Mercoledì 12 Ottobre 2011 - Libertà
La galleria "Ricci Oddi" celebra il suo passato e guarda al futuro rilancio
piacenza - Ottant'anni fa veniva inaugurata la Galleria d'arte moderna "Ricci Oddi", con la benedizione dei principi di Piemonte, Maria José e Umberto di Savoia, ma in assenza del donatore, Giuseppe Ricci Oddi, fedele al suo carattere schivo e riservato. A quel lontano 11 ottobre 1931 si è ritornati idealmente ieri, nel giorno dell'anniversario, con il convegno ospitato nell'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, il cui presidente, Giacomo Marazzi, nel suo intervento di saluto, ha comunque richiamato la necessità di guardare con attenzione anche al futuro di un museo "che merita sicuramente un rilancio".
Importanza che era stata ribadita dall'assessore alla cultura, Paolo Dosi, e dal presidente della Ricci Oddi, Vittorio Anelli, che hanno auspicato una maggiore sinergia tra gli enti, oltreché tra pubblico e privato, per realizzare quel "raddoppio", di cui parla da tempo, della galleria d'arte moderna nell'adiacente Palazzo Ex-Enel, di proprietà della Fondazione. Progetto sul quale Giacomo Marazzi ha confermato le intenzioni dell'ente che presiede: «Stiamo preparando un contenitore, nonostante per la Fondazione, che vive di rendite finanziarie, sia un momento non facile, ma siamo convinti che bisogna andare avanti. Però non possiamo fare tutto da soli». Marazzi ha rimarcato che la Fondazione fornirà un contributo "sostanziale" ma, per rendere fruibile il contenitore, occorrerà pensare anche alla gestione e a come sostenerla. «Benissimo un convegno sul passato. Facciamone però anche un altro che dica cosa farà da grande la Ricci Oddi» ha concluso Marazzi, lamentando i rallentamenti causati dai tempi lunghi della burocrazia.
Dal canto suo, Davide Gasparotto, pur precisando di rappresentare la Soprintendenza per i beni storici e artistici e non quella per i beni architettonici che ha competenza sui permessi relativi ai lavori negli edifici, ha in generale sottolineato come, nel caso di un museo, non ci sia da considerare unicamente l'aspetto della tutela, ma anche delle funzioni, «da studiare bene, perché una progettazione affrettata può causare molti problemi nella vita successiva della struttura». Nel convegno, l'articolato rapporto tra la città e la galleria d'arte moderna Ricci Oddi è stato affrontato da Alessandro Malinverni (università di Milano), che ha preso in esame i giornali locali e nazionali dal 1911, data in cui Ricci Oddi cominciò a comprare sistematicamente opere d'arte, e il 1937, l'anno di morte del collezionista piacentino. Un'indagine ampia (soltanto del quotidiano Libertà sono state sfogliate 26 annate per 9.130 numeri) che prossimamente - ha annunciato Maliverni - verrà ulteriormente allargata alla stampa estera e a quella specializzata. Qualche conclusione comunque è già stato possibile trarla: «Le notizie relative alla Ricci Oddi sui giornali nazionali si concentrano su tre momenti: la donazione nel 1924, l'apertura del museo nel 1931 e la morte del donatore nel 1937. A Piacenza invece la Ricci Oddi fu oggetto di costante attenzione. Ho maturato l'idea che Ricci Oddi avesse deciso di donare aprire la sua collezione al pubblico proprio per vivacizzare l'ambiente piacentino caratterizzato da un immobilismo molto forte, che riguardava sia Palazzo Farnese, per il quale si dibatteva su una destinazione museale, sia il Museo Civico, collocato nei vani angusti dell'Istituto Gazzola».
Il titolo della relazione di Malinverni, "La realtà dell'ideale", cita un articolo dell'allora sindaco di Piacenza, Giacomo Lanza: «Esprime bene la capacità di Giuseppe Ricci Oddi di trasformare un'aspirazione in qualcosa di concreto, grazie a una visione sovralocale, come all'epoca succedeva in America e in Inghilterra, dove la donazione di una collezione privata alla comunità comprendeva anche il contenitore che l'avrebbe custodita e i mezzi per sostenerla».
Anna Anselmi