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Domenica 23 Ottobre 2011 - Libertà

Filosofia, un gioco per crescere

Philosophy for children Il coinvolgimento dei bambini su una materia speciale
Il progetto di Lippmann da dieci anni seguito anche a Piacenza

«Diceva Wittgenstein che le cose più importanti per noi non si dicono, ma si mostrano. Si venga allora a vedere cosa succede in una classe che fa "Philosophy for children" e si mostrerà da sé ciò che accade». Ne è convinta Marina Santi, docente di Didattica Generale all'università di Padova e profonda sostenitrice di "Philosophy for children", il progetto nato negli anni Settanta grazie all'intuito del logico americano Matthew Lippmann e avviato a Piacenza da ormai una decina d'anni grazie all'impegno di Pier Paolo Casarin e delle docenti del liceo "Gioia" Cristina Bonelli e Marisa Cogliati. Ieri mattina ciò che accade alle classi impegnate in "Philosophy for children" si è rivelato all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, che ha ospitato per due giorni i progetti elaborati dalle scuole coinvolte (provenienti da tutta Italia) e gli interventi dei docenti promotori dell'iniziativa, dalla stessa Santi a Giuseppe Ferraro e Pier Aldo Rovatti delle università di Napoli e di Trieste.
«"Philosophy for children" è un'esperienza nata come modo di pensare l'educazione che prosegue per tutta la vita» ha spiegato la docente Santi che insieme ad Antonio Cosentino e Claudio Striano è stata una dei "responsabili" della diffusione del progetto in Italia, «il filosofare ha un'ottica auto-motivante: è un'attività che conduce a una crescita costruita in quel momento. Non sempre quello che noi proponiamo in un'aula ha un obiettivo che ne misura il valore perché ci sono attività, come il gioco, che hanno un valore intrinseco e cioè vengono fatte per il senso stesso che ha farle: la filosofia ha un'intrinseca ludicità, ossia trova in se stessa un proprio senso». Eppure di obiettivi, intesi come cambiamenti nell'approccio degli studenti, l'iniziativa ne ha raggiunti molti: «Nei ragazzi oggi c'è una nuova capacità di affrontare le materie grazie a un tipo di pratica fondata sul dialogo, sulla partecipazione, sull'argomentazione» ha confermato Casarin, «è dunque un'esperienza con un duplice valore quella di "Philosophy for children", sia per quanto riguarda la partecipazione, sia per le capacità logico-argomentative che va a potenziare: la filosofia diventa una materia che offre occasioni di dialogo e di costruzione di una conoscenza».
A essere coinvolti sono, come sempre, diversi gradi di scuola dalle elementari alle superiori: «Il progetto ha avuto declinazioni diverse a seconda dei contesti con cui si è confrontato» ha spiegato Santi, «nelle scuole superiori ha scardinato certi modi di pensare la storia della filosofia, che oggi appare più impregnata di pratica. Negli altri due gradi scolastici invece la questione è diversa: alle medie questa proposta filosofica si è evoluta come risposta alla formazione dell'identità dei ragazzi, mentre alle elementari "Philosophy for children" ha legittimato come diritto uno spazio che già c'era: i bambini hanno sempre posto delle domande filosofiche, ma quello che è cambiato è l'atteggiamento degli adulti rispetto a questi quesiti».

Betty Paraboschi

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