Giovedì 19 Gennaio 2012 - Libertà
Ettore Carrà, il racconto di una vita
Presentati in Fondazione i "Taccuini" di un ragazzo sulla soglia della ribellione
piacenza - Agenda 45 racchiude i taccuini di Ettore Carrà, scritti tra il 1943 e il 1945, quando ragazzo, affrontava alcune tra le scelte più significative delle sua esistenza, come quella di aderire, quasi inconsapevolmente al movimento partigiano. Un giovane normale, che leggeva libri e guardava film di un'Italia in bianco e nero, tra telefoni bianchi e riviste patinate. Eravamo un Paese maledettamente lontano dal resto del mondo e l'Europa segnava il passo con il nazifascimo che non lasciava vie d'uscita; l'America era troppo lontana e troppo sconosciuta; e quel bisogno di crescere che caratterizzava il giovane Ettore Carrà non poteva certo venir fuori durante il fascismo più cupo.
Negli anni di Salò, nel periodo in cui Mussolini era stato giudicato colpevole dal Gran Consiglio. E allora i diari, presentati ieri sera all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano da Fabrizio Achilli, presidente dell'Istituto storico della Resistanza e dell'Età contemporanea, Daniela Morsia, storico, che ha illustrato nel suo intervento i tanti volumi scritti da questo giovane di allora, Eugenio Gazzola, saggista e critico d'arte che grazie alla sua casa editrice, Scritture, ha dato un corpo e un'anima a questo lavoro e da Mario Cravedi, presidente dell'Anpi provinciale, assumono un sapore e un ruolo particolare. Contengono il gusto andato di un'epoca lontana che solo la pazienza certosina di Gazzola e la meticolosità dello stesso Carrà, la cui presenza è stata salutata da un applauso e i cui appunti sono stati letti con bravura e intensità da Gian Carlo Andreoli, ne hanno reso possibile la pubblicazione.
Stralci semplici di un'Italia lontana, di una Piacenza che pare appartenere a un altro universo, ma quel giovane, con la sua dedizione e con la sua precisione, fissa momenti importanti che servono a interpetare la vita quotidiana di un'epoca, di un periodo. C'erano i casini, di cui Carrà conosce a memoria luoghi e tariffe, come del resto i tanti giovani della sua generazione; i cinema erano qualcosa che il regime non riusciva a controllare come avrebbe voluto, perché le prime grandi dive e gli attori di allora andavano oltre i dettami di un fascismo da operetta. Doris Durante, Cesco Baseggio, tanto per fare qualche citazione sono i simboli di un'Italia piccola e povera, rintanata in se stessa e poco incline ad aprirsi. E quei diari sono la testimonianza di un giovane maestro elementare che vuole crescere, che guarda al futuro, cerca nuove strade.
Come hanno sottolineato i presenti, da quei diari ne è uscito il racconto di una vita, inizialmente vissuta ai margini della storia tra libri, cinema e ragazze per poi tramutarsi in diserzione e guerra. Ettore Carrà (questo è il pregio dei suoi diari) indugia sulla soglia della ribellione, tra le minacce del regime e il richiamo per la lotta della libertà che si organizza sulle colline del Piacentino. Finisce partigiano quasi per caso e concorre a liberare la sua terra senza perdere nulla del suo spirito giovanile e i taccuini conservano l'immagine di un uomo che intende combattere, che si nasconde e che trova al termine della guerra una maturità importante che è poi l'età adulta. Ma allora cosa sono quei taccuini? Gazzola & C. sono tanti davvero bravi a rendere l'immagine di un uomo che uomo non è ancora: ci piace ricordare una frase di Habbie Hoffman, quando dice a proposito della gioventù, la stessa vissuta da uomini come Ettore Carrà: "Eravamo giovani, eravamo avventati, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, ma avevamo ragione".
Ecco, Ettore Carrà ha avuto ragione. E quei taccuini ne sono la conferma, perché da quelle parole emerge il fascino della prima gioventù, quando il talento è una specie di follia e la vita un viaggio in incognito con se stessi.
Mauro Molinaroli