Martedì 31 Gennaio 2012 - Libertà
La grande interprete racconta del suo incontro con Fabrizio De Andrè, del suo modo di cantare e del suo lavoro di "vocal coach"
di ALFREDO TENNI
«Uno dei grandi spartiacque della mia carriera artistica è stato nel 1997, quando Fabrizio De André mi volle accanto a lui come vocalist e polistrumentista nel tour di Anime salve, il suo ultimo disco. Sarò sincera: all'inizio non volevo assolutamente accettare. Temevo che una tournée come quella mi avrebbe distolto eccessivamente dal jazz che era, allora come adesso, la mia passione autentica. Finii per accettare solo perché lui, "Faber", fu irremovibile: "O te o nessun'altra", mi mandò a dire. Così feci la tournée con lui. E, anche se lui non era certamente un un cantante né un musicista tecnicamente preparato nel senso tradizionale del termine, De Andrè mi insegnò molte cose. Non mi vergogno a dirlo: è stato grazie a lui che io, abituata a interpretare gli standard jazz, ho imparato a cantare nella mia lingua, a misurami con la grande canzone d'autore italiana. E, nel concerto che terrò a Piacenza, porterò in scena proprio questo: l'incontro della mia anima jazz con la bellezza di questo repertorio».
Parola di Danila Satragno, la magnifica cantante che domani sera alle 21.15, nell'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano in via Sant'Eufemia, sarà protagonista dell'anteprima del Piacenza Jazz Fest 2012, il festival di respiro internazionale organizzato dal Piacenza Jazz Club presieduto da Gianni Azzali. In una formazione scarna, fatta apposta per esaltare il suo talento (il Danila Satragno Trio, che vede la leader spalleggiata da due dei migliori e più raffinati jazzisti italiani: Dado Moroni al pianoforte e Rosario Bonaccorso al contrabbasso), la cantante terrà un concerto intitolato Un lupo in Darsena, come il suo omonimo, bellissimo disco del 2006 in cui rileggeva "in jazz" classici della canzone d'autore italiana, da Luigi Tenco (con la chicca di una Il mio regmo sovrapposta alla struttura ritmico-armonica di Epistrophy di Thelonious Monk) al suo mentore Fabrizio De André. E, alla vigilia del concerto, la Satragno (pianista di formazione classica folgorata sulla via del jazz dalla scoperta dei dischi di Lennie Tristano prima di scoprirsi cantante) parla con Libertà di jazz, di musica leggera e di tante altre cose.
Che cosa un geniale "non musicista" come De André è riuscito a insegnare a lei?
«Mi ha insegnato la cosa più semplice e dimeticata del mondo: la bellezza, la peculiare musicalità della lingua italiana. Mi diceva: "Prova a ripetere lentamente una parola come ‘sole', come ‘mare': senti che bel suono hanno, senti come ti riempiono l'anima". Una lezione che non ho dimenticato».
E, per quanto riguarda il canto jazz, chi è stato il suo più grande maestro?
«Un non-cantante: il grande pianista americano Mal Waldron, con cui ho cantato negli anni Novanta e che mi ha incoraggiato a smettere di imitare Billie Holiday per essere me stessa».
Non di rado, in Italia i jazzisti che collaborano con gli artisti della canzone sono "scomunicati" dai colleghi più integralisti, che li trattano da "venduti". È successo anche a lei?
«Come no. Il pianista Enrico Pieranunzi, che aveva fatto fuoco e fiamme perché lavorassi in un suo progetto, dopo al mia tournée con De Andrè mi disse. "Non voglio più lavorare con te, perché disapprovo la scelta che hai fatto". Ma io non mi sento una "venduta". Io voglio che il jazz, la musica che amo, arrivi al pubblico più vasto possibile. E, nel mio piccolissimo, credo di avere dato anch'io il mio contributo, quando sono riuscita a mandare la mia giovane e magnifica allieva Annalisa Scarrone ad Amici, il programma di Maria De Filippi che per tanti paladini della cultura "alta" è più o meno un'incarnazione del demonio. Annalisa, che ha partecipato alla stagione 2010-2011 di Amici vincendo il premio della critica, ha cantato in tramissione The dry cleaner from Des Moines, una delle canzoni-capolavoro che Joni Mitchell ha creato per il suo album Mingus, rivestendo di versi le musiche del grande contrabbassista e compositore Charles Mingus. Io dico: "Meglio questo che niente! ". Molti miei colleghi jazzisti, invece, ribattono: "Meglio niente che questo! ". Ma è un modo di pensare che ci ghettizza».
La sua assenza di pregiudizi l'ha portata a collaborare con molte celebrità della musica leggera non solo come cantante e musicista ma anche come titolare di un incarico delicatissimo: quello di "vocal coach", cioé "allenatrice della voce". Come "vocal coach", lei allena le corde vocali di cantanti famosi: Ornella Vanoni, l'ex Pfm Bernardo Lanzetti, Roby Facchinetti e Red Canzian dei Pooh. Per favore, chiuda un occhio sul segreto professionale e ci racconti come sono i suoi "assistiti" visti da vicino.
«Posso dire solo questo: sono tutti grandi professionisti e lo dimostrano anche con l'umiltà con cui mettono in pratica i miei consigli ed eseguono pazientemente gli esercizi che io prescrivo loro. Molti cantanti meno professionali non hanno la stessa umiltà».