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Lunedì 13 Febbraio 2012 - Libertà

Libro di Ezio Mauro e Zagrebelsky: se ne parla mercoledì in Fondazione

"La felicità della democrazia. Un dialogo"

di ANNA ANSELMI
All'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, mercoledì alle ore 17.30, nell'ambito delle iniziative Cultura all'ombra del Duomo. Confronto a più voci su libri che servono ad "allargare gli spazi della razionalità", promosse da Punto incontro, servizio diocesano cultura lavoro scuola, si parlerà del volume La felicità della democrazia. Un dialogo di Ezio Mauro e Gustavo Zagrebelsky, Laterza editore. A introdurre e coordinare il dibattito interverranno Paolo Rizzi e Marco Tizzoni. La felicità della democrazia, attraverso lo strumento del dialogo tra un giornalista, Ezio Mauro, direttore del quotidiano "la Repubblica", e un giurista, Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte costituzionale e professore emerito dell'Università di Torino, si interroga su come la democrazia, nel garantire la libertà personale e civile delle persone, riesca o meno a corrispondere al naturale bisogno di felicità, nel tentativo di tracciare un bilancio sul sistema politico occidentale, in un tempo quale il nostro che è stato definito «l'autunno della democrazia». Tanto che nei Paesi che storicamente si propongono come modelli di tale sistema di governo - ha osservato Luciano Canfora, recensendo il libro sul "Corriere della sera" - prevalgono «la elementarità sloganistica, il crescente assenteismo e, per converso, la dedizione per così dire istintuale e mimetica verso personalità galvanizzati», mentre la democrazia di per sé richiede al contrario «un'assidua opera educativa».
Mauro, conversando con Zagrebelsky, premette di considerare da tempo come cruciale il rapporto tra felicità e democrazia: «In questo Paese, e soltanto in questo (bisognerà pur riflettere sulla ragione) - evidenzia Mauro - si sta facendo strada l'idea che la felicità e la soddisfazione dell'individuo possono essere cercate solo fuori dalle regole, a dispetto delle norme, in quella dismisura tipica dell'abuso e del privilegio, che irride agli interdetti culturali e sociali, al sentimento del rispetto, al pubblico decoro. È la ribellione culturale contro il «regolamentarismo» e il politicamente corretto, ed è la rivolta molto più concreta, utilitaristica, contro il diritto e la legalità, invocando il «sonno della legge. (…) È un rovesciamento disperato delle cose. Sotto la spinta dell'urgenza e della necessità si cerca ipocritamente di invocare il disordine come nuovo fondamento del vivere insieme, l'esagerazione come modello sociale, la licenza come libertà, il soverchio come nuova misura».

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