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Martedì 24 Gennaio 2012 - Libertà

concorso bettinardi Proseguono le semifinali con Enrico Degani, Carmelo Emanuele Patti e Gianluca Figliola (premiato dal pubblico)

piacenza - Le classifiche di punteggio tra i concorrenti in gara resteranno, come sempre, un segreto a prova di bomba fino alla fine. Ma una cosa si può già dire: Vivaldi skating in Central Park («Vivaldi che pattina nel Central Park», o forse «Vivaldi va sullo skateboard nel Central Park») vince a mani basse un ideale trofeo per il "miglior titolo di un brano originale" finora proposto al concorso nazionale Chicco Bettinardi - Nuovi talenti del jazz italiano organizzato dal Piacenza Jazz Club. Titolo azzeccato, oltre che magnifico, perché calza come un guanto alle suggestioni evocate da questa musica: un "solo" per chitarra classica amplificata che arrangia e sviluppa un tema della Primavera di Vivaldi in chiave jazzata e sofisticatamente new yorky, sposando il modernismo delle armonie a una struttura classicamente settecentesca come quella del rondò.
Sulla carta era un'operazione a forte rischio Kitsch: ne è uscito invece un brano elegante, intelligente, originale. Desta meraviglia che una simile prova arrivi da un adolescente: il diciottenne torinese Enrico Degani, il concorrente che, l'altra sera al Milestone, ha aperto la terza semifinale per solisti del "Bettinardi" (faceva gli onori di casa il presidente del Jazz Club Gianni Azzali, che ha ringraziato il Ministero dei beni culturali, la Regione, la Fondazione di Piacenza e Vigevano e gli sponsor Elitrans, Yamaha e Naima per il loro sostegno).
Corporatura filiforme, capelli biondi spettinati, occhiali, maglione per daltonici, il simpaticissimo Degani sembra uscito dritto dagli anni '70: esattamente come la sua musica, in cui è evidente (e non solo per la scelta inusuale di suonare jazz con una chitarra classica) l'influenza di Ralph Towner degli Oregon e del "jazz da camera" targato ECM. Influenze avvertibili anche nei due brani che Degani ha proposto con l'accompagnamento di Mauro Sereno al contrabbasso e Luca Mezzadri alla batteria: una trasognata Naima di John Coltrane e un altro brano autografo, l'eterea Wind. Il ragazzo suona bene, scrive bene e ha solo 18 anni: va tenuto d'occhio.
È stata una semifinale caratterizzata da un "assortimento" decisamente originale per un concorso jazz: per i concorrenti (accompagnati dal "Trio Bettinardi", la sezione ritmica "ufficiale" del Jazz Club, con Sereno, Mezzadri e il pianista Stefano Caniato) niente strumenti a fiato, niente pianoforte, ma solo strumenti a corda. Il ventiseienne milanese Carmelo Emanuele Patti, è un violinista innamorato di Miles Davis: ha aperto con una Flamenco sketches in cui il classicissimo, sognante assolo di tromba del grande Miles, trascritto per violino, era esposto come tema; ha proseguito con un altro classico davisiano, Solar, e con una interessante composizione autografa, (corsivo) Exploring the ground. Patti non è un virtuoso e la sua austera impostazione classica sembra frenare un po' il suo estro di jazzista: ma la lirica bellezza della sua "voce" strumentale e il suo stile raffinato hanno toccato il cuore di molti spettatori, a giudicare dal calore degli applausi che gli sono stati riservati.
Il "re" della serata è stato comunque Gianluca Figliola, ventiquattrenne chitarrista di Guidonia (Roma), che ha vinto il "Premio del Pubblico". Solista viscerale (è uno di quei musicisti che, mentre suonano, "fanno le facce"), Figliola ha tutte le virtù di un jazzista: tecnica eccellente e mai disgiunta dal feeling, bravura nell'improvvisazione, capacità di interplay, ricerca di un sound personale; tutte qualità di cui il chitarrista ha fornito ampia prova alle prese con lo standard di Jimmy Van Heusen It could happen to you e con i tempi spiritati del classico di Sonny Rollins Airegin. Ma a sedurre all'istante molti spettatori è stato il brano che Figliola ha presentato all'inizio, a mo' di biglietto da visita: Rudy's blues di Peter Bernstein, in cui il giovanotto di Guidonia, oltre a un fraseggio dinoccolato e irresistibilmente cool ha sfoggiato un senso del blues che non è di tutti.

Alfredo Tenni

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