un trofeo per banche e Bar Sport". Può darsi che, sugli intenti di Beethoven, Buscaroli abbia ragione. Ma le musiche, come i libri, hanno i loro destini. E chiunque continui a pensare che l'ideale di un mondo libero e in pace superi, per nobiltà e ampiezza di orizzonti, quello di una patria armata e vittoriosa, troverà sempre nella Nona la musica capace di dare forma ai suoi sogni.

Alfredo Tenni

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