Venerdì 10 Febbraio 2012 - Libertà
Sanguineti, poeta "dantesco"
Lezioni Letture: Niva Lorenzini in Fondazione per il ciclo organizzato con il "Gioia"
piacenza - Edoardo Sanguineti? Uno dei più grandi sabotatori della letteratura italiana. Lo ha chiarito Niva Lorenzini, docente dell'università di Bologna che ieri mattina è intervenuta all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano sul tema "La scrittura infera di Dante in Edoardo Sanguineti" nell'ambito della rassegna "Lezioni Letture" organizzata dalla Fondazione in collaborazione con il liceo "Gioia" sotto la direzione di Noemi Perrotta.
«Quello di Sanguineti è un sabotaggio dall'interno - ha spiegato la docente a margine dell'incontro - ed esso avviene esasperando la letteratura: non solo dunque parodiandola o capovolgendola di significato, ma esasperandola nelle sue forme più riconoscibili a livello retorico e sintattico. Bisogna però ricordare che per Sanguineti il linguaggio è ideologia: parlare significa schierarsi, prendere posizione e allora il suo intervento parodico non è mai un gioco linguistico, ma è una consapevolezza critica della tradizione letteraria».
Ecco allora che il Sanguineti "lessicomane" attento ai valori fonici e fisici della parola non può che passare attraverso la tradizione dantesca: «Dante è molto presente in alcuni poeti del Novecento soprattutto a partire dagli anni Cinquanta: lo si trova nelle raccolte Nel Magma di Luzi e Il seme del piangere di Caproni, ma è senza dubbio Sanguineti il poeta più "dantesco" - ha continuato Lorenzini - e non solo per la sua formazione, ma per il realismo. In Dante il linguaggio è assolutamente realistico e per Sanguineti il realismo coincide con una lingua realistica: "usare" Dante significa utilizzare un plurilinguismo apertissimo alle interferenze dei linguaggi più vari e una parola concreta che non ha paura di confrontarsi con i gerghi e il linguaggio basso e nello stesso tempo lascia spazio alle citazioni di tutta la cultura europea». A dimostrarlo sono stati gli esempi citati dalla docente a cominciare dal quel "travestimento dantesco" che è La commedia dell'inferno, pubblicata nel 1989 e destinata a una rappresentazione teatrale poi curata da Federico Tiezzi.
Ma la passione per il linguaggio e la parola intesa come realtà che incide nella storia porta in un quadro più generale a una libertà assoluta nel suo utilizzo: «Per lui la traduzione è un tradimento perché non si può attualizzare un autore della tradizione classica se non rendendolo "nostro", ossia inventando un linguaggio che sia comprensibile e faccia parte del nostro presente» ha spiegato Lorenzini. «Questo significa che la parola può essere utilizzata anche deformandola: è un'assoluta libertà che emerge nel rifacimento di Pascoli che Sanguineti non esita a parodiare. E qui sta la sua grandezza: nell'essere fedelissimo agli originali e nello stesso tempo nel reinventarli sulla sua lingua».
Betty Paraboschi