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Martedì 14 Febbraio 2012 - Libertà

Cinello, mille storie tra poesia e ironia

L'omaggio della sua città a trent'anni dalla morte

di CARLO FRANCOU
Nel trentesimo anniversario della scomparsa del pittore piacentino Cinello la famiglia e in modo particolare l'architetto Patrizio Losi, primogenito dell'artista, intende promuovere il suo ricordo attraverso una serie di iniziative che dovrebbero culminare in una mostra antologica pubblica e in una monografia che diano la giusta importanza ad un artista di cui ancora molto va messo in luce e che consentirebbero di approfondire la sua personalità artistica e umana.
«Trovo che mio padre sia stato un po' trascurato e quindi sottostimato da un punto di vista artistico, forse anche perché, lavorando in maniera del tutto autonoma ha avuto un suo percorso solitario, pur mantenendo forti legami di amicizia con altri artisti piacentini» sottolinea Patrizio Losi che si è attivato insieme al fratello Franco, dirigente aziendale, e alla madre Carmen Moreno.
Come definirebbe la sua pittura?
«I suoi temi, le sue storie, se da un lato hanno trovato l'humus nell'ambito del cosiddetto fantastico-surreale dall'altro si sono distaccate creando una serie di racconti che avevano nell'ironia, nel gioco, nella grande convinzione che la vita è comunque bella, la loro ragione d'essere».
Come ricorda suo padre?
«Mio padre era una persona fondamentalmente timida e fragile anche da un punto di vista emotivo e aveva trovato nella pittura l'ambito in cui si sentiva sicuro. E' stato uno degli ultimi artisti che definirei ancora bohemienne, un po' genio e sregolatezza. lavorava quando era ispirato gettandosi a capofitto nella pittura per mesi e rimamendo apparentemente fermo per altri mesi».
Come padre com'era?
«Non posso dire che sia stato un padre tradizionale, ma i valori che ci ha trasmesso e l'affetto che ci ha dato anche in maniera silenziosa compensano le sue frequenti assenze».
A trent'anni dalla scomparsa ora Cinello merita un'antologica, la macchina organizzativa si è già avviata?
«Cinello è ancora una presenza sentita e il riscontro che ricevo mi induce a ritenere che è possibile riuscire nell'intento di realizzare una mostra ma anche una monografia che, oltre a rimanere come documentazione una volta terminata la mostra, permetterebbe di approfondire anche un aspetto della storia artistica e umana del primo Dopoguerra piacentino. Mi affianca in questo sforzo l'amico Eugenio Gazzola, critico preparato, con il quale abbiamo impostato un percorso che dovrebbe arrivare alla preparazione di una mostra nel mese di ottobre di quest'anno. Le Amministrazioni Comunale e Provinciale mi hanno assicurato la loro partecipazione e ho avuto anche interesse da parte della Fondazione di Piacenza e Vigevano».
Cosa rende unica l'esperienza artistica di suo padre?
«Oltre che nei soggetti che ne caratterizzano la pittura penso anche alla tecnica legata ad un'arte antica fatta di fatica, pazienza e soprattutto disegno. Cinello era un uomo di grande personalità, schivo, non soggetto a condizionamenti di mode o altro».
«L'artista - prosegue Patrizio Losi - non è una persona comune e la sua diversità è proprio nel modo con cui si rapporta a quello che gli succede intorno. Le sensazioni, le intuizioni, le sensibilità sono molto più evidenti, più accentuate, anche esasperate: ma è proprio questa l'essenza di fare arte. L'ispirazione, per quello che io conosco, nasce proprio da questa miscellanea di situazioni. Conosco quanta fatica comporta, conosco le conseguenze di queste tensioni e comprendo quanto sia difficoltoso esercitare questa attività. Per questo penso e a maggior ragione credo sia importante mantenere vivo il ricordo di personaggi come mio padre».
Cinello visse in un momento particolarmente fertile per la realtà culturale piacentina e ne alimentò lo svilupparsi in maniera discreta ma incisiva. A trent'anni dalla scomparsa la sua città non può esimersi dal tributargli l'omaggio che giustamente merita.

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