Lunedì 30 Gennaio 2012 - Libertà
"Bettinardi", il 2012 è l'anno della Sicilia
Al Milestone tanti i talenti provenienti dall'isola
di ALFREDO TENNI
Al "Bettinardi" il 2012 è l'anno della Sicilia. La nona edizione del concorso nazionale "Chicco Bettinardi - Nuovi Talenti del Jazz Italiano" (organizzato dal Piacenza Jazz Club presieduto da Gianni Azzali, con il patrocinio del Ministero per i Beni Culturali e il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano, della Regione e degli sponsor Yamaha, Naima ed Elitrans), è stata investita da un autentico "big bang" di talenti provenienti dall'isola.
La sezione "Solisti", le cui semifinali si sono chiuse l'altra sera al Milestone, spedisce infatti in finale, come potete leggere nell'articolo sotto, ben tre siciliani su sei finalisti. Questo exploit della fresca e vitale scena giovanile dell'isola è stato ben rappresentato dal giovanissimo musicista che l'altra sera, nell'ultima semifinale (in cui i concorrenti erano accompagnati dai musicisti del Trio Bettinardi: Stefano Caniato al pianoforte, Mauro Sereno al contrabbasso e Luca Mezzadri alla batteria), è entrato in finale e ha vinto, con un vero plebiscito, il "Premio del pubblico". Parlo di Francesco Patti, saxofonista contralto di soli 17 anni arrivato da Capaci, la cittadina in provincia di Palermo tristemente famosa per una tragedia (la strage mafiosa del 23 maggio 1992 in cui il magistrato antimafia Giovanni Falcone fu ucciso con sua moglie e con tre agenti di scorta) e che è bello, stavolta, citare per motivi lieti. Esuberante, guascone, incontenibile, ma dotato di un ragguardevole bagaglio tecnico, Patti ha iniettato una overdose di ormoni adolescenziali in Caravan di Juan Tizol e in una pirotecnica versione di Well you needn't di Thelonious Monk. E, alle prese con Nancy (with the laughing face) , una delle più amate canzoni scritte da Jimmy Van Heusen per Frank Sinatra, si è mostrato capace di misurarsi con le ballad con una maturità rara tra i giovani jazzisti.
Molti applausi sono andati anche agli altri due concorrenti dell'altra sera: il ventenne pianista Leonardo Caligiuri (di Parma) e il ventunenne clarinettista Andrea Montalbano (siciliano pure lui: è di Sciacca, nell'agrigentino). Caligiuri, che ha proposto la propria composizione Red passion oltre ad All blues di Miles Davis e Stella by starlight di Victor Young) è un pianista misurato ed elegante, devoto a Bill Evans - come tutti, ormai - e anche un po' a Keith Jarrett, bravo nell'accarezzare l'orecchio con seducenti frasi "a effetto" ma forse ancora privo della maturità necessaria a sviluppare fino in fondo gli spunti che la sua sensibilità gli suggerisce.
Il clarinettista Montalbano si è misurato con lo "standard assoluto" All the things you are, della premiata ditta Oscar Hammerstein II-Jerome Kern e con My one and only love di Guy Wood per concludere con Halloween, una sua composizione basata sulla struttura di Autumn leaves. Montalbano sa suonare e ha una buona padronanza dello strumento in tutti i registri. Ma il suo approccio un po' erratico all'improvvisazione gli ha alienato i favori di una parte del pubblico, così come il suo ampio ricorso a un vezzo non raro tra i "cugini" saxofonisti ma raro tra i clarinettisti: quello di "forzare" lo strumento per ricavarne growls e altri suoni estremi, volutamente "brutti" da sfruttare a scopo espressivo. Un vezzo che ricorda gli ultimi anni di un clarinettista famoso, Tony Scott, che - vedi il caso - era siciliano pure lui: il suo vero cognome era Sciacca ed era originario di Salemi, il paese in provincia di Trapani dove lui ha voluto essere sepolto.