Martedì 31 Gennaio 2012 - Libertà
Tutti a lezione di Rembrandt
In Fondazione conferenza su acquaforte e puntasecca
PIACENZA - Dopo la lezione sul bulino, è stato il turno di acquaforte e puntasecca nella serie di incontri sull'arte dell'incisione ospitati all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano e tenuti da Salvatore Mortilla e Bruno Missieri, focalizzando di volta in volta l'attenzione su un artista particolarmente significativo nell'ambito di ciascuna tecnica. Per l'acquaforte e la puntasecca la scelta è caduta su Rembrandt, di cui Mortilla ha tracciato un profilo soffermandosi su alcuni capolavori pittorici, evidenziandone gli echi, ora caravaggeschi, ora reniani, e mettendo in luce l'originalità del pittore, capace di allestire sulla tela complesse raffigurazioni «che richiedono un ruolo attivo dell'osservatore, il quale deve - ha evidenziato Mortilla - ricomporre tassello per tassello la scena che comprende momenti successivi rappresentati insieme». Una pittura che, anche quando non fissa attimi in movimento, rimanda comunque al fluire inarrestabile del tempo: «Quella di Rembrandt è la pittura del vero e l'artista dipinge la concitazione, il disordine della vita reale, inserendo il movimento in un genere che lui si inventa: il ritratto collettivo», esemplificandone le caratteristiche in quadri celeberrimi come la Lezione di anatomia e la Ronda di notte. Sul compito affidato a chi guarda, «che deve completare il dipinto, attraverso l'uso dell'immaginazione», emblematico il caso dell'episodio biblico di Susanna al bagno: «L'artista dimostra di nutrire una grande fiducia nei confronti dell'osservatore, chiamato a un forte coinvolgimento». Tre le incisioni prese in esame: Gesù guarisce i malati, conosciuta anche come la Stampa dei cento fiorini, la Grande Crocifissione e i Tre alberi.
L'incisore Bruno Missieri, docente di grafica all'istituto "Gazzola", ha portato con sé i principali attrezzi del mestiere, mostrando quanto spesso siano semplici i materiali con cui si opera: «Per tracciare un segno può bastare un chiodo». Il pubblico ha inoltre potuto osservare da vicino opere di Ottorino Romagnosi, Gianni Demo e Renato Bruscaglia, maestro di Missieri a Urbino, per imparare a distinguere dalla stampa un tipo di tecnica rispetto all'altra. Differenze che ricalcano le variabilità di scavo leggibili sulla lastra. Con il bulino e l'acquaforte si ha un segno in profondità, con sezione rispettivamente triangolare e tondeggiante; con la puntasecca la graffiatura resta superficiale e nella stampa il segno risulta sfrangiato, in quanto sono le "barbe" in rilievo a trattenere l'inchiostro. Rispetto al passato, poco o nulla è cambiato e per capire i processi rimangono illuminanti - ha ricordato Missieri - le tavole dell'Enciclopedia di Diderot e D'Alambert, oltretutto di per sé significative di quanto per secoli l'incisione sia stata importante per corredare di immagini i libri a stampa.
Anna Anselmi