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Lunedì 26 Settembre 2011 - Libertà

La libertà ha bisogno di regole, argini al diffuso declino morale

Mario Dogliani, vicerettore dell'Università di Torino: La società odierna rifiuta il limite imposto dalla legge. L'imperativo? Soddisfare le passioni

«Prendere le distanze dal mondo della tecnica e dell'economia, tenendo ben presente un modello ideale di riferimento». Dovrebbe essere questa, a detta di Mario Dogliani, professore ordinario di Diritto costituzionale, vicerettore dell'Università di Torino e socio dell'Accademia delle scienze nella città della Mole, la linea da seguire per i giuristi nel provare a riaffermare il principio secondo cui «la libertà ha bisogno di regole». Soprattutto in un periodo storico, come quello attuale, in cui «i soggetti sono immersi e confusi nell'oggettualità». Per essere chiari, una realtà nella quale tutti siamo circondati da un diffuso «declino morale e sociale», quello che negli ultimi due anni ha iniziato ad invadere persino le pagine di cronaca politica e giudiziaria.
Di questo Dogliani, che è anche condirettore delle riviste on line Archivio di diritto e storia costituzionali e Costituzionalismo. it, ha discusso ieri mattina nel corso della conferenza "La legge come limite, alla prova della scienza e del capitalismo", tenuto in un affollato auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
«Sembrerebbe che la società odierna, per una questione antropologica, rifiuti il ruolo del limite imposto dalla legge» ha osservato il relatore dopo l'introduzione di Geminello Preterossi, ordinario di Filosofia del diritto all'Università di Salerno. A dare l'impulso, come motore del comportamento generale, sarebbero «la passione da soddisfare in ogni ambito e il lusso da godere». Una spia è riscontrabile fin dalle headline di alcune recenti campagne pubblicitarie che suonano come: "Il lusso è un diritto", "L'eleganza è un diritto" o "Non riconosco limiti alla mia libertà". E che poi si tradurrebbero, ha elencato, «nella situazione politico-morale italiana, nelle dipendenze, nel bullismo, nella caduta dell'autorità degli insegnanti a scuola e nella pratica di sport estremi».
«Si tratta - ha spiegato Dogliani, che è anche membro del comitato scientifico di "Giurisprudenza costituzionale" e di "Questione giustizia" - di fenomeni che caratterizzano le democrazie occidentali e che dunque non sono esclusivi del nostro Paese. Tuttavia, da noi si presume che al di là dei comportamenti dei leader politici esista una maggioranza di persone che sembra esibire indifferenza o nessuna conoscenza della legge morale intesa come limite all'agire. Addirittura, alcuni intellettuali evidenziano la positività di questi atteggiamenti, attribuendo un grande merito all'attuale dirigenza politica nell'aver infranto gli schemi del bigottismo e dell'ipocrisia».
Il fenomeno, inteso come una serie di passi indietro verso una naturalità primordiale in cui tutti vogliono tutto, sopraffatti dall'imperativo di godere senza limiti, si sarebbe poi esteso anche in campo economico, nel quale «si parla di placare i mercati come se fossero capricciose divinità, da ammansire con i nostri sacrifici».
La spiegazione storica, per il giurista, affonderebbe nella crisi delle religioni che si sta manifestando nella società moderna. «E' la conseguenza - ha chiarito - del compimento radicale e assoluto della secolarizzazione. Per millenni le religioni si sono trovate in una posizione dalla quale discendevano le leggi e l'idea di divinità corrispondeva a quella di un bisogno legislativo. Ma negli ultimi secoli sono sopraggiunti i concetti di ragione, nazione e classe che si sono sostituiti alle religioni elaborandone lo stesso ruolo regolatore. Da qui, dunque, nascono una serie di problemi con i quali oggi ci confrontiamo». Solo nell'ultimo ventennio, però, avrebbero iniziato a interrogarsi sugli effetti alcuni sociologi ispirati alle correnti psicanalitiche, nei cui studi emerge «lo sviluppo di una perversione del legame sociale».
Difficile, secondo Dogliani, uscire da questa condizione anche con il ricorso alla giurisprudenza. «Mi è difficile - ha detto con prudenza - indicare una strada, ma l'unica ricetta è quella dell'umiltà. E' ovvio che non si possa ipotizzare o ricercare un ritorno al patriarcato inteso come sistema fondato sulla presenza di un'autorità preposta a dettare la legge, eppure ritengo possibile che i giuristi ridisegnino il dover essere, il modello normativo ideale. Per farlo è necessario che non si identifichino totalmente nel mondo degli oggetti e riaprano una dialettica tra soggetto e oggetto».

Filippo Columella

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