Lunedì 30 Gennaio 2012 - Libertà
Concilio Vaticano II, la storia mai scritta
Incontro all'auditorim della Fondazione con Roberto De Mattei, docente di Storia della Chiesa
piacenza - Ha intitolato la sua ricostruzione dei lavori del Concilio Vaticano II Una storia mai scritta, non perché non siano disponibili testi anche imponenti sull'avvenimento. «Ma quanto fin qui pubblicizzato, l'opera di Giuseppe Alberigo, in più volumi e a più voci, è ideologica e tendenziosa. Il Concilio Vaticano II vi viene infatti visto come l'alba di una nuova Chiesa, che finalmente si libera dal suo passato, dalla Tradizione», ha spiegato Roberto de Mattei, intervenuto all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano a un incontro, introdotto da Marco Sgroi, durante il quale il docente di Storia della Chiesa e del cristianesimo all'università Europea di Roma ha sintetizzato i concetti chiave approfonditi nei suoi recenti saggi editi da Lindau: Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta e Apologia della Tradizione.
Quest'ultima, definita «ciò che nel passato vive nel presente, affinché il presente abbia un futuro», rimane - ha sostenuto de Mattei - l'unico elemento su cui fondare il progresso: «Possiamo perfezionarci solo nelle cose che restano, non in quelle che passano». Già vicepresidente del Cnr, il professore romano si è impegnato in un ponderoso studio sul 21° concilio ecumenico, aperto da Giovanni XXIII l'11 ottobre 1962 e chiuso da Paolo VI l'8 dicembre 1965. Studi che hanno tenuto conto anche delle prospettive di lettura suggerite in più occasioni da Papa Benedetto XVI, assertore dell'ermeneutica della continuità e non della rottura.
In questo modo il Pontefice «ha consegnato il Concilio Vaticano II alla riflessione teologica», ambito comunque diverso da quello della discussione storica, in cui si colloca l'opera di de Mattei, che si è dovuto confrontare «con una sorta di unanimismo, una leggenda rosa creata nel tempo nei confronti del Concilio Vaticano II, secondo la quale tutto era andato bene, quando invece le aule consiliari furono teatro dello scontro tra le minoranze accanite dei conservatori e dei progressisti».
Un punto ritenuto decisivo da de Mattei è l'aver ignorato, in un assise convocata per trattare del rapporto tra Chiesa e modernità, le questioni poste dall'imperialismo comunista. Lo storico ha ricordato il clima psicologico di ottimismo in cui si svolgeva il concilio, con l'ascesa di tre «icone, quali Giovanni XXIII, Chrušcëv e Kennedy. Per molti cattolici era meglio dialogare con il comunismo considerato portatore di germi positivi. Così nell'agosto 1962 a Metz fu stipulato un accordo segreto tra il Vaticano e il Patriarcato di Mosca affinché nel concilio non si accennasse al marxismo».
Tra gli errori di valutazione argomentati da de Mattei ci fu anche «la convinzione che il processo sorto dalla rivoluzione francese fosse irreversibile, mentre all'opposto il mondo moderno denotava già sintomi di crisi», esplosa poi nel 1968 e ancora nel 1989. Oggi, schiacciati «da una crisi economica che si inquadra in una crisi politica, che rimanda a una crisi morale, che a sua volta presuppone una crisi religiosa», diventa ancora più urgente capire come la Chiesa del post-concilio si sia relazionata con la complessità del Novecento. Per de Mattei il superamento dei momenti di incertezza non può che passare per il primato attribuito alla Tradizione, «immutabile nel perenne divenire delle cose». Così è nelle parole di S. Teresa d'Avila ("Tutto passa, solo Dio non muta") che troviamo «il nostro invincibile potere forte, anche contro quei cosiddetti "poteri forti", che ci minacciano e dei quali non dobbiamo avere paura».
Anna Anselmi