Fondazione di Piacenza e Vigevano Stampa
  Rassegna Stampa
spazio
  Comunicati Stampa
spazio
  Eventi Auditorium Piacenza
spazio
  Eventi Auditorium Vigevano
spazio
  Comunicazione
spazio

 
Home Page     Rassegna Stampa   


Lunedì 26 Settembre 2011 - Libertà

Con Prometeo, l'uomo arbitro sul bene o il male della tecnica

Attraverso la lettura dei tragici greci, Eva Cantarella rievoca il mito più legato alla tecnologia e la nascita dell'etica laica con Sofocle

«Molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell'uomo. Lui attraverso il canuto mare, avanza fra le onde penetrando che infuriano intorno, e la Terra imperitura infaticabile lavora, volgendo l'aratro anno dopo anno rivoltandola con i figli dei cavalli (…) Né mai senza risorse al futuro si avvia: solo dall'Ade non troverà scampo; anche se ha escogitato rimedi a morbi incurabili. Scopritore mirabile d'ingegnose risorse, ora al bene ora al male s'incammina». Sono versi dall'Antigone di Sofocle. Siamo a metà del V secolo a. C. e questa celebrazione dell'uomo come inventore della tecnica è anche "l'atto di nascita dell'etica laica". Lo ha spiegato - incantando il numeroso pubblico riunito ieri mattina in Sant'Ilario - Eva Cantarella, celebre storica, autrice di numerose opere sul diritto greco e romano, sui costumi sociali del mondo antico, qui chiamata ad indagare sul mito di Prometeo, introdotta dal giornalista del "Corriere della Sera" Dino Messina.
La mattina di ieri si è così aperta sul personaggio simbolo della tecnica - il divino Prometeo che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, scatenando l'ira di Zeus - e si è chiusa con la riflessione attorno al fratello Epimeteo (affidata al filosofo Massimo Cacciari). La Cantarella ha accompagnato il pubblico nelle diverse narrazioni del mito, che mai è uguale a se stesso e che interpella ancora gli uomini e le donne d'oggi.
«Il mito di Prometeo nasce da Esiodo, nell'VIII secolo a. C. Il poeta non ne parla come di un benefattore, bensì come di un ingannatore astuto, che porta danno all'umanità». La storica riporta l'episodio in cui Prometeo, durante un sacrificio, divise le carni del bue in due parti, disponendo da una parte le carni e le viscere e dall'altra le ossa spolpate ricoperte di grasso. La parte che Zeus non avrebbe scelto, sarebbe toccata agli uomini. A loro, grazie all'inganno, toccò la parte più sostanziosa, ma Zeus si arrabbiò e per punire l'umanità sottrasse il fuoco. Fu Prometeo a restituirlo all'umanità, scatenando nuovamente la rabbia di Zeus che mandò la più grande punizione: le donne. Arrivò Pandora e con lei il famoso vaso con i dolori del mondo.
«Una visione di decadenza - spiega Cantarella - coerente con le concezioni di Esiodo: non la storia lineare, bensì quella di una discesa dall'età dell'oro all'età del ferro, dal mondo in cui gli uomini vivono felici, senza malattie e dolori, alle età in cui si estinguono da se stessi, attraverso guerre e litigiosità».
Le cose cambiano con il primo dei tragici greci (Eschilo, Sofocle ed Euripide). Nel "Prometeo incatenato" di Eschilo (470 a. C.), ci troviamo di fronte ad un eroe benefattore, senza alcuna macchia. In Eschilo, Prometeo è un benefattore che - amando l'umanità - si sacrifica per essa rubando il fuoco, e accettando poi il terribile supplizio dell'essere legato ad un palo (qui è colonna, in Sofocle si trasformerà in roccia) con un avvoltoio che gli mangia il fegato, condannato a ricrescere continuamente per eternare la punizione. «Eschilo scrive in pieno miracolo ateniese - spiega la studiosa - quando Atene mostra tutta la sua potenza, e si dispiega il potere delle tecniche, nell'agricoltura, nelle navigazioni, nella cura delle malattie». Si assiste quindi ad una celebrazione della tecnica, che è ancora però divina; è Dio che dona il fuoco agli uomini (Prometeo) e ne dispone (Zeus).
Celebrazione della tecnica si trova anche in Sofocle (l'Antigone è rappresentata per la prima volta nel 442), ma le cose sono cambiate: al centro qui c'è l'uomo, la cosa più mirabile di tutte. «L'invenzione delle tecniche la si deve all'uomo. E non solo: a seconda di come siano usate, possono condurre verso il bene o verso il male». In Sofocle non v'è la condanna dell'arroganza umana che si ritroverà in Euripide in cui l'intervento umano è sempre e comunque negativo. «In Sofocle, è all'uomo che spetta scegliere. L'eccessiva audacia umana potrebbe condurre alla distruzione». Ecco - secondo la Cantarella - la fondazione dell'etica della responsabilità (oggi al centro della riflessione di un filosofo contemporaneo come Hans Jonas, autore de "Il Principio responsabilità. Un'etica per la civiltà tecnologica") che pone l'uomo di fronte ad una scelta. Un'etica che si pone l'obiettivo di saper dirigere la tecnica al servizio «dell'umanità tutta - avverte la Cantarella - nello spazio (ad ogni latitudine) ma anche nel tempo: le generazioni future».

Donata Meneghelli

Torna all'elenco | Versione stampabile

spazio
spazio spazio spazio
spazio spazio spazio