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Giovedì 26 Gennaio 2012 - Libertà

«Giacinto Facchetti, un esempio per tutti»

La commozione del figlio Gianfelice: «Il suo ricordo rimarrà sempre vivo». All'auditorium della Fondazione presentato il libro "Se no che gente saremmo", scritto dal figlio del grande campione

PIACENZA - Ha la faccia pulita Gianfelice Facchetti, un volto che muove commozione e attenzione quando racconta di papà, con l'emozione sempre negli occhi. Soprattutto quando Gabriele Gualazzini, ex nerazzurro di lungo corso, gli si avvicina, prende il microfono e dice: «Tuo padre è stato un esempio per tutti noi, Io all'Inter ho giocato poco, ma lui era una spanna sopra tutti, in fatto di educazione e di attaccamento ai valori dello sport».
Gianfelice si commuove, Gualazzini l'abbraccia. Non è un quadretto da libro "Cuore", ma vita vera, fatta di sentimenti che solo il calcio può regalare. Accanto stanno Giorgio Lambri e Mauro Molinaroli, entrambi giornalisti rispettivamente caposervizio e collaboratore di Libertà e Francesco Procida in rappresentanza dell'Associazione Felicity che ha promosso l'iniziativa insieme a alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, che ospita la serata e alla libreria Farheneit 451. La serata si trasforma in uno scrigno di ricordi di famiglia che Gianfelice, uno dei tre figli dell'indimenticabile campione nerazzurro, ha voluto condividere con tutti coloro che prima e dopo la morte di Giacinto hanno manifestato il proprio affetto, attaccamento, devozione e stima.
La sala è gremita, "Se no che gente saremmo" se non sapessimo cogliere le scene di quotidianità, cose semplici, aneddoti e storie che tratteggiano la statura morale di un personaggio che senza potersi più difendere è finito paradossalmente nel tritacarne della procura federale e nella desolazione di Calciopoli. Un bersaglio "comodo" da gettare nel calderone per dimostrare che nessuno era immune dal malaffare del pallone. A livello mediatico il trucchetto ha funzionato poco. Gianfelice e famiglia, con l'eleganza che li contraddistingue in ogni intervento pubblico, pur esprimendo tutta l'amarezza per le modalità non scendono al compromesso della schermaglia mediatica. Hanno seguito l'unico percorso possibile, quello della tutela legale per difendere la memoria di chi non può più farlo, senza contrattaccare, con la serenità di chi conosce la verità più profonda. Ma ancora di più Gianfelice, ha voluto scrivere questo libro che è memoria, ricordo, ma anche monito, elemento per sensibilizzare chi crede in un calcio pulito.
Risponde a qualsiasi domanda, Gianfelice, anche quando gli si chiede se nel percorso di stesura del libro gli sia capitato di accantonare qualcosa, qualcosa da custodire gelosamente oltre la sottile linea che separa un personaggio così amato dalla sfera privata. Sorride, e racconta: «Qualcosa c'è. Qualcosa che ho tenuto per me, anzi, neanche per me. Rovistando tra le carte di papà ho trovato un pacco di lettere, lettere d'amore. Ho letto la prima, la prima lettera spedita a mia madre. Ho capito e ho riposto il pacco senza leggere le altre». Eppure nel libro di intimità familiare ne troviamo tanta. Impossibile scindere uomo e campione, padre, marito e personaggio pubblico. Emerge un incontro con il grande Franz Beckenbauer che dice a Gianfelice: «Tuo padre è stato d'esempio per il mio modo di giocare, d'interpretare il ruolo di libero». Incredibile ma vero. Giacinto Facchetti, "Cipe" per tutti era un interista vero, autentico, sensibile così come lo è Gianfelice, che racconta, tira fuori ricordi, snocciola autori e personaggi, da Brera ad Arpino, da Mariolino Corso ad Helenio Herrera, fino a Massimo Moratti.
E' aperto, trasparente e generoso, Gianfelice. Ha fatto teatro e si vede, scrive in punta di penna, sa trasmettere ciò che ognuno di noi vorrebbe sentirsi dire. Il suo racconto fa sì che sia un insegnamento di vita e rettitudine, valori trasmessi e recepiti dalle persone presenti in sala. Con più forza nel momento di massimo fulgore umano e agonistico, con fatica nel momento più duro, dopo la scoperta della malattia. Ma con la stessa coerenza, sempre. Tenere vivo il ricordo di Giacinto è la missione più grande di Gianfelice, senza forzature. Giorgio Lambri e gli altri che siedono al tavolo lasciano trasparire un moto di commozione, c'è una canzone degli Stadio dedicata a "Giacinto e Gaetano" (Facchetti e Scirea) nobili uomini del calcio italiano e la serata corre via senza polemiche (a che servirebbero?), ma con grande leggerezza. Gianfelice ha capito la palude di Calciopoli e combatte la sua battaglia portando in giro l'immagine di suo padre attraverso un libro che è anche una pagina di narrativa, o meglio, di letteratura sportiva.

Lino Lambrini

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